CHIUSI, ORIZZONTI E IL CIGNI-PENSIERO. MA QUALCOSA NON TORNA

CHIUSI – Da cronista di paese ho seguito assiduamente e volentieri il festival Orizzonti. Ne ho anche scritto molto su questa testata. Una quindicina di articoli tra presentazioni, recensioni, curiosità, interviste… Più di qualsiasi altro giornalista e di qualsiasi altro giornale. Ne ho scritto, in genere, bene. Sottolineando l’elevata qualità degli spettacoli e dei protagonisti e anche una certa carica di dirompente e salutare dissacrazione, di antagonismo rispetto al pensiero unico e al benpensantismo, una certa carica sovversiva, insomma. E non a caso ho parlato, in più d’una occasione, di una invasione di masnadieri, di guastatori arrivati per demolire certezze consolidate, luoghi comuni, conformismi… Considero giusta e positiva la strada intrapresa e il direttore artistico del festival Andrea Cigni un amico, un valore aggiunto, una risorsa importante che Chiusi si è trovata tra le mani e fa bene a tenersela stretta. E infatti ho salutato con favore la conferma di Cigni anche per il 2017, se non (ancora) per il prossimo triennio.
In una intervista rilasciata al giornalista Matteo Brighenti (uno di quelli al seguito del festival) per la rivista on line PAC paneacquaculture.net, a riflettori spenti e appena dopo l’annuncio del rinnovo dell’incarico anche per il prossimo anno, il direttore e mio amico Andrea Cigni dice però delle cose discutibili, forse poco eleganti (e non è il suo stile) e alcune non le dice, il che è pure peggio. E da amico e osservatore esterno, mi pare giusto farglielo notare.
“Noi siamo arrivati e abbiamo fatto una piccola invasione, sana, bella, secondo me. OrizzontiFestival ha 3 anni di vita, nonostante sia la XIV edizione, perché sì, è così, senza voler dire che prima non c’era niente, c’era, ma aveva un’altra modalità. Quando sono venuto la prima volta, il 13 agosto 2013, c’erano un ragazzetto che tirava pallonate in Piazza del Duomo e due anziani su una panchina, che ci sono ancora, e magari sono tra quelli che denigrano il Festival, che dicono che abbiamo rubato loro l’estate perché chiudo quella panchina dove stanno seduti tutto l’anno“, afferma Cigni. Ecco è vero che Chiusi è generalmente una cittadina sonnacchiosa e spesso desertica (l’ho scritto decine di volte), ma non è solo “un ragazzetto che tira calci a un pallone e due anziani su una panchina”. Non può fare il De Luca versione Crozza, l’amico Cigni. Il festival Orizzonti si fa da 13 anni, aveva altre modalità, è vero, non aveva la stessa specificità, né la stessa carica emozionale e dissacratoria, forse, ma faceva più meno le stesse presenze e anche più, ha visto venire a Chiusi artisti di grande qualità come Moni Ovadia, Nicola Piovani, Luis Bacalov, Simone Cristicchi, Ascanio Celestini, Davide Enia… per dirne alcuni. E Chiusi un certo fermento teatrale lo ha sempre avuto, indipendentemente dal festival estivo.
“Quale altro paese da 1.800 abitanti ha un’offerta come la nostra? Con 180mila euro di budget, che spendiamo prima di tutto per il palcoscenico. Serviamo 4.400 pasti, 1.800 pernottamenti, il 70% delle risorse resta sul territorio. Ai negozianti, il Festival non risolve un mese, ma una stagione intera. Il pubblico vede spettacoli, il commerciante vede il cassetto. Quindi Chiusi vive del Festival.” Risponde Cigni al suo intervistatore. E qui mi viene da replicare ancora.
Caro Andrea, Chiusi non è un paese da 1.800 abitanti. Chiusi di abitanti ne ha quasi 9.000 e se tu per primo “escludi” e tagli fuori tutti quelli dello Scalo (che non è una frazione) e delle frazioni, poi nessuno si può lamentare se quegli abitanti al festival non ci vengono. E in effetti non ci vengono. Se non si sentono coinvolti e partecipi. Non tutti denigrano, ma agli spettacoli di spettatori locali se ne vedono pochi. E questo è un problema, anzi è ‘il problema’. Se non per te e per gli artisti, per la città e per chi mette i soldi, sicuramente sì.
