CAPITALE ITALIANA DELLA CULTURA 2020: CINQUE COMUNI DELLA ZONA CI PROVANO. INSIEME

MONTEPULCIANO CAPOFILA, CON CHIUSI, TORRITA DI SIENA, CITTA’ DELLA PIEVE E CASTIGLIONE DEL LAGO: DAGLI ETRUSCHI AL RINASCIMENTO ALLA BONIFICA… LE CARTE CI SONO.
MONTEPULCIANO – Cinque comuni di due regioni e due province. Tre comuni toscani della provincia di Siena e due umbri della provincia di Perugia. Tutti più o meno confinanti o contigui con l’idea comune di presentare una candidatura a Capitale Italiana della Cultura per il 2020. Si tratta di Montepulciano che ha lanciato la proposta, di Chiusi, Torrita di Siena, Castiglione del Lago e Città della Pieve che si è aggiunta nei giorni scorsi.
In verità la candidatura formalmente è a nome di Montepulciano. Gli altri 4 comuni faranno da ‘contorno’, per rafforzarla. In questo senso anche se nominalmente è di un comune, di fatto assume i connotati di una candidatura collettiva e unitaria. Tra l’altro il bando del Ministero dice chiaramente che non può partecipare chi ha partecipato alla selezione per il 2018. Chiusi aveva partecipato. Vedremo come evolverà la faccenda.
Quanto alle motivazioni che stanno alla base della candidatura: Montepulciano e gli altri 4 paesi si affacciano su quella che era la Val di Chiana storica, la valle del Clanis che praticamente da Arezzo fino ad Orvieto è stata per secoli via d’acqua privilegiata, una sorta di autostrada navigabile da e verso Roma… Il “dossier” di accompagnamento della candidatura presentato al Ministero dei Beni Culturali è stato predisposto dalla Fondazione Cantiere Internazionale d’Arte di Montepulciano. L’istituzione culturale che sovrintende al festival più prestigioso e longevo del territorio.
Ovvio che la base di partenza sia la comune origine etrusca che ha tante testimonianze in tutti e 5 i paesi, con Chiusi sede dell’antica lucumonia di Porsenna e di un museo nazionale (uno dei 4 della Toscana), in questo caso luogo di eccellenza. La proposta non si ferma naturalmente agli etruschi e ai romani e all’epoca paleocristiana che ha nelle catacombe chiusine una tassello fondamentale di rilevanza assoluta, che testimonia come Chiusi dall’epoca di Nerone (64 d.C) alla caduta dell’impero Romano fu una sorta di Lampedusa di oggi, un porto sicuro per i cristiani perseguitati, ma anche per dissidenti, fuggiaschi, profughi di vario genere, ma si dipana anche nel medioevo che in questo territorio vide passare la Francigena e la Romea germanica… Poi trova quasi una apoteosi nel Rinascimento con Ascanio della Corgna a Castiglione del Lago, il Perugino a Città della Pieve e con quella prova d’artista collettiva che è Montepulciano: città ideale opera dei più grandi architetti dell’epoca… Dopo il Rinascimento il barocco e l’epoca napoleonica con le grandi ville Granducali e la Bonifica “concordata” tra Granducato di Toscana e Stato Pontificio che da Città della Pieve a Torrita di Siena è ancora visibile e funzionante, oltre che teatro di un suggestivo percorso ciclabile..
Al di là degli aspetti culturali e storici che legano i 5 comuni nella proposta di candidatura a Capitale Italiana della Cultura 2020, il progetto ha comunque un valore in se. Perché abbatte i confini geografici e istituzionali e mette di fatto in rete 5 comuni che presentano omogeneità, tradizioni comuni e anche una lingua comune. Castiglionesi e pievesi parlano un umbro mitigato dall’influsso toscano, così come poliziani, chiusini e torritesi parlano un “toscano-senese” meno ortodosso con inflessioni umbro laziali… Sono anche 5 comuni che presentano flussi interni, lavorativi e scolastici, consolidati. Due di essi (Montepulciano e Torrita) si stanno peraltro avviando non senza tensioni e polemiche alla fusione entro il 2018, quindi nel 2020 potrebbero essere un comune solo.
