DA 20 A 12: COSI’ IL PD VUOLE ROTTAMARE LE REGIONI. E SI PARLA ANCHE DI FUSIONE TRA COMUNI: CHIUSI CON CITTA’ DELLA PIEVE, CETONA E SAN CASCIANO

Era il mese di dicembre 2014. Primapagina, in versione cartacea, propose un servizio su una proposta di riforma delle regioni italiane avanzata da due parlamentari Pd: Morassut e Ranucci. Titolo: “Parte la rottamazione delle Regioni”. Quella proposta è stata presentata come disegno di legge, da discutere entro il 2018. L’8 ottobre scorso il Governo ha accettato in Senato l’Odg Ranucci e quindi l’avvio della discussione sull’ipotesi di riduzione delle regioni da 20 a 12.
Ecco cosa scrivevamo 10 mesi fa:
“Le elezioni regionali della primavera 2015 potrebbero essere le ultime per la piccola Umbria. L’unica regione ‘peninsulare’ non bagnata dal mare e unica a non essere situata ai confini politici o marittimi… Sono decenni che si parla di possibili accorpamenti dell’Umbria, ora alla Toscana, ora alle Marche, ora al Lazio… Recentemente la proposta di unire Umbria e Marche è stata avanzata dal sindaco di Pesaro Matteo Ricci. E come si legge su primapagina del 4 novembre, subito si è levato un coro di no o di distinguo, del tipo “allora noi con la Toscana”, commento piuttosto gettonato nell’area del Trasimeno e a Città della Pieve.
Ma quella di Ricci non è la sola proposta su tappeto. E proprio il Pd, partito del premier Renzi, sta pensando ad una riforma delle Regioni per risparmiare sui costi della politica, ma anche per ottimizzarne – dicono – l’operatività.
Troppo piccola l’Umbria per reggere il passo: solo 800 mila abitanti, praticamente come un quartiere di Roma o come la provincia di Varese… Meno di Milano, di Genova, di Napoli e di Torino, di Palermo e Catania… Ed ecco quindi che rispunta l’ipotesi accorpamento. Non più come semplice proposta, ma come una vera e propria proposta di disegno di legge costituzionale, presentata il 16 dicembre da due deputati Pd: Mosassut e Ranucci. Un atto ufficiale, dunque, che impegnerà Parlamento e Governo L’obiettivo è approvare il Ddl entro il 2018 per poi procedere gradualmente…
La proposta Morassut-Ranucci non riguarda solo l’Umbria, ma tutte le piccole regioni. Di fatto le elimina tutte. L’Umbria finirebbe non con le Marche, ma quasi interamente con la Toscana insieme alla provincia di Viterbo. Insomma, se passerà la proposta, il cuore verde d’Italia avrà lo sbocco al mare. Il Tirreno, però, non l’Adriatico come avrebbe voluto il sindaco di Pesaro. Secondo l’idea dei deputati Pd Morassut e Ranucci la nuova macroregione dovrenbbe chioamarsi “Regione Appen-ninica”. Il capoluogo sarebbe Firenze.
La Toscana acquisterebbe una parte rilevante di territorio, un grande lago e città storicamente e turisticamente molto importanti come Perugia, Assisi, Gubbio, Città di Castello, Spoleto, Orvieto, Viterbo. Una sorta di ricomposizione dell’antica Etruria…
L’Umbria e Perugia perderebbero però autonomia e peso politico. E questo è uno degli argomenti che fa storcere il naso, soprattutto nei palazzi del potere.
Non solo l’Umbria, ma anche il Lazio, le Marche, la Lucania e il Molise verrebbero smembrate e divise.
L’approvazione della proposta Morassut-Ranucci cambierebbe interamente la carta geografica dell’Italia, che sarebbe così: la Regione Alpina comprenderebbe la Valle d’Aosta, il Piemonte e la Liguria. Le altre regioni sarebbero la Lombardia, l’Emilia Romagna (comprendente anche la provincia di Pesaro), il Triveneto (Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino), la Regione Appenninica (Toscana, Umbria e provincia di Viterbo), l’Adriatica (Abruzzo, provincia Macerata, Ancona, Rieti, Ascoli e Isernia), la Regione di Roma Capitale, la Tirrenica (Campania e le province di Latina e Frosinone), il Levante (Puglia e le province di Matera e Campobasso), il Ponente (Calabria e provincia di Potenza), la Sicilia e la Sardegna.
“Le Regioni – dicono Morassut e Ranucci – sono nate negli anni ’70 per cercare di dare rappresentanza alle diverse identità italiane.
