Da Perugia, la città della Marcia della Pace ideata e promossa nel 1961 da Aldo Capitini, sale un appello urgente e preciso al Governo italiano. E a lanciarlo sono proprio gli organizzatori della marcia (già prevista peraltro per il mese di ottobre). “Salviamo i bambini di Gaza, non c’è altro da fare!” “Le parole – nemmeno quelle di condanna- non fermano lo sterminio. Dobbiamo andare a salvarli! Questo chiediamo al governo italiano! Non basta nemmeno il riconoscimento dello Stato di Palestina. L’Italia lo deve fare, ma non basta. Quello che serve ora è andare a salvare le persone che stanno per essere sterminate” scrivono i formatari dell’appello. Ma come si fa? “Facciamo partire subito le due portaerei italiane “Cavour” e “Garibaldi” – chiedono – e tutte le navi che abbiamo a disposizione. Carichiamole di aiuti e affidiamo ai nostri militari il compito di consegnarli al personale delle agenzie dell’Onu e alle organizzazioni della società civile che ancora resiste nel cimitero di Gaza. Facciamo in modo che tutti i bambini e le bambine possano riceverli. Nessuno escluso».
«La presidente del Consiglio – continua l’appello – e il ministro degli Esteri salgano su quelle navi, dirigano le operazioni di soccorso e chiedano a Macron, a Merz, a Sanchez, a Starmer e agli altri capi di Stato europei di fare altrettanto. Di fronte all’inazione dell’Unione Europea, l’Italia faccia partire subito una grande “Operazione di salvataggio” per i bambini e le bambine di Gaza. Rispondiamo all’impensabile, con l’impensabile. Facciamo quello che non è ancora stato fatto: salviamo la vita dei sopravviventi»

Il documento diffuso oggi è firmato da Flavio Lotti, presidente Fondazione PerugiAssisi per la Cultura della Pace e Marco Mascia, presidente Centro diritti umani “Antonio Papisca” Università di Padova. Intanto la sindaca di Perugia Vittoria Ferdinandi si dice pronta ad ospitare una grande manifestazione nazionale per fermare lo sterminio a Gaza, auspicando che sia considerata da tutti utile e fruttuosa.
Certo l’operazione portaerei sarebbe dirompente. E certamente più concreta. L’esercito israeliano sparerebbe anche sulle navi salvataggio con dentro i capi di sato e di governo europei? Forse davvero, dopo il silenzio e l’inazione che sono diventati non solo assuefazione al massacro, ma complicità con il massacro, questa “è l’unica cosa da fare”. Ormai sono sempre di più le manifestazioni di protesta, le iniziative contro il genocidio in atto in Palestina e sono sempre di più anche gli israeliani che alzano la voce e manifestano contro Netanyahu e l’IDF. Edith Bruk, scrittrice ebrea sopravvissuta alla Shoa, incita i soldati israeliani a disobbedire, a ribellarsi agli ordini di Netanyahu e dei suoi ufficiali di sparare sui civili e sui bambini. Anche questa è una posizione forte e dirompente. Come scrisse Don Milani ci sono situazioni in cui l’obbedienza non è più una virtù…
m.l.