Il festival Orizzonti non può essere considerato, da nessuno, una manifestazione del solo centro storico. Anche se si tiene lì. E poi, Andrea, 180.000 euro di budget, non sono proprio un nonnulla. Si tratta di una bella sommetta. A livello di battuta da bar verrebbe da dire che se una cifra del genere l’avessero a disposizione gli organizzatori del Lars Rock Fest, forse avremmo la fila al casello e un ingorgo alla Fontina tutte e due le sere…
Certo, il Festival un minimo di ritorno economico alle attività del centro storico e a qualche agriturismo lo garantisce, ma non credo proprio che siano cifre che “risolvono una stagione”. Purtroppo.
Il coinvolgimento, per la prima volta, dei commercianti dello Scalo con i temporary shop durante il festival, è stato un bel segnale. Come dire “diamoci una mano!”. Ma solo un segnale. Non credo che quei negozi temporanei abbiano fatto faville, parlando del cassetto, perché al di là degli artisti e degli addetti, di gente a Chiusi anche durante Orizzonti, ne è girata poca. Come sempre.
Infine un’altra questione. Quella del “lascito”, del “sedimento” del festival in loco, dal punto di vista culturale e non economico. “Per la Compagnia speravo in una loro tensione a migliorarsi, ma ognuno fa teatro per il tempo che ha e per quelle che sono le sue conoscenze. Ho voluto dare spazio alle realtà locali perché non ne hanno dato a me quando ero a Castiglioncello, dove sono nato…. Adesso pensiamo a un progetto formativo, alle Orizzonti Officine. Le abbiamo già attivate per i bambini, affidandole durante il Festival alla Compagnia I Macchiati. Presto lo faremo anche con i giovani e gli adulti, per formare attori professionisti. Si entrerà su audizione e non si pagherà nulla, a parte una quota di iscrizione. Questa sarà la fucina in cui costruiremo la Compagnia del Festival”. Così afferma Andrea Cigni. Che guarda avanti, ma fa solo un cenno alla “compagnia” esistente, a quel gruppo di registi, attori e tecnici locali che da 3 anni partecipa attivamente con propri spettacoli al “suo” festival e lo cita come un gruppo che fa quello che può, ma non può molto… Parlo dei vari Gabriele Valentini, Laura Fatini, Francesco Storelli, Gianni Poliziani, Francesca Fenati, Carlo Pasquini, Mascia Massarelli, Laura Morganti, Valentina Bischi ecc… Andrea Cigni li liquida con una battuta che sa di bocciatura. Alcuni spettacoli come “Marrana” di quest’anno, sarebbe stato forse meglio proporli al Chiostro (ambiente più raccolto) che in piazza Duomo e il livello artistico è quello di attori bravi, navigati, appassionati, ma comunque non professionisti, diverso da quello dei mostri sacri del teatro d’avanguardia ammirati in altre performances. Non vi è dubbio su questo. Ma gli spettacoli non hanno sfigurato. Hanno fatto pubblico. Le “forze teatrali locali” si sono misurate, in tutte e tre le edizioni, con un tema prefissato, con una certa ricerca… Non hanno fatto teatro da dopolavoro. Anzi, alcuni (Fenati, Bischi, Pliziani) qualche esperienza professionistica alle spalle ce l’ha.
Ma quello che più conta è che si tratta di ciò che resta del festival nel territorio. Il sedimento, appunto. Questo Andrea Cigni non lo dice. Ignora. Svicola. Sembra quasi se ne voglia sbarazzare puntando sulle officine, sui provini e le audizioni… Io francamente non ce li vedo Gianni Poliziani, Francesca Fenati, Carlo Pasquini e gli altri fare la fila per l’audizione… Il rischio è di perderlo il sedimento.
Insomma la risposta di Cigni a Brighenti su questo aspetto mi è sembrata quantomeno poco elegante. Anche poco rispettosa del lavoro che gente non professionista ha fatto per partecipare al festival e farlo al meglio possibile. Fermo restando che le “officine” possano anche funzionare e sformare nuovi talenti…
Qui mi fermo. Ma l’intervista di Andrea Cigni è l’ennesimo tassello che fa crescere la mia convinzione che gli Stati Generali della Cultura -ovvero una discussione ampia e serena sullo stato delle cose, sulle risorse materiali e umane e sulla gestione delle stesse – servano come il pane per chiarirsi le idee e non siano più rinviabili. Prima si faranno meglio sarà.
m.l.
