DAL 2 AL 9 AGOSTO CHIUSI RITROVA ORIZZONTI, QUEST’ANNO UN FESTIVAL DI… RESILIENZA

CHIUSI – Ieri pomeriggio sotto la tensostruttura nel giardino del Palazzo della Cultura a Chiusi è stato presentata l’edizione 2020 del Festival Orizzonti. Location consigliata dal maltempo, ma alla fine dei conti, forse più adatta della piazza del Comune diventata salotto buono della città. Sì, perché la tensostruttura sarà la location principale del festival, quello che un tempo si sarebbe chiamato palco centrale. Quindi i partecipanti alla conferenza stampa hanno potuto assaporare in anteprima l’atmosfera del luogo che di sicuro ha un suo perché.
Diciamolo subito, stiamo parlando di un festival che poteva non esserci, che ha rischiato di non esserci. Come il Lars Rock Fest e altre manifestazioni. E il fatto che invece ci sarà, è già una notizia. Chiaro che l’emergenza covid che ha tenuto tutti bloccati dalla fine di febbraio a tutto maggio ha scompaginato tutti i piani e ha reso complicato anche solo pensarci a fare un festival. Per di più, la Fondazione Orizzonti, l’ente che organizza il festival estivo, così come la stagione invernale del Mascagni, anche in conseguenza delle restrizioni imposte dall’emergenza, ha deciso di operare non solo con le restrizioni, ma anche in… ristrettezze. Ripartenza sì, ma piano. Per esserci, per non lasciare la piazza sguarnita, per offrire svago e un po’ di cultura alla popolazione, ma, – data la situazione, con i posti contingentati, le limitazioni, il calo del flusso turistico ecc.- senza spendere e cifre folli e accelerare il rientro dai debiti pregressi.
E infatti il sindaco presidente e il direttore generale hanno dato al direttore artistico Poliziani un budget limitato. Molto limitato. Roba che a confronto alle stagioni precedenti fa quasi sorridere: 10 mila euro. Una bazzecola. Gianni Poliziani poteva anche gettare la spugna. Forse ci ha pure pensato perché con cifre del genere i festival no si fanno. E lui fa l’attore, il regista, in questo caso il direttore artistico, non il mago. Ma per la serie meglio poco che niente, alla fine un festiva lo ha messo in piedi, come quando ti ritrovi la casa sbarcata da un terremoto e la devi ritirar su con quello che hai, comprese le macerie, le pietre rimaste intatte, quello che trovi lì intorno. Non a caso come “parola chiave” ha scelto la parola “ri-costruire”. Ricostruire dopo uno tsunami. Ricostruire vite, ricordi, esistenze, impegni, collaborazioni… dice Poliziani che ha voluto mantenere fede alla sia linea che è quella di “offrire alle realtà locali l’occasione di esprimersi e di confrontarsi continuamente con figure professionali dello spettacolo”. E così, dato anche il budget irrisorio, ha fatto appello ai suoi amici più stretti (in senso professionale), ai suoi sodali, a coloro con i quali lavora nel territorio. Da Manfredi Rutelli a Riccardo Lorenzetti, da Slvia Frasson a Livia Castellana, da Alessandro Waldergan a Francis Pardeilhan… e Orizzonti si farà anche quest’anno. In forma ridotta e parca, con molte limitazioni imposte dai protocolli di sicurezza, tipo la prenotazione obbligatoria, senza la possibilità di acquistare il biglietto al momento sul luogo dell’evento, ma per 5 giorni più uno vivacizzerà il centro storico di Chiusi.
