IL CANTO DEL CIGNI: IL DIRETTORE ARTISTICO DI ORIZZONTI FORNISCE LA SUA VERSIONE DEI FATTI

CHIUSI. Era attesa ed è arrivata. Anche Andrea Cigni dice la sua sullo stop al Festival Orizzonti. Lo fa da Cremona, dal Conservatorio Pergolesi, rispondendo alle domande del giornalista Matteo Brighenti (lo stesso della famosa intervista del settembre scorso sul “taglio delle compagnie locali”), per la testata PAC PaneAcquaCulture. E Andrea Cigni si chiama fuori. “Con i conti io non c’entro”, dice. Poi si toglie una serie di sassolini dalle scarpe e fornisce la sua versione dei fatti.
“Io, nella mia veste di direttore artistico di Orizzonti Festival, e in assenza di qualunque ruolo istituzionale all’interno della Fondazione, non ho mai avuto conoscenza dello stato finanziario della stessa, se non limitatamente all’approvazione che di anno in anno ricevevo, in merito a costi artistici e tecnici delle compagnie e dei singoli professionisti, che trattavo e sottoponevo alla Fondazione. La mia domanda è se davvero Orizzonti aveva un valore riconosciuto così forte per cui potevamo tutti metterci lì e salvarlo e renderlo davvero un patrimonio indiscutibile per la città. Non mi va di alimentare le polemiche, mi sento su un altro piano, quello del rispetto: mi dispiace per gli artisti, i tecnici, le persone che venivano a Chiusi e vivevano Orizzonti Festival come un’opportunità“.
Quanto alla scelta di Bettollini di fermare la macchina il direttore artistico commenta così: “Bettollini è venuto con me dal ministro Franceschini, un amministratore deve essere orgoglioso di un tale progetto. Poi, si è sentito responsabile di dover far quadrare i conti, lo capisco, che devo dire? Dal tema #Vita2017 siamo passati alla #Morte2017. Si dica come si dica, ‘sospensione’ o ‘fermata provvisoria’, di fatto è la morte di un progetto, almeno per me“.
Ovvio, questa è una certezza. Il festival Orizzonti, versione Cigni finisce qui. Non ce ne sarà mai un altro, prché dopo una chiusura traumatica non si riparte come se niente fosse. Non è possibile.
Sulla possibilità si salvare qualcosa la versione di Andrea Cigni è questa: “Ho mandato una mail all’indirizzo del Consiglio di Amministrazione della Fondazione ‘Orizzonti D’Arte’, nella quale mi rendevo disponibile a trovare delle soluzioni logistiche e artistiche proprie di una situazione economica abbastanza critica o drammatica come mi è stata paventata, affinché non si perdesse né il riconoscimento ministeriale né il contributo regionale, ma soprattutto non si abbandonasse il lavoro degli artisti, dei tecnici, e di tutti coloro che venivano a Chiusi. Ognuno ha fatto le sue scelte, io non biasimo nessuno“… E poi chiarisce: “Non è che ho detto di ‘no’ a utilizzare compagnie del territorio per salvare il salvabile. Ho detto che non era più Orizzonti (con un programma presentato al Ministero). La mia responsabilità da direttore artistico è stata seguire un progetto che mi era stato affidato, per cui ho vinto un bando: perciò favorire la crescita del Festival, lo sviluppo a livello nazionale, il reperimento di risorse ministeriali e regionali”…
Quando il giornalista di PAC gli chiede che fine faranno i contributi ministeriali e regionali Cigni risponde: “Il contributo ministeriale rimane al Ministero a disposizione degli altri festival multidisciplinari che hanno fatto richiesta. Il contributo regionale, allo stesso modo, resterà nel fondo regionale. Tra l’altro, Orizzonti ha ricevuto importanti finanziamenti in questi due anni. Il primo anno circa 80mila euro, il secondo 56mila, ma l’andamento ondulatorio dei contributi ministeriale va in base alla qualità e quantità indicizzata, al numero di spettacoli proposti, per cui magari quest’anno poteva esserci un miglioramento, non lo so, la sfera di cristallo non ce l’ho. So quello che è stato, so che lo Stato italiano ha investito nel Festival circa 130mila euro, più i 20mila euro della Regione”. Saltando il festival questi saranno soldi su cui la Fondazione non potrà più contare. Al di là della figuraccia di dovervi rinunciare per problemi di gestione.