E bravo il Cigni: ha messo la ciliegia sulla sua torta. Supponenza e arroganza di chi pensa di essere bravo. Possiamo dirlo? Bravino, sicuro, ma non è che sia ‘sto mostro sacro. E l’impressione la conferma questa intervista: chi deve affogare il lavoro altrui per far emergere il proprio, beh, non fa una gran figura. Vedremo passare anche questo. Su, Cigni, un bel canto e arrivederci.
Sugli Stati Generali della Cultura ho già espresso il mio parere in altro post: parere contrario. Chi li indice, chi li gestisce, chi ne fa una sintesi, chi la rende operativa?
Quanto a Marco Lorenzoni, vorrei levargli tanto di cappello per la sua indipendenza, il suo coraggio e l’onestà intellettuale, in questo caso ma anche in altri, non ultimo su “Possiamo”.
Non sono ovviamente sempre d’accordo con lui (anche se spesso mi accade di esserlo) ma mi rendo conto che Chiusi non sarebbe ridotta come è, se di persone così ce ne fossero di più.
Mi sono letto l’intervista e a mio avviso Cigni è coerente. Questo è il “suo” festival. I partecipanti debbono essere selezionati con rigore tramite audizioni. Cigni vede il suo impegno dei prossimi tre anni per consolidare la sua impostazione “il tempo necessario per ‘mettere in sicurezza il lavoro fatto e costruire le condizioni per un domani senza di lui’. Come ci ha anche detto PMiccichè quello non è l’unico modello. È però il modello condiviso da chi mette le risorse. Il modello di una Salisburgo a scala minima che ha già procurato danni in varie parti d’Italia. L’Estate Fiesolana, tanto per dire, è stata la cause principale del grave dissesto del comune di Fiesole. All’ltra estremità c’è il Teatro Povero di Mionticchiello, che ammette soltanto il contributo di chi vive in quella piccola frazione. Eppure in mezzo secolo di vita è riuscito non solo a creare coesione, ma anche ad ottenere apprezzamenti dalla critica più raffinata. Fra questi due estremi ci sono numerose altre cobinazioni. Henze creò il Cantiere Internazionale dell’Arte come un’iniziativa che potesse combinare l’alta qualità con la formazione musicale. Quando si è tentato di deviare da quell’impostazione i “finanziatori” hanno raddrizzato la rotta. Oggi l’accademia di musica ospitata a Palazzo Ricci è una realtà di livello internazionale.
Ieri sono andato a Radicofani a sentirmi il “Barbiere di Siviglia”. Una messa in scena costata poche centinaia di euro che ha visto stracolmo il piccolo teatro locale. Un successo. Per la compagnia “Gli amici di Fritz” il modello da seguire è quello del Carro di Tespi, compagnie che contribuiscono alla diffusione teatrale e musicale.
I modelli allora sono tanti. Se però il modello Cigni non va bene, più che con lui bisogna prendersela con chi ha scelto lui e la sua impostazione.
Chi è che ha messo o mette in discussione il “modello Cigni”? Non ho letto una riga in questo senso (tranne le lamentele per le panchine ‘rubate” o le strade chiuse al traffico). Non ho letto una riga di critica negativa o disappunto rispetto agli spettacoli proposti. Personalmente ho sottolineato a più riprese certi “limiti” del festival e la scarsa presa sulla realtà locale, ma, come ho scritto, le proposte artistiche le ho trovate di alta qualità, interessanti e anche dirompenti, quasi sovversive e per questo salutari… Il problema è che con la sua intervista, a tratti poco elegante, Cigni adesso rischia di perdere le truppe autoctone. Forse è quello che voleva, forse non gliene fregherà niente, ma per il festival e per Chiusi non è certo una buona cosa. Anzi, potrebbe rivelarsi una mazzata mortale. Ed è su questo che – a mio avviso – dovrebbero dire qualcosa coloro che tengono le fila dell’organizzazione e i cordoni della borsa. Si può discutere naturalmente anche dell’impostazione, ma nessuno finora ha posto questo problema…
Forse non mi sono spiegato. Il “modello Cigni” questo prevede. Punto. Ho l’impressione che non si era capito sino in fondo. Personalmente non interessa un modello Salisburgo minima. Un modello che come è stato scritto va bene (secondo me “male”) a Chiusi, come a Torrita o in qualsiasi altro italico luogo.