Cinque giorni più uno perché il festival vero e proprio si svolgerà dal 5 al 9 agosto, ma domenica 2 agosto ci sarà una sorta di anteprima con la presentazione di un libro (“Un bellissimo spreco di tempo” di Riccardo Lorenzetti, ottimo narratore soprattutto di cose sportive, che egli tratta e tratteggia in maniera straordinaria), una visita guidata al Museo della Cattedrale e Labirinto di Porsenna, Torre campanaria e cisterna etrusco romana sottostante; un concerto d’organo in Duomo del maestro Piergiovanni Domenighini accompagnato dalla voce recitante di Francis Pardeilhan. Nel mezzo anche un’apericena. Giornata quindi piuttosto piena per essere una anteprima…
Ma veniamo al programma: mercoledì 5 agosto, inaugurazione della mostra “Luminose ombre” di Roberta Betti al Chiostro San Francesco; poi “concerto per l’estate” della Filarmonica Città di Chiusi che torna a suonare dopo il lockdown, in piazza Vittorio Veneto (Il Prato) alle 18,30. Alle 21,00 lo spettacolo itinerante “Il borgo degli Dei” di Irene Bonzi e Alessandro Manzini con gli allievi del loro laboratorio teatrale. Uno spettacolo geniale allestito in vari luoghi del paese, da due straordinari teatranti.
Giovedì 6 agosto, sarà di scena un altro laboratorio, quello di Francis Pardeilhan, con i giovani della compagnia Semidarte 2.0. Lo spettacolo si intitola “workaround- studio sulla distanza che unisce” ed è in programma alle 18,00 al Chiostro San Francesco. Dopo cena, alle 21,00 nell’adiacente tensostruttura sarà sul palco Silvia Frasson con “La vita salva”.
Venerdì 7 agosto, ore 18,30, alla tensostruttura, Livia Castellana in “Murielle”, riadattamento curato da Gianni Poliziani e la stessa Livia Castellana di “Una donna spezzata” di Simone de Beauvoir. Alle 21,30, altro spettacolo itinerante di Alessandro Manzini e Irene Bonzi, “Il borgo degli eroi”.
Sabato 8, ale 18,00 replica di Workaround di Francis Pardeilhan, poi alle 21,30 alla Tensostruttura “Il paese più sportivo del mondo” diretto da Manfredi Rutelli, con Alessandro Waldergan e Lorenzo Bartoli, su testo di Riccardo Lorenzetti.
Si chiude domenica 9 agosto, ma si comincia presto, alle 10 del mattino, con “Dove eravamo rimasti?” spettacolo conclusivo del laboratorio teatrale per bambini di Alessandro Manzini. Alle 18,00, replica de “La vita salva” con Silvia Frasson; alle 21,30, sempre alla tensostruttura, “La foto del carabiniere- la storia di Salvo d’Acquisto e di mio padre”scritto, diretto e interpretato da Claudio Boccaccini.
Se la parola chiave è ri-costruzione, il filo conduttore è anche quest’anno la narrazione.
Siamo lontani, lontanissimi dai fasti soprattutto mediatici delle performance visionarie, dissacranti e politicamente scorrette, dagli accostamenti arditi se non azzardati e dispendiosi di Andrea Cigni. Siamo di fronte ad un festival di resistenza. O di… resilienza. Quasi un festival autarchico. Giocato in casa o poco lontano. E giocato in angoli un po’ angusti e non proprio centralissimi… Ci sarà chi storcerà il naso per le scelte artistiche, per il tipo di spettacoli, per le location, chi avrebbe apprezzato altre cose, diverse per taglio e impostazione. Chi avrebbe preferito più musica e meno teatro, o il teatro che è anche musica, chi magari sperava nella danza, nella lirica o nel jazz… E’ normale. Difficile accontentare tutti, soprattutto se hai un portafoglio piccolo piccolo e quasi vuoto. Di più non era possibile fare, perché qualche sponsor ha confermato il contributo anche quest’anno, ma nella situazione attuale, con l’emergenza covid che ha messo in ginocchio tante attività, non è cosa semplice andare a chiedere soldi (e tirarli fuori) per fare spettacoli e concerti, sebbene gli spettacoli e i concerti siano anch’essi economia, posti di lavoro, compensi e non solo cultura o intrattenimento.
