CITTA’ DELLA PIEVE: INFIORATA E PALIO, CHE FARE? E INTANTO RISINI “MINACCIA” PROTESTE CLAMOROSE SULL’OSPEDALE

lunedì 11th, maggio 2020 / 12:52
CITTA’ DELLA PIEVE: INFIORATA E PALIO, CHE FARE? E INTANTO RISINI “MINACCIA” PROTESTE CLAMOROSE SULL’OSPEDALE
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CITTA’ DELLA PIEVE – La fase 2 sta lentamente cominciando un po’ ovunque. E nei paesi e città a più spiccata vocazione turistica si comincia a pensare a come salvare il salvabile delle manifestazioni culturali e di massa. A Città della Pieve per esempio, il sindaco Risini ieri in una diretta Facebok ha parlato dell’Infiorata di San Luigi e del Palio dei Terzieri, due eventi che richiamano solitamente un gran numero di persone e che quest’anno dovranno invece fare i conti con l’emergenza covid e con le norme di distanziamento e di sicurezza…

Risini ha detto però che in entrambi i casi qualcosa si farà. E che sono allo studio delle soluzioni che consentano di fare lo stesso le due manifestazioni, anche se in forma diversa e ridotta, senza assembramenti. Il che è quasi un ossimoro… Ma con il virus non si può scherzare.

L’Infiorata si tiene di solito la domenica più vicina al 21 giugno (San Luigi, appunto) e il Palio la domenica dopo Ferragosto. Nel primo caso il Comune sta pensando di utilizzare solo una parte del “Casalino” (Corso Piero Vannucci) e di fare delle “isole” più limitate. Per il Palio l’idea è di salvare comunque la sfida e le cene in taverna (fatte salve le norme di distanziamento sulle tribune dello stadio, nelle taverne e anche laddove si lavora, tipo le cucine ecc.).

Potrebbero essere un’Infiorata e un Palio autarchici. Due appuntamenti fatti quest’anno solo per i pievesi o poco più. Impossibile pensare al flusso turistico tradizionale da Roma, Firenze, Arezzo e da altre parti d’Italia. Può darsi che ad agosto la morsa del virus sia ulteriormente allentata e che si possa fare anche qualcosa di più di ciò che è prevedibile fare oggi. Questo lo stesso Risini non l’ha nascosto e probabilmente ci spera. Come tutti.

Dal 18 maggio però potrebbero riaprirsi i confini verso la vicina Toscana, almeno verso Chiusi e Cetona E a questo proposito il sindaco pievese, che non ha aderito o sostenuto l’iniziativa dei suoi colleghi Bettollini e Burico sugli spostamenti, appunto nei comuni di confine, ha comunque ribadito che per lui Città della Pieve e Chiusi sono un unico bacino, una realtà fortemente connessa e integrata e che anch’egli non vede l’ora che la barriera alzata dal Covid 19 possa al più presto cadere. Intanto però se avesse aggiunto la sua firma alla lettera inviata da Burico e Bettollini al premier Conte avrebbe dato più peso alla richiesta.

Ma anche da fonti vicine al governo si dà ormai per certa la riapertura dei confini, almeno in alcune regioni, a partire dal 18. Manca poco.  Sembra anche di capire, dalle parole di Risini, che lui non ha alcuna intenzione di aprire un “fronte” di polemica o una guerra di campanile con Chiusi. Vedremo se seguiranno azioni concrete o incontri sul ponte della Chianetta con Bettollini.

Quanto agli eventi (Infiorata, Palio ecc.) Risini ha anche fatto sapere che ha costituito una sorta di task force composta dagli assessori Fatichenti e Marchegiani e dalla neo assunta “figura di sostegno” Fabiana Bellini, che dovrà occuparsi specificatamente della comunicazione. “Perché la comunicazione va fatta bene”, ha sottolineato, ribadendo che non si tratta dunque di una segretaria.   Quanto alla stessa Belllini, il sindaco l’ha definita  “la Greta Gutemberg pievese”, per la sua fede ambientalista.

Ora, Greta si chiama Thunberg. Gutemberg è l’inventore della stampa, non vorremmo che preso dalla foga, Risini abbia pensato che la comunicazione l’ha inventata Fabiana Bellini. E prima non esisteva. Si è anche domandato, Risini, perché mentre tutti osannano Greta, non venga “osannata” anche Fabiana Bellini. E’ mancato solo che dicesse “santa subito!”

Ma nella sua diretta di ieri, già che c’era, il sindaco Risini ha parlato anche di sanità e ha lanciato una prossima iniziativa. Anzi l’ha minacciata. E in questa “minaccia” c’è anche un fatto politico rilevante. Risini è infatti tornato a chiedere alla Regione che a Città della Pieve sia assicurato un ospedale di area disagiata con almeno 20 posti letto di Medicina Generale, 5 posti letto di Chirurgia e un Pronto Soccorso efficiente. L’area pievese ha 1,6 posti letto ogni 1.000 abitanti, tropo pochi e molti meno di altre aree dell’Umbria, ha detto Risini, aggiungendo che se ciò non avverrà, è pronto ad andare a protestare con tutta la giunta e insieme al Comitato Art.32, sotto le finestre della sede della Regione a Perugia.

Questo indipendentemente dai ragionamenti sull’eventuale Ospedale unico del Trasimeno, che secondo Risini dovrebbe sorgere non a  Villastrada, ma un chilometro più avanti, in località La Colonnetta di Sanfatucchio, dove confluiscono e si intersecano la 71, la strada per Perugia, la castiglionese, tra Macchie, Panicale e Tavernelle. Insomma quella sarebbe l’ubicazione ideale e più centrale.

Non è ancora uno “strappo”, ma è un messaggio inviato al senatore Briziarelli, alla governatrice Tesei e all’assessore alla sanità Coletto, tutti della Lega. Risini con la “sparata” di ieri e la minaccia della manifestazione di protesta sotto la Regione, ha voluto forse riconquistare un pizzico di verginità civica e scrollarsi di dosso la patina leghista a cui oggettivamente ha prestato il fianco e le spalle a più riprese. Vedremo come la prederanno Briziarelli & C.

Parlando di sanità e di assetti ospedalieri, nell’area del Trasimeno-pievese sarebbe forse il caso di chiedere alla Regione Umbria di valutare – come per altre questioni –  il fatto che trattasi di “area di confine” e che a pochi chilometri dal confine del comune di Castiglione del Lago ci sono due ospedali come quelli di Nottola nel comune di Montepulciano e de La Fratta nel comune di Cortona. Così come un eventuale ospedale alla Colonetta (o a Villastrada) potrebbe interessare una parte di utenza toscana. Si può parlare di ospedali senza tener conto d quelli che ci sono nel raggio di 30 km, anche se fuori regione?

La questione delle “aree di frontiera” tra due regioni e più province è certamente complessa, ma anche in tempi di post emergenza covid, l’integrazione tra realtà comunque connesse potrebbe essere una delle chiavi da usare per ripartire. Nella sanità, ma anche nella programmazione degli eventi culturali, nel turismo. Qualche giorno fa abbiamo parlato su queste colonne di turismo a chilometro zero o di prossimità, per garantire un minimo di vitalità a musei, siti archeologici, mostre; sabato scorso di spettacoli  a domicilio o quasi per l’estate che verrà e sarà un’estate diversa e più complicata.

Ne vogliamo parlare o è meglio chiudersi ognuno dentro le sue mura, come al tempo de liberi comuni, con i pasdaran schierati a difesa e guai a chi si avvicina?

m.l.

 

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