Il modello Cigni, nelle tre edizioni fin qui dirette, ha sempre previsto uno spazio per le compagnie locali, impegnate a presentare lavori sul tema prefissato del festival e indicate come “compagnia di Orizzonti”… E’ con l’intervista post festival che Cigni sembra aver cambiato opinione. Ed è su questo che mi sembra opportuno ragionare. Concordo che un modello così sarebbe lo stesso se presentato a Torrita o a Ficulle o a Vicenza… Il festival ha una sua specificità, ma non perché si tiene a Chiusi…
E se invece di chiedere una graziosa eccezione al monopolio per i locali si chiedesse una gestione diversa del teatro? Ho fatto l’esempio de L’amico Fritz di Mascagli offerto in cambio soltanto dell’uso gratuito del Teatro. Forse sarebbe stato opportuno motivare un eventuale rifiuto invece del “silenzio rifiuto”.
Domanda legittima e condivisibile. Ma del tutto indipendente da Orizzonti. Quella della fruibilità degli spazi e quindi anche del teatro è questione antica e mai risolta (o risolta male). Con il festival e la sua impostazione però c’entra poco. In ogni caso le occasioni perle compagnie locali non mancano e possono pure aumentare, il nodo è se debbano/possano far parte del progetto e del cartellone del festival Orizzonti. Dall’intervista di Cigni sembrerebbe di no. Giusto o sbagliato? Secondo me è sbagliato…
Una domanda semplice semplice, per chi può rispondere; una domanda con una premessa a mo’ di problemino delle Elementari: ho 180.000€ a disposizione che, come dice Marco, sono forse pochi ma non pochissimi (risorse che, in un modo o nell’altro, appartengono alla Comunità); ho degli spazi tra cui un Teatro, un Chiostro, una Piazza importante ecc……(ma anche un corpo da sfamare oltre la testa ovvero lo Scalo)
Come li utilizzo? Per quale scopo? Per quali fruitori? Con quale modalità?
Scusate ma, sebbene io sia del mestiere, la finalità e la modalità di Orizzonti a Chiusi Città non l’ho capita….o per meglio dire….credo di averla capita ma non credo coincida con la spiegazione che mi verrebbe data.
Magari prima degli Stati Generali si risponda alle domande di base, come questa.
Quanto alla Compagnia del Festival…per favore, ma di che stiamo parlando? Credo che una delle poche funzioni vitali rimaste al teatro nel nostro tempo siano proprio i gruppi amatoriali o semi-professionistici (che non sempre significano minor qualità…e anche a Chiusi alcuni tra attori e operatori lo dimostrano)
Ripeto: a Cigni è dato dato un mandato pieno. Lui dice che gli servono tre anni per consolidare il suo “lascito” intellettuale. Per le iniziative vuole il meglio e spetta a lui giudicare. Noi possiamo soltanto criticare. Lo faccio non soltanto per quanto dice sulle risorse locali, ma anche sull’intero progetto.
Se si va sul sito di Orizzonti possiamo leggere il consuntivo e le previsioni.
http://www.fondazioneorizzonti.it/wp-content/uploads/2016/01/BILANCIO-2015-FONDAZIONE-ORIZZONTI-DARTE.pdf
Il Comune ci mette 160.000 euro, poi ci sono quelli di Ministero e Regione. Leggere bene per favore e poi ditemi se non è un gigantesco spreco.