Ma se in una prima fase hanno fatto bene e hanno aiutato la crescita del Paese, in un secondo momento sono diventate protagoniste di fenomeni non positivi della vita pubblica. 15 sono finite sotto inchiesta, 494 sono stati i consiglieri coinvolti, quasi 60 milioni di euro – tutti soldi pubblici – la cifra sulla quale i magistrati stanno ancora indagando. È per questo che ora bisogna cambiare”.
Mentre si parla di riforma e riduzione delle regioni, si fa strada anche la direttiva politica che vorrebbe imporre per legge la fusione tra i comuni. Non solo quelli più piccoli, sotto ai 5.000 abitanti. C’è per esempio una proposta stilata dall’Irpet, Istituto di ricerca della Regione Toscana che prevede accorpamenti copiosi ed è caldeggiata dal Governatore Rossi, ma anche dalla componente renziana del Pd. Uno degli accorpamenti sarebbe abbastanza “clamoroso” perché vedrebbe fondersi nel Comune di Chiusi (che manterrebbe il nome) anche Cetona, San Casciano Bagni e… Città della Pieve, che attualmente è in Umbria e non in Toscana.
Già sui social network si è scatenata la contraerea con le rimostranze, anche giustificate, di chi non si oppone all’accorpamento dei servizi e delle funzioni, ma vorrebbe comunque mantenere il “presidio democratico” e storico rappresentato dal Comune, così come avviene in Francia, dove i Comuni sono 36 mila, 4 volte e mezzo quelli italiani, ma i servizi sono gestiti a livello sovracomunale…
Un anno fa, con una uscita estemporanea ala festa de l’Unità, l’allora sindaco di Chiusi Scaramelli lanciò l’idea di una “fusione” tra Chiusi e Chianciano. Ora questa ipotesi proposta dall’Irpet, con l’accorpamento di Città della Pieve oltre a Cetona e San casciano. Dal punto di vista “oggettivo” quest’ultima ipotesi sembra più robusta. Chiusi, Cetona e Città della Pieve sono di fatto già molto “compenetrate”, a livello scolastico, economico, culturale… Resta da vedere se una cittadina orgogliosa e in crescita come Città della Pieve accetterebbe di buon grado, non tanto di unire le forze e fondersi con Chiusi, quanto se mai di perdere la titolarità del municipio…
Ovviamente ogni ipotesi di fusione, anche se c’è chi pensa di renderle obbligatorie, dovrà passare al vaglio della volontà popolare, attraverso apposito referendum. E finora si è visto che le fusioni nei referendum non sempre hanno vinto. A Fabro,Ficulle, Parrano, Montelone d’Orvieto e Montegabbione, per esempio la fusione non passò… Il sì vinse in 2 comuni su 5… Non solo perché l’identità dei singoli paesi e i campanili sono baluardi difficili da abbattere, ma anche perché tra la gente c’è pure la convinzione, piuttosto diffusa, che anche questo sia un modo per ridurre sempre di più gli spazi democratici e di partecipazione, per ridurre, con la scusa del risparmio e della semplificazione, il numero degli amministratori locali, per accentrare il potere decisionale nelle mani di pochi politici che vogliono avere meno vincoli, meno strutture a cui rendere conto…
Comunque il tema è caldo. Chissà se a Chiusi, dove si voterà in primavera, sarà anche tema di campagna elettorale…
Sulla home page di questo sito, puoi partecipare al sondaggio sulla riforma delle regioni proposta dai parlamentari Pd Morassut e Ranucci. L’Umbria con Toscana e Provincia di Viterbo nella “Regione appenninica”. Sei favorevole o contrario? Preferiresti altre ipotesi? Vota, esprimi il tuo parere
Io non cercherei di mettere in primo piano il progetto delle fusioni tra Regioni ma solo quello che si sta paventando con insistenza in questi giorni e che riguarda i Comuni. In quanto ai timori di perdere la titolarità del municipio, in relazione alla prospettata ipotesi di fusione tra Chiusi, Cetona, Città della Pieve e S.Casciano, non sarà solo da vedere se sarà un problema di Città della Pieve…ma lo sarà anche per Cetona e spero anche per S.Casciano. Non credo che sarà facile cancellare l’identità e la Storia dei propri Municipi…già è una demenzialità politica proporre una cosa del genere ma soprattutto chi l’ha chiesta!!!!!