Questo è. E bisogna sapersi accontentare. Ma per fare un festival al minimo sindacale e una stagione teatrale invernale serve una Fondazione? Alla domanda ha risposto il sindaco-presidente Bettollini: “forse non serve, ma la Fondazione non chiude, perché non si può chiudere. Almeno fino a quando non avrà saldato tutti debiti accumulati. Debiti che adesso sono solo con le banche e sono oggetto di un preciso piano di rientro concordato. Se si chiudesse la Fondazione domani mattina, qualcuno dovrebbe staccare l’assegno per chiudere anche la partita con le banche. Quindi la Fondazione resta in piedi, e lavora per offrire cultura, ma anche per lasciare a chi verrà, con il prossimo mandato comunale, una situazione tranquilla e un bilancio a posto”.
Ma Bettollini, nella conferenza stampa di ieri, ha detto anche un’altra cosa rilevante, foriera di novità interessanti: Chiusi, ad oggi è l’unico comune della Valdichiana che non prevede collaborazioni con il Cantiere Internazionale d’Arte di Montepulciano. Questo per scelta di amministrazioni chiusine precedenti. Secondo Bettollini è giunto il momento di smetterla con certe chiusure campanilistiche e di fare squadra, utilizzando tutti al meglio le possibilità che il territorio offre. Quindi non da questa stagione estiva, ma almeno dalla prossima anche Chiusi stringerà una convenzione con il Cantiere e usufruirà, come gli altri comuni, di iniziative della manifestazione poliziana. Il percorso, ha detto il sindaco, è già avviato…
Si rompe dunque un tabù e finisce quella che è stata per decenni una guerra a distanza, mai dichiarata, ma mai sopita, tra Chiusi e Montepulciano. Il Cantiere è un’eccellenza e poter avere dei concerti o performance anche altrove arricchisce tutto il territorio.
Per quanto riguarda Orizzonti, questa del 2020 è la 18esima edizione. Gianni Poliziani nella presentazione lo ha sottolineato. Il festival chiusino diventa maggiorenne e come spesso capita anche alle persone, è diventato maggiorenne in un anno complicato, uno di quegli anni che ti fanno capire che la vita non sarà una passeggiata. Che da grandi è un’altra storia. Che per fare quello che vuoi fare devi avere le risorse, ma anche delle idee e molta tenacia. E ti devi anche accontentare dei piccoli passi. Talvolta pure di quello che passa il convento. Perché di più, al momento non c’è.
m.l.
Non capissco perché si voglia continuare a chiamarlo festival. Quale miglior passaggio per azzerare tutto. Sono anni che alcuni (me compreso) denunciano lo spreco di risorse. Sappiamo chi sono stati i sindaci e gli assessori al bilancio dei 18 anni. Un minimo d valutazione politica mai?
No, Paolo ,la valutazione politica è stata fatta ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti, lo sanno bene tutti che questa è una valutazione politica ma il guaio principale è che non cambia nulla.Questo è i9l guaio princfipale per il semplice fatto che se uno accenna ad un possibile cambiamento dà adito a discorsi, uscite,giustificazinoismi, ricordi in cui si richiamano gli errori e che sovraintendeva agli errori, poi visto che con tale procedura non si arriva a nulla perchè la gente è imbracata mani, piedi e soprattutto testa nel sacco, non riesce a capire per una parte cosa dovrebbe cambiare(quindi questo vorrebbe dire che fin’ora va bene così) e dall’altra parte grazie alla stretta osservanza delle segreterie provinciali e regionali si lavora per non liberarsi da un abbraccio mortale trovando ogni schema politico per rimpinguare di voti l’esistente dimenticandosi che è proprio grazie all’esistente che siamo messi in tali condizioni.Ed adesso ci si è messo pure il Coronavirus con la sua stretta economica.Tutto questo porta la gente a ragionare aprendo un orecchio privilegiato ad un Salvini che non sò se in questo caso prevarrà ma quasi senz’altro ci