Se si guarda alla qualità degli spettacoli proposti e al ritorno mediatico (di Chiusi e del suo festival hanno parlato Repubblica, Corriere, Stampa, radio Rai… ecc) non si può dire che i soldi siano stati spesi male. Se invece si guarda al coinvolgimento della città (tutta, intesa come luoghi e cittadini), al “lascito” del festival in loco in termini di crescita di esperienze locali, al di là del ritorno meramente economico, il discorso è diverso. E il nodo è sempre lo stesso, quello di partenza… Mi pare… Cigni ha un mandato pieno? Sì, per l prossimo anno ancora. Poi si vedrà. Sulle compagnie locali ha cambiato opinione adesso. Nelle tre edizioni che ha diretto, ribadisco, ha agito diversamente. Se si arriverà ad una rottura o ad una fuga degli autoctoni da Orizzonti, per il festival e per la città sarebbe una iattura, verrebbero meno alcune premesse e ragioni del progetto stesso… Da anni sostengo che si dovrebbbe coinvolgere di più lo Scalo e altri luoghi, che si dovrebbero trovare modalità più efficaci e più proficue nel rapporto con le esperienze locali, cercare contaminazioni e interazioni, come avveniva per esempio al Cantiere nei primi anni…Se ne può parlare? La scelta d concentrare tutto nel centro storico e in 3-4 luoghi è sostanzialmente dettata – dicono – da esigenze logistiche e finanziarie: l’allestimento dei palchi è la cosa più costosa della manifestazione. Oltre che la più complicata dal punto di vista delle autorizzazioni di sicurezza ecc… Poi, 180 mila euro sono tanti, troppi, troppo pochi? La cifra che versa il Comune è esagerata? La proposta degli Stati generali (fatta 2 anni prima che cominciasse la gestione Cigni di Orizzonti) aveva proprio questo scopo, chiarire gli aspetti controversi e indicare la strada migliore…
Secondo il documento di marzo le uscite previste per il 2016 sfiorano i 326.000 euro !!! dei quali 158.000 li mette il comune e 65.000 Regione e Ministero. Il resto gli sponsor e il botteghino. Queste ultime due voci mi sembrano previsioni alquanto ottimistiche. Ma il dettaglio è secondario rispetto a quant versimo noi contribuenti.
Parli di bilancio della Fondazione, non del festival
Si certo. Ma per ammissione della presidente il grosso delle uscite è per il festival.
Oggi che ne parli la Stampa nazionale ha lo stesso valore di quando nevica: se non attacca è come se non avesse nevicato. Già a Siena, da un sondaggio empirico, mi pare che l’eco arrivi lontana, figuriamoci nel resto di Italia….. Quando si parla di ritorno mediatico, bisognerebbe capire in termini pratici cosa significa; se me lo spiegate per bene, sarò lieto di deporre i miei dubbi sulla sua inefficacia, se si tratta solo di articoli sui media nazionali che non portano di certo altro pubblico.
Al di là degli Stati Generali (su cui ho già espresso le mie perplessità) le domande che ho posto, potrebbero avere delle risposte…altrimenti produrre od ospitare degli spettacoli, anche di qualità, proprio a casa invece che a qualche chilometro di distanza, mi pare un lusso a cui, di questi tempi, si potrebbe fare a meno.
Agli spettacoli di Orizzonti un certo pubblico c’era. In alcuni casi numeroso, in altri sufficiente anche se non oceanico… E siccome i chiusini e gli abitati dei dintorni erano veramente pochi, vuol dire che quel pubblico è arrivato per lo più da fuori, forse grazie al battage mediatico. Ho incontrato spettatori arrivati dalla Sicilia, dalla Romagna, da Roma e da Milano…E anche da Siena. Qualcuno sarà stato amico o parente di qualche artista, ma non tutti… Il problema – dal mio punto di vista – è che non c’erano i chiusini, i pievesi, i sarteanesi ecc…Quanto al “lusso”, Paolo, io credo che il festival (anche un festival del genere) sia una opportunità, un elemento di crescita, non solo di visibilità, per la città, non un lusso, anche se ha dei costi piuttosto elevati… Quando si parla di cultura mi sembra improprio ridurre la questione al rapporto costi-ricavi. Rinunciarvi sarebbe una sconfitta rovinosa… Che poi si possano e debbano trovare aggiustamenti di tiro mi sembra normale e giusto. Dall’intervista di Andrea Cigni si intuisce però che gli aggiustamenti potrebbero andare nella direzione opposta a quella giusta e anche a quella dichiarata più volte dalla presidente della Fondazione, dal momento in cui si è insediata… Il rischio è che il festival diventi sempre più di nicchia e d’elite e si allontani sempre più dal “corpo vitale” della città, invece di cercare un coinvolgimento maggiore delle varie esperienze artistiche e componenti sociali… Questo, secondo me è il nodo da affrontare, non se continuare o meno a fare il festival…
I costi debbono essere sempre messi a confronto con altri possibili usi e la “cultura” non è soltanto quella teatrale.