Quanto ai rapporti con gli artisti impegnati nel festival 2017, il direttore Cigni lancia il “tana liberi tutti!”: “I rapporti con gli artisti credo si siano interrotti nel momento in cui il Festival si è fermato. Io sono libero, gli altri artisti sono liberi in virtù di questo stop. È tutto da vedere se ci saranno altri luoghi, altre situazioni o se si rifonderà il percorso in futuro”.
Spiega anche Andrea Cigni di non aver rassegnato le dimissioni, ma per una ragione precisa: “Io non ho rassegnato le dimissioni. Oltre che gratuita, la mia prestazione al momento con il ‘rinnovo’ della fiducia dopo il settembre 2016 non ha visto una forma scritta di contratto. Che dimissioni do? È come se non esistessi. (…) Prendo atto del fatto che c’è uno stop, che ci fermiamo e con noi si ferma il progetto. Anche perché i problemi economici sono riferibili alla Fondazione e non solo al Festival. A creare un debito concorrono tutte le attività artistiche di una Fondazione, oltre al Festival Orizzonti. Quello che mi sento di ribadire è che con me la Fondazione ha ottenuto contributi pubblici statali e regionali che prima non aveva (e non si è trattato di poche centinaia di euro)”.
Inomma, così come non collimano le cifre del famigerato buco di bilancio (il sindaco parla di 308 mila, l’ex presidente Silva Pompili dice che quella è la cifra lorda e che il debito reale è 207 mila…), anche le varie versioni non sono propriamente in linea. E ognuno tende a tirarsi fuori dalle peste (e dal tiro delle critiche), trincerandosi dietro le specifiche competenze.
Personalmente ho sempre apprezzato Andrea Cigni e il suo coraggio di proporre artisti e spettacoli un po’ più che border line, in un paesotto di 8.000 abitanti, ma come non mi piacque l’intervista del settembre scorso, con la quale tagliava i ponti con le compagnie locali, per lanciare l’idea della Compagnia del Festival creata sulla base di un bando, non mi convince neanche questa esternazione, peraltro leggermente tardiva. Soprattutto per un aspetto. C’è tristezza, rammarico e solidarietà agli artisti, ai tecnici, agli spettatori venuti da lontano, ma non c’è una riga di rammarico per una città che perde un evento significativo, per quei cittadini che hanno seguito il festival con affezione e attenzione.
Qualche anno, nel 2009, scrissi un romanzetto, dove tra l’altro si parla pure, tra un fatto e l’altro del festival di Chiusi (che si chiamava Orizzonti anche allora). Il titolo è “Non è stato nessuno”. Ecco in Italia non è stato mai nessuno: dalle stragi di stato ai delitti più efferati (Garlasco, Perugia…) fino a cose meno terribili, come i debiti della Fondazione Orizzonti di Chiusi…
E nessuno che si ricordi di dire che in tutta questa vicenda se c’è una parte lesa, questa parte lesa è rappresentata dai cittadini che si ritrovano sulle spalle un debito da ripianare con soldi di tutti e senza più un evento che rendeva piacevole l’estate e ne arricchiva il sapere. Quando il sindaco-presidente Bettollini darà la sua versione dei fatti, ormai manca solo quella, se ne ricordi.
Marco Lorenzoni
Andrea Cigni, chiusi, MATTEO BRIGHENTI, Orizzonti Festival
In tutta questa vicenda che non si sappia con certezza a quanto ammonta il buco è curioso
Scrive Cigni: “Io, nella mia veste di direttore artistico di Orizzonti Festival… non ho mai avuto conoscenza dello stato finanziario.. se non limitatamente all’approvazione che di anno in anno ricevevo, in merito a costi artistici e tecnici delle compagnie e dei singoli professionisti, che trattavo e sottoponevo alla Fondazione.”
Insomma insomma….mi convince assai poco questa affermazione. Se io faccio il Direttore Artistico chiedo quali risorse ho a disposizione prima di trattare i compensi e, anzi, prima ancora di programmare. Se poi tratto io stesso i compensi lo devo fare con la responsabilità diretta che poi le persone vengano pagate oppure, viceversa, di non fare saltare il banco per riuscire a pagare tutti.
Solo avendo questo quadro chiaro spendo conseguentemente; se poi sono anche io stesso il volano per ottenere contributi ministeriali, a maggior ragione devo avere una visione d’insieme economica, pena una gestione economica che naviga nella nebbia e rischia di incagliarsi. Insomma questa spiegazione non è per nulla credibile.