arriverà vicino.Questi credono di correre ai ripari con i nominativi votati da 163 delegati capito che razza di popolo e di gente amministrano ? Io non ho remore nel giudicare questo poichè in un confronto di interessi ogni parte politica pigia l’acceleratore dalla propria parte ma questi che si ripropongono in questi modi non fanno altro che far imabarbarire ancora di più la situazione già barbara per conto proprio e che sono stati -almeno in Toscana- principalmente loro a farla imbarbarire.Si è ipotizzato che il controllo del partito sia in mano diverse adesso. Caro Paolo, nemmeno se lo vedessi scritto su pietra.E la dimostrazione è la sicumera con cui sono stati scelti i nomi di chi dovrà rimpiazzare rossi.Dentroa quella scelta ci sono le ragioni, tutte politiche per far vedere chi è che sieda nella stanza dei bottoni. Da parte mia auspico che abbiano una bella ridimensionata, poi le voci tremolanti che esortano ad andare in cabina e turarsi il naso e che guardano alla sinistra gabbata- perchè fin’ora ha scelto quel percorso-fanno parte dell’asservimento ad un sistema che non ci si vergogna più di sostenere e quando si dice che in politica dovrebbe esserci il pudore innanzi tutto, evidentemente chi pensa così è fuori dalla storia.Ca…i della gente che si merita quello che ha e che avrà di sicuro. Cosa altro ti devo dire ?
Ma che significa azzerare tutto? In 18 anni il festival Orizzonti ha portato spettacoli e artisti rilevanti come Moni Ovadia, Nicola Piovani, Luis Bacalov, Paolo Fresu, Tiziana Fabbricini, e poi Celestini, Cristicchi, Latini, L’orchestra regionale della Toscana, Pippo Del Bono e compagnie di grande impatto e “fuori dal coro” come la Ricci-Forte… Ha dato spazio e visibilità ad artisti del territorio come Laura Fatini, Gabriele Valentini, Carlo Pasquini, Manfredi Rutelli, Roberto Carloncelli, Gianni Poliziani, Francis Pardeilhan, Livia Castellana o Silvia Frasson e altri… ha animato il centro storico e in qualche caso (raro) non solo il centro storico. Poi ad un certo punto si è creata una voragine di debiti, per alcune iniziative poco oculate e scelte sbagliate, e il comune è corso ai ripari, assumendo la guida della Fondazione e ridimensionando il festival, lasciandogli comunque una dignità e una sua logica che è quella di un festival estivo in un paese da 8000 abitanti. E’ un festival anche così, anche quest’anno che è più ridimensionato del solito, un po’ per il budget basso e un po’ pr le misure anticovid. La Fondazione, certo, per gestire eventi così, non ha molto senso, ma come è scritto nell’articolo il sindaco-presidente ha spiegato i motivi per i quali non può essere chiusa e azzerata. Perché prima vanno sanati i debiti che sono stati messi sotto controllo, ma vanno comunque pagati. Insistere con questa storia dell’azzerare tutto, mi sembra una battaglia pretestuosa, che sottintende non solo una legittima critica politica all’amministrazione e alle gestioni della Fondazione, ma anche una certa idiosincrasia, un fastidio, per la cultura e gli eventi musical-teatrali, per un certo mondo… Ma secondo te, Paolo e secondo te Carlo, Chiusi sarebbe meglio senza il festival Orizzonti e senza la stagione teatrale o senza il Lars Rock Fest? Così per sapere… Io credo proprio di no. E se ci sono oggi a Chiusi compagnie giovanili e laboratori frequentati da bambini e ragazzi, ma anche da adulti, è anche merito di situazioni come il festival Orizzonti (chi avrebbe scoperto di avere in casa due autentiche pepite d’oro come Irene Bonzi e Alessandro Manzini? Personalmente ho avuto il piacere di condividere l’esperienza di “On the road. Again”, l’anno scorso con Alessandro e vi assicuro che è artisticamente parlando è genio…).Più che guardare solo i soldi spesi (bene o male) io guarderei un po’ anche al bello che c’è dietro e intorno a certe cose…