Non mi capita di frequente di essere vicino alle posizioni di Paolo Scattoni e condividerle, anche perchè spesso i miei interventi non li pubblica ( ma è una scelta sua) ma stavolta sono quasi in completa assonanza con lui sul tema sia delle scelte a monte,sia della necessità di investire una somma comunque considerevole per spettacoli d’elite.Il problema è culturale e soprattutto del livello di chi dovrebbe apprezzarli e dove non esiste la base che dovrebbe fare questo.Tutto il resto-anche se di buon livello-mi chiedo a cosa serva.Ed appunto ”cultura” non è solo fare tatro.Questo di certo !E stiamo girando -secondo me- intorno ad un rebus che impostato così è irrisolvibile se non si comincia a prenderlo ” alla lontana” ed a chiedersi se, come e quando, sia necessario in un momento come questo investire dei soldi, non pochi fra l’altro , in certe direzioni.
Certamente E i soldi, soprattutto se pubblici, vanno spesi bene e con oculatezza e discernimento.. Ma non mi pare che Orizzonti sia un festival “solo teatrale”. Anzi. Nè mi pare che qualcuno voglia trasformarlo in una rassegna teatrale. Il nodo del rapporto con le realtà teatrali locali è emerso dall’intervista di Cigni, ed è secondo me dirimente e decisivo, ma non è l’unico nodo da sciogliere. Ho la vaga impressione che si parli senza conoscere le cose, magari per partito preso.Spero sia solo un’impressione…(per esempio: perché sarebbe una iniziativa d’elite? per il taglio delle proposte culturali, per i prezzi dei biglietti, per le location utilizzate? Alcuni spettacoli possono risultare non facilissimi da digerire, ma proporre La Traviata o Brachetti o una serata di lirica o la mostra fotografica su Alda Merini è una scelta d’elite?)
Secondo me soprattutto per il taglio delle proposte culturali, non tanto per il prezzo dei biglietti o delle locations-siamo a Chiusi e non a Roma o Milano-ed i luoghi quelli sono ed occorre tenerne conto di questo. comunque ne ho già parlato, forse in maniera ipercritica proprio per il taglio ed ho espresso un parere tutto mio personale e mi sono attirato anche gli strali di Pasquini ma rimango fermo nella mia convinzione che tali rappresentazioni-se pur con laude alla rottura- rimangano di elite.Ti ho criticato quando ti sei espresso con dei termini che secondo me sono inappropriati proprio perchè ”culturalmente” espansi oltre ogni limite,quando hai detto ”masnada di comunisti”,premesso anche da me stesso prima dell’intervento-risposta di Pasquini,che sia bene parlarne dopo aver visto.
Marco, è un lusso quando la realtà locale ne rimane fuori sia come presenze che come oggetto del Festival ma anche come logistica; è un lusso appunto quando queste risorse non vengono impiegate in modo caratterizzante la realtà locale che le mette a disposizione. Se le stesse proposte, magari suddivise territorialmente, sono presenti in un’area limitrofa omogenea (facilmente e ugualmente raggiungibile da chi viene da Roma o da Milano) allora diventa un lusso. L’impostazione del Festival, lo ripeto, è tale che può essere realizzato in qualsiasi parte d’Italia.