Francamente penso che Cigni abbia forzato la mano per legittima ambizione senza che nessuno fosse in grado in contrastarlo e, lo ripeto, il fatto che lavorasse gratis è elemento per nulla positivo, in quanto concede molti diritti e pochi doveri.
Non mi è parso convincente nell’intervista di qualche tempo fa – intervista che mi fece piuttosto infuriare -, non mi sembra affatto convincente oggi. Che si cerchi di tirarsi fuori dal pantano è umano, ma dire che si lavorava all’oscuro mi sembra troppo. Se devo ingaggiare De Gregori so già che spenderò, ad occhio e croce, 150 euro. Posso permettermelo? Presidente, che ne pensi? Vado avanti? In genere, il tenore delle conversazioni è questo. Se poi io porto 100 euro di finanziamenti MIBACT & REGACT, posso permettermi magari Renga, che costa 90 euro e De Gregori lo congelo, o no? Fuor di metafora, mi sa che l’omo parecchio “ci fa” ma è convinto che crediamo che “ci sia”.
Io leggo :” non ho mai avuto conoscenza dello stato finanziario della stessa, se non limitatamente all’approvazione che di anno in anno ricevevo, in merito a costi artistici e tecnici delle compagnie e dei singoli professionisti, che trattavo e sottoponevo alla Fondazione. ”
A me pare sia da dare altra interpretazione rispetto a quella data da Micciche e Sorbera. Lui proponeva e gli altri approvavano. Se l’uomo di mercato di una squadra di calcio propone Messi alla proprietà dicendo quanto costa e la società dice ok e poi va in default di chi è la colpa dell’uomo di mercato o di chi lo ha autorizzato? Cigni veniva autorizzato dalla fondazione e la fondazione era nominata dal SINDACO, di chi sono le responsabilità?
Per Lanzani: a quanto ne posso capire di bilanci il debito è di 305.000 € ma ci sono crediti, alcuni esigibili altri no, per 113.000 €, diciamo che il debito evidenziato da Silva Pompili è a mio parere quello reale
Il discorso di Bologni potrebbe essere giusto in astratto, ma nella realtà le cose non vanno così. Il Direttore artistico deve vedere i conti e avere garanzie. E infatti scrive: “mi rendevo disponibile a trovare delle soluzioni logistiche e artistiche proprie di una situazione economica abbastanza critica o drammatica come mi è stata paventata”. Quindi del tutto all’oscuro non poteva essere.
Sono d’accordo poi con Micciche quando scrive: “il fatto che lavorasse gratis è elemento per nulla positivo, in quanto concede molti diritti e pochi doveri.” E aggiungo che è anche poco elegante dichiararlo. In questo modo uno mette in difficoltà tutti quanti, come a dire: “se vengo gratis io …”
Cigni non può fare lo gnorri perchè è chiaro che sapesse della situazione pesante in cui si trovava la Fondazione ma è altrettanto ovvio che se gli si dice “Vai avanti tranquillamente” lui continua il suo lavoro.
Quello che comincia ad emergere è che il sindaco (e chi gli sta intorno) si è impaurito e con una decisione draconiana ha chiuso il Festival senza valutarne appieno le implicazioni e le possibili vie alternative tra cui era senza consistenza il “facciamo con quello che c’è in casa”.
E soprattutto non tornano i tempi.
Cosa è successo in pochi mesi per passare dal trionfalistico ” Vogliamo proseguire per creare un modello di rilancio artistico e culturale” (agosto 2016) alla chiusura del Festival (maggio 2017)?
Non venga a raccontarci dei buchi di bilancio perché quelli già c’erano e c’erano da un bel pezzo.
Ottobre 2015 http://www.movimento5stellechiusi.org/articoli/editoriali/44-fondazione-orizzonti-profondo-rosso
Per Bologni. Ma no, qui non si tratta del solo Messi, ma di programmare una stagione intera e poi di trattare personalmente i compensi di decine di partecipanti, il tutto in una prospettiva che attivi anche contributi ministeriali. Non è proporre un nome e un costo sperando che venga accolto come accade quando fai il regista. È chiaro che chi deve gestire i conti ha grosse responsabilità ma un professionista esperto come Cigni non poteva non sapere che, da direttore artistico, stava facendo la pipì fuori dal vaso.
….”Quando il Sindaco-Presidente Bettollini darà la sua versione dei fatti,ormai manca solo quella, se ne ricordi”.