Ma anche Chiusi e Città della Pieve sotto molti aspetti sono già un… comune solo, anche se nessuno ancora ha proposto la fusione…
Non sarà facile spuntarla e ottenere la nomination a Capitale della cultura fra tre anni. Diciamo pure che la battaglia si presenta tutta in salita, però l’idea non è campata in aria, e alla fine, se anche solo servirà ad aumentare la conoscenza reciproca, un minimo di flusso turistico in più tra l’uno e l’altro, una maggiore sinergia nelle politiche promozionali, sarà già un bel risultato.
Qualche giorno fa, a margine di una conferenza stampa su un’opera pubblica a Chiusi, il discorso scivolò sulle catacombe paleocristiane e il sindaco di Sinalunga Riccardo Agnoletti dichiarò candidamente di non averle mai visitate e di non conoscerne nemmeno l’esistenza. Ecco, se nemmeno il sindaco di un paese a 35 km conosce un “patrimonio culturale” come le catacombe chiusine, il problema non è solo di quel sindaco che forse si è preoccupato poco di conoscere il territorio e la storia, ma è anche e soprattutto di Chiusi, che evidentemente non ha mai fatto conoscere abbastanza i propri tesori. O ha sbagliato strategia. Un progetto come quello di cui abbiamo parlato fin qui, potrebbe aiutare a superare il problema e far fare a tutti un passo avanti.
Sempre che non sia solo un giochetto in cui una città fa la parte del leone e le altre quella delle scimmiette… E una addirittura dovrà lasciare il campo, perché aveva già partecipato un anno fa.
Non solo: il giudizio espresso dal Mibact sulla precedente candidatura “policentrica” Chiusi-Orvieto-Viterbo a Capitale italiana della cultura 2018 lascia poche speranze: “Viterbo-Orvieto-Chiusi: Il progetto nel suo complesso appare di qualità non sufficiente sul piano degli interventi che risultano fortemente orientati da una prospettiva locale. Si esprimono dubbi sul sistema di governo policentrico”. Do you understand?
m.l.
CASTIGLIONE DEL LAGO, chiusi, citta della pieve, montepulciano, Torrita di Siena
Perugia ed Assisi furono costrette a fare retromarcia per la Capitale Europea della cultura (poi andata a Matera) proprio per questo” policentrismo” non valutato positivo sul piano della gestione,come ricorda nell’articolo.
Marco buonasera,medie a Siena,Universita a Siena,residenza a 10 minuti da Siena,eppure….eppure mi son goduto quella magnificenza di Duccio che stupisce il mondo in etá adulta.Capita di sottovalutare i patrimoni universali che ci circondano,forse son troppi 🙂 Comunque preferisco la semplicità con cui uno afferma di non conoscere la Maestà ai tanti che millantano conoscenze attinte da Wikipedia.La Valdichiana ha una storia immensa,io ne sono preso,innamorato,non solo per gli etruschi,per i “mari” e i fiumi disegnati da Leonardo, che la bagnavano disegnando villaggi e paesaggi,ma anche per i granduca,i feroci contrasti con la mano morta,l’oscurantismo delle jacquerie, di preti e di vescovi. eppoi le sue ricchezze, il rigoglio.Chissà quante cose tralascio,mi auguro che tutti insieme conducano bene questa difficilissima prova
X Il Sig. Bernazzi.Le prove sono ben accette quando sono finalizzate alla valorizzazione del nostro patrimonio, inclusa la cultura della gente che è sul territorio e quella che nel territorio non abita ma che ci abiterebbe volentieri.Anche la gente e la sua cultura sono un patrimonio e questo è inequivocabile.Ma c’è un ” però”, anzi due purtroppo.Il primo è quello dell’organizzazione della conoscenza e di come questa si propaghi agli altri in maniera che sia resa fruibile e che produca altra cultura, altre relazioni.Tale veicolazione fin’ora è passata attraverso la politica e la politica che conosciamo l’ha resa sterile- od al meglio che vada- l’ha resa una cultura di stampo consumistico, cioè pseudo-cultura.Ed è proprio quello di cui non ha bisogno la gente, perchè è una cultura rivolta e messa in atto per una economia al consumismo territoriale, ad ingrassare i ristoranti, gli alberghi, gli agriturismo,per non parlare del lavoro nero che vi si svolge e che privilegia chi questo l’organizzi e non il semplice cittadino. Punto. Detto questo che è il circolo vizioso del sottosviluppo e che oggi non ci si vergogna a chiamarlo ”sviluppo”, l’altro aspetto relativo al ”però” è quello del problema dei soldi. Mille volte ho detto fino alla noia, ripetendo il motto fiorentino che ”senza lilleri non si lallera” e questo è un limite grande, quasi grande come l’altro che ho citato prima,poichè si dice sempre che di cuiltura e di arte potremmo vivere ma quando si è al dunque gli investimenti risultano talmente esigui che quello che rimane dentro alla gente è solo la sceneggiata messa in atto.Vedi la stessa Chiusi per esempio, perchè nel nostro piccolo credo che sia giusto chiedersi quanto possa rimanere dentro la gente delle rappresentazioni fatte fin’ora e su cui si è speso quanto stà bene, se pur riducendo i budget a disposizione.E’ come quel meccanismo comune a coloro che giuocano al Lotto e che ci investono un sacco di soldi, non vincono, ma la volta dopo per cercare di vincere e recuperare quello che hanno già speso, ne spendono ancora di più.E’ una questione veramente di ”cultura” e di come organizzare il consumo di tale cultura e per far questo ci vuole gente che non sia legata alla propria botteguccia ma ci vuole gente onnicomprensiva,che abbia l’autorità e contemporaneamente la consapevolezza che ogni euro investito in cultura abbia dei ritorni di tre-quattro euro e se non più.Come sempre è una questione di persone, senza di quelle non si va da nessuna parte e fra 30 anni saremo a correre sempre il palio dei somari,guidati dalla solita politica che per reggere abbisogna di propri lecchini anche se questi in situazioni normali la penserebbero diversamente dalla politica che sono costretti ad adulare perchè è quella che ci mette i soldi, anche se veramente contati sulle dita di una mano.E’ l’inverno che è arrivato e non ce vogliamo rendere conto, e continuiamo ad osannare le iniziative come se fossero i più grandi spettacoli del mondo,quando lo vediamo tutti i giorni gli spettacoli che la politica intorno ci dà. Ed allora cosa dobbiamo pretendere? Si, siamo figli di questa terra straordinaria, abbiamo la storia, abbiamo l’arte, abbiamo natura, abbiamo la cultura, ma il cemento che le tengono insieme tutte queste cose è l’ignoranza.Non tanto nel termine di ”ignorare, non sapere, non conoscere”, ma soprattutto l’ignoranza politica. Perchè siamo un popolo di individualisti, che si meravigliano quando gli si apre una finestra sulla cultura, che sgranano gli occhi e si appassionerebbero ma che poi è proprio la cultura del quotidiano ed anche della sopravvivenza imposta dalla politica a far si che un secondo dopo ci si dimentichi di tutto e delle nostre possibilità,che se sviluppate darebbero da mangiare ad un esercito e farebbero del nostro patrimonio una vetrina davanti alla quale passerebbe il mondo.. In pratica siamo per nostra natura in balia di un frastuono di silenzi.E nel mondo, in una società globalizzata, siamo destinati a soccombere al confronto di altre razze e popoli che ci dimostrano anche oggi che hanno avuto una volontà a tirarsi fuori dal guado, una volontà che li rende molto più vitali al nostro confronto, una volontà che contiene la spinta alla lotta ed alla sopravvivenza.E’ il nostro mondo che è in decadenza e che ancora pretenderebbe di funzionare il mondo come noi l’abbiamo sempre fatto funzionare da capi conduttori e da punti di riferimeto. Ancora coloro che ci sormonteranno debbono affrontare la salita ed alla fine certamente ce la faranno , noi stiamo rotolando senza rete nel dimenticatoio della storia e mentre rotoliamo spesso ci guardiamo allo specchio credendoci semprepiù punti di riferimento per gli altri.Ed il tragico è che lo sappiamo che quello è il nostro futuro,ma siamo ancorati alle incrostazioni e facciamo ancora finta di credere con mille contorsioni, al richiamo delle sirene della politica.Quelle che noi abbiamo eletto perchè ci governino.Questa è la vera sottocultura che ci impedisce di volare: le persone che si formano con i concetti che ho espresso e che diventano per noi dei punti di riferimento dei quali ci beiamo molto spesso, e verso i quali spezziamo lance quotidiane, magari disprezzando e criticando la politica,senza tener conto che quella politica che noi critichiamo aspramente è fatta di persone.