Perdonami la leggera presunzione ma io credo di poter capire il senso di una proposta anche solo leggendo il cartellone; non è un mio pregio particolare ma ovviamente anche Andrea Cigni oppure Enrico Paolini di Orvieto possono fare la stessa cosa…insomma un addetto ai lavori sa benissimo di cosa si tratta e con un margine di errore contenuto. Tu sei preoccupato di una possibile tendenza elitaria….ricorderai quando se ne parlò in passato quale era il mio pensiero e questo al di là della qualità del direttore artistico, che nessuno ha mai messo in discussione
Per Carlo e Paolo (Miccichè): Forse l’ho già scritto, ma ho sentito e visto più cose “anti-sistema”, contro il conformismo, il benpensantismo, il pensiero unico, la società dei consumi inutili e i falsi miti, nei 10 giorni di Orizzonti che in tutta la campagna elettorale per le comunali. Le uniche battute contro il sindaco sceriffo fascistoide di Venezia Brugnaro, amico di Bettollini e Scaramelli, le ho sentite ad una iniziativa di Orizzonti, non dalle opposizioni chiusine, per esempio… Gli spettacoli quest’anno li ho visti quasi tutti e solo uno l’ho trovato veramente ostico e complicato (secondo me sarebbe stato complicato anche a Roma o a Parigi): l’Amleto di Latini, gli altri no… mi sono piaciuti anche quelli di danza, e non sono un appassionato del genere. Quello realizzato dalla compagnia locale non ha sfigurato… Quindi personalmente non ci ho trovato e non ci trovo nulla di elitario. Sull’esigenza di spalmare il festival anche in altri luoghi, magari meno deputati, per aumentare il coinvolgimento della città, sono assolutamente d’accordo e lo scrivo da anni, da prima che arrivasse Cigni… E se ci concentrassimo, anche come discussione, su questo aspetto, forse qualche risultato si potrebbe anche ottenere. Perché non è aspetto da poco. Andrea Cigni ha una sua impostazione, e forse tende a fare un po’ come gli pare, ma non mi è sembrato in questi tre anni del tutto sordo alle sollecitazioni… La città ne rimane fuori per scelta sua, non solo per l’impostazione di Cigni. E infatti rimane fuori anche da un sacco di altre cose: dalla politica, dalle feste dell’Unità, dal festival rock (quest’anno indubbiamente più partecipato, ma vissuto solo da una parte della popolazione)… La risposta non può essere “così è un lusso, chiudiamo tutto!” Se no alla fine rimane solo Sbottegando e la festa dei Ruzzi…
Nessuno ha detto chiudiamo tutto…ma rimango dell’idea che, nel caso di Chiusi, se non serve ai chiusini che non vengono, ma serve un pubblico che viene a Chiusi ma andrebbe anche altrove e, ultimo, non porta un grande apporto di turismo culturale in termini di ricaduta diretta e indotta…io continuo a definirla un lusso. Come per me, del resto, lo era anche l’Orizzonti precedente a Cigni. Se poi ci sarà una sterzata e si faranno altre scelte sarò il primo a gioirne….
Ultima considerazione. Dire cose pesanti alla politica, cantargliele in faccia, se poi non si tramuta in azione ma rimane verbosità sebbene d’alto livello, per dirla con un vecchio adagio…fa come il nonno alla nonna….una bella scarica di indignazione ma poi tutti a cena!
Se le opposizioni dormono tranquille e non favellano di chi è la colpa?
Probabilmente le opposizioni non sono preparate a comentare un’iniziativa del tutto “autoreferenziale”: Mi ha molto colpito un passaggio dell’intervista di marco Lorenzoni a Michele Abbondanza e Antonella Bertoni dopo il loro spettacolo “Gli orbi”. Eccolo:
“Chiedo se sono rimasti delusi per una presenza di pubblico discreta, ma non proprio esaltante… Antonella Bertoni risponde di no… Che “è normale, si tratta di un teatro non proprio popolare, non di cassetta, quindi è naturale avere un pubblico selezionato. Di nicchia, diciamo“. Faccio notare che molti tra gli spettatori ieri sera erano essi stessi attori, musicisti, addetti ai lavori delle altre compagnie impegnate nel festival… “Questo è un valore aggiunto, vuol dire che gli applausi valgono ancora di più…“.
Insomma se la cantano, se la suonano e se la danzano.
Ma lo spettacolo era bello. E chi non lo ha visto ha sicuramente perso un’occasione… A 8 euro di biglietto un bel “lusso” che non capita tutti i giorni…
Chissà perché.
perché?
Lo dicono oro è di nicchia. Il lusso è per pochi eletti, ma il costo è di tutti noi contribuenti.
