DIVORZIO ALL’ITALIANA. PERCHÈ NON CI SI SPOSA PIÙ

A partire dal 1 gennaio, grazie al decreto legge di riforma 132/2014, si può divorziare in quattroequattrotto. Basta avere 16 euro e i requisiti giusti: la coppia non deve avere figli minori, portatori di handicap grave o economicamente non autosufficienti; deve essere separata da più di tre anni; non devono esserci pendenze economiche aperte tra i coniugi.
Per il resto, una passeggiata. A Firenze, dal dì dell’entrata in vigore del divorzio breve, a Palazzo Vecchio hanno già macinato diciassette divorzi. In lista d’attesa ce ne sono trentanove. Più o meno uno al giorno.
Ad Arezzo, invece, pare che la nuova legge non abbia fatto troppa gola, nonostante la cittadina sia: “da anni la terza provincia toscana, dopo Firenze e Livorno, per numero di separazioni giudiziali e divorzi. ” (La Nazione). E infatti non è che gli aretini non vogliano divorziare. Semplicemente, pare preferiscano il vecchio metodo dell’avvocato e del Tribunale.
Morale della favola, in questo paese si divorzia assai e ci si sposa poco. Nella relazione annuale del 2014 “Il matrimonio in Italia”, l’Istat ha registrato un calo di 53mila matrimoni (dal 2008 al 2013)
Il forte ribasso, osservato a partire dal 2008, è generalizzato sul territorio, si legge nel rapporto, ma le regioni più “colpite” dal fenomeno sono l’Umbria e la Sardegna. Una motivazione, secondo i dati Istat, potrebbe essere il calo del numero dei giovani tra i 16 e i 34 anni, fascia più papabile per le prime nozze.
Per contro, aumentano le famiglie mononucleari, formate cioè da una persona sola. Nel periodo compreso tra il 1994-1995 e il 2000-2001, il rapporto “Famiglie, abitazioni, sicurezza dei cittadini” pubblicato dall’Istat, evidenzia che il numero dei singles è passato dal 21,1 per cento al 23,9 per cento. Ma, altra faccia della medaglia, aumentano anche le convivenze e le unioni civili (dal 37% del 2008 al 43% del 2013).
Perché ci si sposa meno? Oltre ad una riduzione del numero dei giovani, l’Istat individua un’altra causa di carattere “strutturale”: per i giovani del 2000 l’autonomia economica è sempre più difficile da ottenere, di conseguenza tendono a lasciare la casa madre sempre più tardi. Fenomeno che si è verificato con maggiore frequenza negli ultimi cinque anni a causa della crisi economica che ha inciso profondamente sulle opportunità di occupazione e sulla qualità del lavoro.
Dal canto suo la Chiesa, per voce dell’arcivescovo Paglia, fa sapere che la vera causa della tendenza sempre crescente a non unirsi in matrimonio e a prediligere le unioni more uxorio, è “l’egolatria imperante”, un mutamento culturale che vede un individualismo sfrenato mettere al centro del mondo l’IO a sfavore del NOI. Si convive un po’, ci si molla, si convive un altro po’, ci si rimolla e via così. Quando si fa il grande passo, ci si premura di suggellarlo con il regime di separazione dei beni (69, 5 per cento nel 2013).
Insomma, il matrimonio è diventato un affare troppo impegnativo. Finita la travolgente fase dell’innamoramento, scopriamo che il Principe Azzurro e la Bella Addormentata esistono solo nella mente perversa di Walt Disney. Il resto è una fatica che non ci alletta proprio. Troppo lavoro, poche soddisfazioni. Come si dice, il gioco non vale la candela. Tanto, anche la grande storia d’amore tra Romeo e Giulietta durò solo quattro giorni, perchè sprecarsi.
Alla fin fine, vuoi vedere che l’arcivescovo Paglia tutti i torti non ce li ha? Forse è vero che siamo diventati più egocentrici, o forse abbiamo perso la capacità e la pazienza di amarci e rispettarci. Oppure, forse, tutto sta nell’avere due bagni.
Elda Cannarsa
non anti ma em-patia
Recenti studi scolding nella tomba della Pellegrina di Chiusi affermano che si, la colpa é delle case che ospitano i neo-sposi: troppe scale e un bagno solo.
No, probabilmente l’Arcivesco credo sapopia bene che non è questione di egocentrismo, ma è questione che la teoria dei bisogni porti le persone ad essere più laiche e meno dipendenti dall’affabulamento che è stato sparso per secoli e del quale eticamente si fatica a liberarci. La contrapposizione del matrimonio che duri perchè si è sposati o della convivenza fa sempre i conti con una coscienza individuale e la libertà tendenziale di essere scevri il più possibile da bisogni che ti costringono a passare su te stesso/stessa.. Daltra parte chi l’ha detto che la contrapposizione con la convivenza non possa essere il fatto di essere separati in casa ?
La storia parla ed è un libro aperto su tale argomento. Le nostre nonne o le nostre bisnonne ed anche le nostre mamme hanno spesso sopportato per la cultura che ancor oggi principalmente vige, dei momenti anche lunghi anni di sottomissione alla cultura maschilista, ma è anche successo viceversa.Nessuno ordina di sposarsi ed il convivere non vuol dire che non si possa organizzare la vita come una coppia sposata.Oggi c’è una maggiore libertà,Stà agli uomini ed alle donne avere sale in zucca per fruirne e vincolando le loro vite ad una reale e duratura vita di coppia.Ma se sorgono contrasti tali da far pentire sia l’uno che l’altro di aver convissuto,
non vedo perchè in un tempo definito breve non lo si possa fare di separasi ! Daltronde meglio stare soli o cercare nuove opportunità che avvelenarsi la vita insieme e questo non vuol dire non avere dignità, rispetto dell’altro, anzi, è proprio il contrario.