Credo che, per non ritrovarci magari di fronte al fatto compiuto, una bella discussione sul tema sarebbe opportuna. E utile. E per discussione non intendo solo un dibattito sui media e social network, ma una puntuale disamina dei pro e dei contro, fatta dalle amministrazioni locali, dalle forze politiche insieme ai cittadini. Anche perché, senza discussione, si è visto che le fusioni non passano…
Sono daccordo. Dovrebbero essere i Sindaci a promuovere assemblee cittadine innanzitutto per informare la popolazione e poi per capire quali sono gli orientamenti. Altrimenti, come dici tu, prima o poi ci fanno trovare davanti al fatto compiuto dopo aver impartito direttive in sede politica. Questa non sarà una battaglia di schieramenti politici ma tra cittadini consapevoli dei significati…
Siccome oggi tutto purtroppo si misura con i soldi e non con i valori etici e con la tradizione e cultura delle popolazioni ,anche i bilanci delle regioni e dello stato non sfuggono a tale condizione.Per ridurre le ”uscite” e far quadrare i bilanci una delle voci in campo sulla quale intervenire è quella di cui parla il post e cioè del ridimensionamento dell’apparato amministrativo(riduzione della spesa) dopo che i partiti che per almeno 30 anni hanno spinto per le autonomie locali e consumando risorse oltre ogni limite plausibile ed hanno usato tale meccanismo non per il benessere generale ma per rimpinguare i propri apparati fatti essenzialmente di clientele.Oggi si scopre che il senso di marcia possa essere quello contrario andando però a cozzare quasi sempre contro il volere delle popolazioni, qualcuna -per la verità anche troppo reattiva e gelosa delle proprie autonomie e tradizioni. Tutto questo guazzabuglio scardinante apre uno squarcio su un fatto che è tipico del costume ”italiota” e cioè che la politica votata dalle gente non assolve più ai suoi compiti istituzionali e per dipiù si distacca dalla volontà delle persone che la vivono come una cosa ”lontana” dalle proprie esigenze.L’ho detto molte volte che molti pensano che una volta entrati in cabina e fatto il segno di croce su questo o quel partito ci si senta scaricati di ogni obbligo verso la collettività perchè si è delegato ad altri l’impegno di lavorare per conto nostro.Non funziona così, e questo è un limite soprattutto di una cultura politica erronea, parziale e limitata.La politica se la si determina deve essere anche indirizzata e seguita e quando essa si discosta da ciò che riteniamo la direzione giusta occorre essere presenti per fermarla e farla cambiare.La politica -detto in soldoni- deve essere partecipata e seguita e non lasciata alla determinazione di altri perchè poi con gli altri si rischia di creare l’uso della stessa politica a loro favore o a favore di gruppi.E’ quanto succede in Italia. E come dovrebbero viverla tale situazione i citadini mi domando io?.Guarda caso che i traboccanti di fiducia sono proprio gli uomini eletti nei partiti che si sforzano a dimostrare che valga la pena tale esperimento. e questo perchè le politiche da loro portate avanti sono alla frutta sotto gli occhi di tutti, altro che crescita dello 0,7%….. Solo per tale ragione- ma ce ne sono anche altre- andrebbero allontanati dalla greppia clientelare che hanno saputo creare e che ha portato a questo.Ecco perchè non sono credibili. e la gente deve capire che comunque al punto in cui siamo non esiste rinnovamento vero se non vengono spazzati via. I rattoppi e le buone intenzioni sulla carta -anche quelli di persone degne ed oneste ma che si sforzano di far passare l’idea che la salvezza sia quella del restringimento della spesa ma che ottengono secondo me l’effetto opposto-sarebbero da mettere all’indice ( parlo della sinistra del PD ma anche di altri che hanno sempre servito da stampella a certe politiche ).Sembra che s’incazzino terribilmente ma poi finiscono sempre per trovarsi d’accordo.Ma lo percepiscono questo i cittadini o no ? .La pulizia di tutto questo dovrebbe essere totale e senza tentennamenti.Senza di questa non si va da nessuna parte perchè la natura di quel meccanismo che ha girato e che continua a girare anche adesso produce ulteriori danni andando nella direzione opposta a dove ci sarebbe bisogno che andasse.Tutto0 questo si chiama con una parola: DECRESCITA LENTA.Il contrario esatto di quanto ci viene detto tutti i giorni.! E non c’è nulla che la fermi.
Tutte chiacchiere renziane.Fumo negli occhi.
la proposta di riordino, fusione dele regioni, è interessante. Resto convinto che la cosa migliore da fare, sarebbe di chiudere definitivamente questi venti ridicoli statarelli. Sono serviti solamente a spalmare su tutto il territorio nazionale, un esercito di consiglieri regionali, strapagati. Insomma una Casta numerosa di politici che non facendo nulla di interessante per il Paese, che non rischiano nulla di proprio, al contrario di un artigiano, un imprenditore, un lavoratore, hanno accumulato privilegi e danari, davvero in quantità scandalose. Sono risultate inefficenti, corrotte fino all’inverosimile. Tornare ai quattro livelli istituzionali, accorpando i comuni. Da ottomila che sono attualmente, bisogna scendere almeno a tremila. Riconfinare tute le competenze delle sovraintendenze. In questo Paese ci sono troppi galli a cantare e com’è noto, in situazioni del genere non si fa mai giorno.