No, se ne dovranno ricordare i cittadini, cioè quella che tu dici è ”parte lesa”…. ma ne dubito.
Due numeri dal bilancio 2016 per i più curiosi:
Il Lars Rock Festival ha avuto un disavanzo di 19.445,00 €., il Festival Orizzonti di 99.654,00 e la stagione invernale 22.510,00
Per esempio, la serata di chiusura di Trasimeno Blues a Città della Pieve, saltata nel 2016, anche lì per questione di soldi, ma fatta per anni, costava al comune proprio 20 mila euro. Si trattava di un solo concerto, in piazza. Gratuito. Quindi se il Lars costa di fatto (come spesa senza ritorno) 19 mila euro, si può essere contenti perché le serate erano 2 e le band 6… Quest’anno le serate saranno 3… La somma delle perdite delle tre manifestazioni ammonta a 143 mila euro circa che è comunque meno del contributo erogato dal Comune alla Fondazione (158.000).
Marco, cosa intendi per spesa senza ritorno?
La spesa è stata di oltre 39000, il ritorno di circa 20.000 quindi la perdita di oltre 19.000
Intendo la speasa morta, il disavanzo. L’investimento a fondo perduto, chiamalo come ti pare… Del resto si sa che gli eventi culturali non guadagnano, non solo a Chusi, ma da nessuna parte…
Puntualizzo sul lars rock fest alcun aspetti che possono tornare utili per una migliore comprensione. Il primo appunto come diceva Marco Lorenzoni, non sono perdite ma è la quota che preventivamente viene messa a budget per sostenere l’evento. Tutte le attività artistiche del territorio se non avessero un sostegno non potrebbero essere fatte. La stagione invernale al Teatro Mascagni da sempre ha Chiusi ha bisogno di essere sostenuta con un contributo che permetta di pagare lo spettacolo e la sua organizzazione -che quando va bene copre tra la quota abbonati e biglietti il 40-50 % del suo costo effettivo- Considerate che anche le rappresentazioni scolastiche e tutte le altre volte che viene concesso il teatro in forma gratuita di fatto genera una spesa ( riscaldamento, luce, pulizia,tecnici, service, fonici, allestimenti, logorio e deterioramento dei materiali usati ) che va sostenuta dalla Fondazione/ Comune e quindi pesa sul bilancio. Altra considerazioni da valutare che a differenza degli altri eventi della fondazione al lars rock rock non vanno aggiunte altre poste di bilancio in quanto come noto viene organizzato tutto da volontari esterni alla Fondazione (che addirittura si autotassano). Quindi nel mentre che per la altre manifestazioni vanno poi maggiorate delle quote parti delle spese fisse ( costo del personale dipendente, costo della sede etc) il lars non vede aggravi dei costi fissi di gestione della fondazione ( se non in minima parte) Ultima considerazione è che il lars rock fest è una manifestazione ad entrata libera a differenza delle altre a cui per accedere bisogna pagare un biglietto. Inoltre impegna ed aggrega oltre cento volontari di giovani e meno giovani di Chiusi e dintorni e con alcune collaborazioni sinergiche con altre associazioni di Chiusi tipo Chiusi in Vetrina.
Nulla da eccepire su quanto asserisce Marchettini ma forse cercando di risparmiare un po’ su tutte le iniziative della fondazione, il Festival poteva essere salvato e non si sarebbero persi i contributi ministeriali e regionali (65.000 €) e magari anche di qualche sponsor. A mio giudizio perdere questi contributi non permetterà alla Fondazione di ripianare il buco. Un banale esempio: se la mia attività avesse problemi di bilancio ridurrei il magazzino invece di 10 scatole di Aspirina ne terrei 7 ma le terrei per poterle vendere, terrei qualche luce spenta per risparmiare i costi dell’energia, ridurrei qualche ora al personale, farei le pulizie da solo etc etc
Essendo noto a tutti che tutte le iniziative culturali e non nonchè tutte le associazioni, salvo rarissime eccezioni, ricevono contributi dal comune sotto varie forma forse sarebbe il caso di capire quale logica c’è dietro questi finanziamenti a pioggia.
Penso che sia solo la logica del consenso elettorale mentre, specie per quanto riguarda iniziative ed eventi culturali, dovrebbe essere fatta una valutazione di merito e di prospettiva.
Insomma, qual è la politica culturale in questa città?
Non c’è, si vive alla giornata e come stella polare si segue il solito: “che te serve a Fra’?”.