Credo che questo ulteriormente non voglia dire avere la propensione alla separazione, ma nel caso questa si decida, le persone sono più libere di farlo e meno vincolate.E questo da diverse parti non è molto gradito, lo capisco per chi abbia in testa concetti che cozzano col relativismo libertario.Due persone mica stanno insieme perchè il matrimonio debba essere-come raccontano- un sacramento ? O no? Ma quando dominavano tali concetti la vita era forse migliore e più libera e più consapevole? Io credo-con la maturità od immaturità di un ormai settantenne-credo di poter affermare che proprio non lo sia stata.Coloro che la pensano diversamente devono e sno liberi di vedere il problema sotto la luce che li possa soddisfare ma debbono lasciare agli altri la possibilità di unirsi e stare insieme come libera scelta ed anche quella di separarsi.Lo stato per fortuna è laico e tale cultura non dipende da quella religiosa.
Non sarà che mancano i soldi? Per sposarsi e metter su casa e famiglia ce ne vogliono e in giro, invece, ce ne sono sempre meno… Separazione e divorzio, al contrario, in certi casi aiutano a far quadrare i conti… Troppo prosaico?
No, non troppo prosaico affatto, è anche la condizione materiale che segna i comportamenti delle persone ….ed anche il loro modo di pensare…
Come disse quel tale… “le donne e i bagni ci sarebbero… so’ i soldi che mancano” (più o meno disse così, no?)
La penuria dei soldi è sicuramente una componente che influisce negativamente. Quella che l’Istat chiama causa “strutturale”, cioè dovuta a cambiamenti sociali ed economici. Epperò, aumentano le convivenze, che pure costano perchè implicano, come il matrimonio, la gestione di casa e figli. E aumenta anche il numero di matrimoni con regime di separazione dei beni, a sottolineare che “stiamo insieme ma se ci dovessimo separare a ognuno il suo”. è questo l’aspetto più interessante: la tendenza a non impegnarsi, a non sancire l’unione con un “contratto”.
Forse qualcuno dovrebbe avvertire l’arcivescovo che c’è una grande fetta della popolazione, gli italiani e le italiane omosessuali, che vorrebbero sposarsi, ma ancora non possono. È arrivato il momento di estendere il matrimonio civili a tutti.
è vero, Maria. Mentre gli eterosessuali fanno marcia indietro sulle unioni “a contratto”, gli omosessuali vorrebbero ma non possono. Una controtendenza da analizzare.
Io trovo che il fatto di” sancire l’unione con un contratto” nel caso di separazione dei beni non sia affatto sinonimo del non impegnarsi ma abbia una sua profonda ragione d’essere visto l’andazzo di queste ultime decadi dove appunto l’istat ha rilevato la tendenza di ciò che è stato detto.Credo che il regime della separazione dei beni sia un antidoto abbastanza forte alla tendenza di coppia a non dover sopportare le prevaricazioni dell’uno sull’altro e non sia affatto un vincolo che produca separazioni in un rapporto di reciproco amore ed affetto.Anzi, è la salvaguardia della libertà individuale, prerogativa al vero vincolo affettivo,poichè credo che il legame fra due conviventi o persone coniugate poggi sulla libertà di entrambi dello stare insieme, dove ritengo che non ci debba essere nessun contratto che sancisca dove inizia quella dell’uno e dove finisca quella dell’altro.Semmai c’è da dire che è lo Stato, permeato da sempre da un modo di intendere comandato dalla Chiesa che per quanto riguarda il diritto testamentario fino ad oggi ha fissato dei limiti costrittivi alle persone obbligandole a sposarsi per avere benefici,pensioni in caso di successione, ecc. ecc, interpretando così in maniera distorsiva il sentimento che possa unire una coppia, riservando dei veri e propri ricatti materiali ed anche morali al fatto sentimentale.Per concludere io credo che alla base dell’unione ci debba essere sempre un sentimento che tenga vincolate le persone e che per vivere insieme non sia richiesto affatto di essere sposati.
Quello che la Chiesa recita secondo i suoi canoni religiosi ritengo non infici per nulla il sentimento e la stima di due esseri viventi che hanno deciso di vivere insieme,e se la società avesse seguito l’esempio laico fondato sul sentimento, tante compressioni e restrizioni della vita in comune sarebbero attenuate.Sacra Rota docet, tanto per dirne una,ma è solo un esempio.ll controllo delle azioni e dei pensieri degli uomini e delle donne deve essere prerogativa loro come è stato da sempre.Se si fa a meno di loro e della loro organizzazione e della loro etica,credo che si campi meglio,Questo è il mio modesto parere , che per un credente potrà apparire non accettabile, ma lo Stato ritengo debba contemplare ed allargare al massimo le sue strutture legislative per comprendere le esigenze laiche ed i bisogni delle persone che non hanno affatto necessità che glielo dica il prete che sia bene o male il fatto di stare insieme.Molti figli che si sà bene hanno bisogno del padre e della madre per crescere ed essere avviati alla vita, ma forse in tante famiglie il rapporto educativo non è detto che possa dipendere dal dualismo madre-padre.In certe coppie omosessuali formate da uomini e da donne probabilmente ricevono una educazione più giusta ed equilibrata che in quella di famiglie disastrate dove si fa a coltellate ogni giorno in casa nell’ambito delle quattro mura e nessuno se ne accorge.