Città della Pieve: 6 casi di suicidio o tentato suicidio in meno di un anno. Sarà il caso di parlarne?

martedì 04th, aprile 2017 / 16:36
Città della Pieve: 6 casi di suicidio o tentato suicidio in meno di un anno. Sarà il caso di parlarne?
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CITTA’ DELLA PIEVE – In meno di tre settimane, dal 18 marzo, ci sono stati due casi di suicidio e un tentativo, non andato in porto. Due persone anziane sull’ottantina si sono tolte la vita. Una giovane donna ci ha provato. Nel 2016 altri due suicidi  (un cinquantenne e un ragazzo di 21 anni) e ancora un tentativo fallito, in questo caso un operatore commerciale, che ha riportato comunque lesioni gravi. Tutti a Città della Pieve e frazioni. Dove nel 2014 un altro ragazzo si tolse la vita gettandosi da un cavalcavia…

Una sequenza impressionante.  Ancora più impressionante se si guarda l’età degli autori del gesto estremo: 5 su 7 sotto ai 50, 3 sotto ai 30…

Detto questo è chiaro che il fatto che tutti gli espisodi si siano verificati nel comune di Città della Pieve è puramente casuale. Siamo in presenza di una squenza di “casi singoli e specifici”, ognuno a sé stante, senza connessioni con situazioni di carattere sociale o collettivo riguardanti il territorio. Però è anche chiaro che il campanello d’allarme sta suonando forte e con insistenza…

Qualche mese fa ci sono stati anche incontri e conferenze a Città della Pieve, organizzate da associazioni volontaristiche e istituzioni per analizzare il fenomeno e più in generale il modo di vivere dei giovani.

Al di là della specificità dei singoli espisodi, in tutti i casi il minimo comune denominatore sembra essere quello della depressione, male diffuso più di quanto di pensi e spesso celato dietro una apparente tranquillità. Ma anche il  “peso di vivere”, magari in una condizione di disperazione, di solitudine anche esistenziale e non solo sociale. Insomma il “farla finta” per togliersi di mezzo, per scaricare il poroprio fardello, evidentemente insopporabile e non essere di peso ad altri…

Quando si è di fronte ad un suicidio o ad un tentativo di suicidio, c’è sempre comuque nella persona che compie il gesto un elemento di lucida determinazione. Che non è follia.

Ma valutando a mente fredda certi episodi e seguendo le cronache di tutti i giorni (non passa giorno che Tv e giornali non diano notizia di omicidi, omicidi-suicidi, femminicidi, spesso per motivi futili o banali) non si può fare a meno di notare come sia evidente anche una percezione fasulla della vita propria e di quella degli altri, come se molte persone vivessero una realtà virtuale, da videogioco, invece della realtà quotidiana che è fatta anche di sconfitte, delusioni, amarezze… Sembra che molte persone, per lo più giovani, ma non solo, non riescano a concepire la vita in maniera diversa da come la vorrebbero… E anche questo è un “segno” di imbarbarimento, della mancanza “dei fondamentali” nell’organizzare l’esistenza propria e la convivenza con altri. Un segnale inequivocabile di debolezza. Debolezza di pensiero, fragilità psicologica.

Città della Pieve, per esempio, conta poco più di 7.000 abitanti. Sette suicidi (o tentativi di suicidio) in un anno e poco più sono una percentuale esagerata: 1 su mille. Lo ripetiamo, si tratta certamete di un caso. Ma anche il caso, a volte, va studiato, analizzato, interpretato…

A Città della Pieve, come nel Trasimeno e in tutta l’Umbria, nella Valdichiana senese e in Valdorcia si vive senza dubbio molto bene. Le città e il paesaggio sono belli, il clima è buono, il mangiare ottimo, il vino pure, città importanti come Roma, Firenze, Perugia e Siena non sono lontane, le comunicazioni sono passabili e migliori che altrove; molti Vip scelgono queste zone come buen retiro e magari si mettono pure a produrre olio o vino e ciò dimostra che queste zone hanno ancora molto appeal…

E però anche in Svezia si vive notoriamente bene, ma il numero dei suicidi è tra i più alti al mondo… Anche qui da noi non è tutto oro quello che luccica: il lavoro scarseggia, sono più le aziende che chiudono di quelle che aprono; molte famiglie fanno fatica a quadrare il bilancio e anche a gestire da sole situazioni complicate come quelle di familiari anziani, malati, inabili; per gli anziani – che sono sempre di più e sempre più soli – mancano strutture di assistenza, per i giovani luoghi di aggregazione, di confronto, di contaminazione tra loro e con altre generazioni e altri ambienti; i partiti, i sindacati, la case del popolo e perfino le parrocchie che un tempo facevano da filtro e favorivano la crescita civile, non sono più quelli di una volta e non fanno lo stesso servizio.

L’individualismo e dunque la ricerca della soluzione individuale hanno preso il sopravvento sulla “cultura collettiva”, e quindi anche la soluzione individuale più estrema rientra in questo clima.

Purtroppo però la tendenza generale è quella di non parlarne, per non creare allarmismo o eventuale emulazione. Per non “denigrare” la città o il territorio.

E’ comprensibile il riserbo e il silenzio dei familiari e degli amici di chi ha compiuto o tentato gesti definitivi e non è certo il caso di mettersi a fare processi mediatici in stile tv del dolore per capire il perché o per come… Ma la polvere nascosta sotto al tappeto prima o poi torna fuori. L’eccesso di pudore e di silenzio somiglia all’atteggiamento di quelli che nascondevano i figli disabili in casa, di quelli che allontanavano le ragazze madri dalla famiglia, di quelli che… un figlio gay, per l’amor di Dio, meglio una malattia… C’è in tutto questo, forse, un retaggio antico della cultura cattolica che ha considerato per secoli il suicidio un atto di viltà e uno sgarro alla legge del Signore…

Ricordate De Andrè? … “se pure Michè non ti ha scritto spiegando perché se n’è andato dal mondo, tu sai che l’ha fatto soltanto per te; domani alle tre nella fossa comune sarà, senza il prete e la messa perché d’un suicida non hanno pietà“…

Per questo forse sarebbe meglio parlarne. Senza alzare i toni, e senza fare nomi, se vogliamo. Ma con il dovuto rispetto per chi ha deciso di uscire di scena o ci ha provato. E’ il silenzio che non è rispettoso.

m.l.

 

 

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