
CHIUSI – Certo, se lavori per mesi per organizzare un una due giorni di rock, e quei due giorni Giove Pluvio si scatena o quantomeno minaccia di scatenarsi e aprire le cataratte del cielo, un po’ di nervoso ti viene. Certo se il festival rock lo devi fare dentro un teatro razionalista del 1938 inaugurato da un genio della lirica come Mascagni qualche dubbio sulla riuscita ti viene. Certo, se se hai pensato che il contorno alla musica potesse essere un mercatino e una bella fila di stand dello street-food e fuori piove, ci può scappare anche qualche colorito epiteto all’indirizzo del citato Giove Pluvio, ma anche del padreterno, della vergine Maria, di qualche santo di passaggio, più o meno conosciuto…
Siamo in Toscana del resto e si sa dove la buttano i toscani, in genere, quando devono sfogarsi…
Tutto insomma sembrava congiurare contro. E invece il LARS ROCK FEST (dove il Lars, senza apostrofo, richiama antichi fasti etruschi) non si è lasciato intimidire, il Teatro Mascagni e il suo lampadario hanno retto alle note robuste e infuocate di quei tre capelloni look e sound anni ’70 che si chiamano Radio Moscow, ma vengono dallo Iowa, United States of America, e anche a quelle taglienti degli italianissimi Massimo Volume, delle Capre a Sonagli, e degli altri, per la verità un po’ più melensi e meno rock, se si intende l’accezione più classica del termine…
La pioggia, la prima serata, ha girato intorno a Chiusi e sabato si è fatta vedere solo nel pomeriggio… Lo street food, rimasto in strada, davanti al Museo, a pochi metri dal teatro, ha funzionato lo stesso e ha funzionato anche l’abbinamento con le partite dei Mondiali: Olanda-Spagna il venerdì, Italia-Inghilterra,il sabato.
Piacevoli pure i due incontri letterari a latere: uno con Emidio Clementi leader e voce del Massimo Volume e l’altro con il suo amico, sodale e conterraneo Gianluca Morozzi, ormai un habitueé e un amico di Chiusi, che è venuto a presentare la sua ultima fatica: il thriller “Radio Morte”…
Risultato: un bel festival. Una terza edizione improvvisata nella location, causa maltempo, ma sicuramente la migliore, anche come affluenza di pubblico. Più gente degli anni scorsi ai concerti, tanta gente in strada, a mangiare panini con la milza, lampredotto, arrosticini e pesce fritto… Tanta gente davanti al maxischermo per le partite (quello allestito dagli organizzatori dl Lars nella saletta del teatro e quello nel giardino del bar di fronte che ha dovuto fare un po’ di straordinario, ma visti i tempi di crisi, avrà certamente gradito. Naturalmente sono andate forte anche le birreria del festival…
Quando le cose vanno bene, ce n’è per tutti. E’ così che funziona. Peccato per Chiusi Scalo che è la realtà che ha più bisogno di essere risvegliata da un torpore che la sta trasformando in un deserto dei tartari e che poteva vivere due serate da leoni e invece vi ha dovuto rinunciare per le bizze del meteo. Cose da mettere in conto, con un clima sempre più tropicalizzato…
Insomma, ora, a distanza di qualche giorno, a mente fredda, si può dire che nonostante tutto il Lars Rock Fest sia stato un successo, non solo per la qualità della proposta musicale (i gruppi che hanno partecipato possono piacere o meno, ma tutti erano di qualità), quanto soprattutto per il fatto che per la prima volta al festiva chiusino si è vista tanta gente dai paesi limitrofi e anche da altre parti d’Italia. Nelle prime de edizioni non era successo. E’ vero che si è trattato anche questa volta quasi esclusivamente di giovani, ma è buon segno. Un segnale incoraggiante per il futuro.
Se mai c’è da dire che sono mancati i chiusini, quelli over 40… Chi l’ha detto che i rock è roba da giovani e basta?