loro
A me è sembrato uno spettacolo piacevole, comprensibile e a prezzo del tutto accessibile. E non sono un cultore né conoscitore del genere… Secondo codesto ragionamento anche un concerto sinfonico allora è di nicchia, il concerto punk dei Wire è di nicchia, il Cantiere di Montepulciano è di nicchia… anche il Banco del Mutuo Soccorso nell’ambito di un festival rock giovanilistico è di nicchia… il blues africano a Trasimeno Blues è di nicchia… Il concerto di stasera con Di Battista e Niccolai a Sarteano Jazz & blues è di nicchia, o i monologhi di Paolini (Arcidosso) sono di nicchia, come certi concerti di Umbria Jazz… Nessuno di questi citati è “roba per tutti”… (solo gli spettacoli nazionalpopolari con attori televisivi, spesso orrendi, non sono “di nicchia”… O, visto che c’è gente che non li va a vedere per principio, sono “di nicchia” anche quelli?)…Il discorso ci porta lontano Paolo…
Lusso e Nicchia sono certo due cose diverse. Poi però c’è la nicchia vitale, quella stantia e quella solo autoreferenziale. Insomma le combinazioni sono davvero tante; una buona parte dei concerti sinfonici al giorno d’oggi sono di nicchia ma stantii….ma si, concordo, il discorso ci porterebbe lontano
Ritorno all’intervista. Sono loro che dicono che è di nicchia e la poca affluenza da questo è dipesa. Gli applausi dei colleghi valgono di più. La domanda quindi va fatta a loro. Allora buttiamola giù semplice: non ho frequentato Orizzonti perché non condivido l’impostazione e i costi che ricadono sulla comunità. Probabilmente non sono stato l’unico vista la modesta affluenza dei locali. Io credo che le cosiddette performing arts promosse dal Festival e dalla Fondazione dovrebbero avere una qualche connessione con il botteghino. Un rapporto di uno a due? Si incassa 1000 si integra con altri 1000. Altrimenti il tutto è autoreferenziale o basato sul giudizio di qualche critico di passaggio.
Paolo, ho letto un tuo nell’articolo su Chiusiblog su un’opera lirica rappresentata a Radicofani. Quella era meno di nicchia e meno autoreferenziale della Traviata di Orizzonti? A Chiusi sono stati fatti anche spettacoli fuori fa Orizzonti, magari non di eccelsa qualità, ma non di nicchia dove di gente ce ne era abbastanza, ma non ti ho visto… Forse il problema non è solo la nicchia…
Sono stato a Radicofani per un Barbiere che voleva essere per tutti e c’è riuscito. Costava 10 euro. Ha esaurito i posti del piccolo teatro Costantini. Era uno spettacolo per tutti anche per i bambini che hanno mostrato grande attenzione. Meno di nicchia di così.
Una produzione che io da profano ho giudicato di alto livello per gli obiettivi che quegli artisti si erano dati. Al Comune di Radicofani è costato meno di mille euro.
Sulla mia “obiezione di coscienza” su Orizzonti ho già scritto in un commento precedente.
La tua posizione su Orizzonti è chiara. Ma io parlavo anche di altri eventi: per esempio gli spettacoli allestiti da primapagina con Storelli Poliziani & c (quattro amici al bar, Bianco rosso e nero, Bisogna saper perdere…) di quelli dei Semidarte 2.0, di quelli degli Arrischianti alla rocca di Sarteano, di quelli di Rutelli (sempre con Poliziani)… Tutta roba di nicchia e autoreferenziale? Molti hanno riempito il Mascagni e altri teatri più capienti del teatro di Radicofani… E non hanno pesato sui contribuenti… Quanti ne hai visti? Ovvio che non è/era obbligatorio… Ma così, per capire… Che poi l’erba di Radicofani sia più verde di quella di Chiusi può anche essere… Ma non è detto…
A chi vuoi che interessi se a me piace più l’opera che il teatro. Ho anche scritto che a quelle iniziative dovrebbero essere assegnate risorse senza passare per il Cigni. Penso che a questo punto il dibattito possa finire qui.
…come tavolo tematico virtuale di un ipotetico Stato generale della Cultura non c’è male…:)
abbiamo già cominciato a farli gli stati generali… e se questa discussione fosse stata fatta in pubblico, guardandosi in faccia, davanti ai vari interlocutori deputati, magari avrebbe potuto avere anche ricadute migliori… Quanto all’affermazione di Paolo Scattoni “vorrei che a queste iniziative venissero assegnate risorse senza passare per il Cigni”, mi viene da rispondere che è difficile fare un festival, qualsiasi festival, senza un direttore artistico, che in quanto tale, ha e impone una sua “direzione di marcia”… Si potrebbe anche dire “senza passare per una Fondazione”, come molti Comuni fanno… oppure dando al direttore artistico un indirizzo preciso da seguire… E anche questa è una discussione che si potrebbe e dovrebbe fare e che gli Stati Generali (ma si possono chiamare anche diversamente) potrebbero affrontare…