CHIUSI SCALO, IL PAESE DELLE TERRAZZE CADENTI: UN PROBLEMA DI SICUREZZA E DI DECORO

CHIUSI – Fino a qualche anno fa a Chiusi Scalo i lampioni dell’illuminazione pubblca erano fatti “a palla” e ogni lampione ne aveva 2. Ovvio: le palle si sa vanno sempre a coppia. Qualcuno ne aveva 3, ma erano casi più rari. Delle due o delle tre, però, almeno una era spesso mancante o…”a ciondoloni”, come si dice da queste parti. Su primapagina titolammo: “Chiusi Scalo, il paese delle palle cadenti”. Che, anche questo si sa, le palle cadono..
Il sindaco all’epoca era Ceccobao. Lo stesso che fece rifare i marciapiedi con mattonelle che quando piove o c’è umidità non ci si cammina sopra, senza rischiare di cadere. Roba da genii assoluti, da premio nobel. Naturalmente sul giornale, all’epoca ancora di carta, segnalammo anche tale opera d’ingegno. L’amico Luciano Fiorani, che se ne è andato troppo presto, due anni fa, amava gironzolare in bicicletta e spesso fotografava brutture, storture, lavori malfatti, erba alta, panchine fagocitate dalla gramigna e spesso pure malmesse. Morto lui, sembra che a nessuno interessi il decoro urbano. E oggi, maggio 2025, siamo passati dalle “palle cadenti” alle terrazze cadenti. Che forse è pure peggio.
Ne segnaliamo due, visibili a tutti: una si trova proprio nel punto più centrale dello Scalo, all’angolo tra via Pasubio e via Leonardo da Vinci. Il terrazzino del bel palazzo sull’incrocio, nella parte sottostante presenta due spallette neoclassiche decisamente ammalorate. Forse non saranno pericolose perché un interventino per fermare la possibile caduta di pezzi di calcinaccio è stato fatto, ormai più di un anno fa, ma certo belle a vedersi non sono. Non offrono una bella immagine della città. E lì sotto (o davanti) ci passa un bel po’ di ente, soprattutto turist che vanno al ristorante, 10 passi più avanti o a noleggiare un’auto, a poca distanza. Sarà il caso di obbligare il proprietario a dare una sistemata? Il decoro urbano non è affare che riguarda solo il Comune.
Il secondo caso di terrazza cadente è in via Piave. Il terrazzino di una palazzina disabitata, che aggetta sul marcipiaede, è completamente “sfondato”. Un bel po’ di calcinacci sono tenuti su da una rete metallica. Il marciapiaede è stato transennato. Ma la rete sembra sul punto di cedere da un momento all’altro sotto il peso del materiale di cui impedisce la caduta. Normale? certamente no. Basta la transennatura? Neanche. Anche in questo caso si tratta di una strada centrale, nei pressi c’è un forno e a poca distanza alcune attività artigiane. Il tutto a pochi metri da via Leonardo da Vinci, ovvero la via principale dello Scalo.
Non solo: a lato della palazzina disabitata con il terrazzo cadente e le finestre aperte, da cui entrano ed escono piccioni e altri animali, c’è un’area verde, residuo di una demolizione, transennata e chiusa, ma in condizioni impresentabili: erba alta, degrado, materiali accatastati. Per farla breve, un’altra cartolina dalla peggiore delle periferie, ma non siamo in periferia. E’ pieno centro.
Chiusi Scalo per quanto sia piuttosto decaduta e non sia più il centro commerciale naturale più antico e rilevante del comprensorio non può permettersi situazioni del genere. Ovviamente trattasi di proprietà private, quindi spetterebbe ai proprietari l’onere di intervenire e ripristinare quantomeno la sicurezza e un minimo di decoro. Ma laddove questi latitano, il Comune non può stare a guardare e lasciare le cose come stano, limitandosi a transennare i marciapiedi e a scalcinare le parti ammalorate, per poi lasciarle lì mezze scalcinate con il ferro dell’armatura a vista…
Oltre questi due casi, diciamo così eclatanti, ci sono altre situazioni che sono impietose fotografie di degrado e possono anche rappresentare un pericolo per chi passa nei pressi. Nel palazzo, centralissimo, che ospita il Centro Giovani Culsans, sempre in via Leonardo da Vinci, e che è completamente disabitato, una delle finestre del piano superiore si è aperta e le persiane certamente vecchiotte, “svolazzano” e sbattono sulla parete quando c’è vento. Non solo dalla finestra aperta entrano piccioni e corvi con tutto ciò che ne consegue, ma se a forza si sbattere, una delle persiane cade? Siamo certi che si fermerebbe sul terrazzino sottostante e non finirebbe sul marciapiede dove passano i pedoni e stazionano spesso i ragazzi che frequentano il Culsans? Spetta anche in questo caso al proprietario intervenire ed eliminare il rischio, ma se non lo fa? Sono giorni e giorni che quelle persiane svolazzano e sbattono sul muro… Qualcuno una toppa ce la dovrà mettere.
Stesso problema si riscontra nell’edificio ex Dormitorio FS, in via Manzoni, anche quello dismesso e in disuso da decenni: il portone di ingresso è rovinato e lascia entrare e uscire topi grossi come i gatti. Qualche finestra è aperta e le persiane sono in balia del vento, con il solito rischio che cadano in testa a qualcuno. Anche lì sotto c’è un marciapiede dove cammiano i pedonie dove stazionano spesso giovani che frequentano il vicino Green Bar.
Anche su queste colonne si è parlato tante volte dell’ex Dormitorio, non solo quando sono state effettuate operazioni di “bonifica periodica” del guano dei piccioni o delle cisterne per il gasolio, ma anche come possibile “contenitore” a scopi turistici o sociali: dall’ipotesi ostello-albergo low cost per i turismo giovanile e lento legato anche al sentiero della Bonifica e al treno, a quella del co-housing per anziani soli o giovani coppie con mini appartamenti e servizi comuni… Ma, pare che RFI consideri l’edificio “patrimonio inalienabile” e quindi inutilizzabile da altri. E non se ne capisce il motivo dato che le Fs non lo utilizzano più. Però, una cosa è certa: inalienabile o meno, quel “patrimonio” si trova nel centro abitato di un comune e non può essere tenuto in condizioni di abbandono, degrado e di pericolo per la cittadinanza. Che sia di propietà Fs è una aggravante, non un motivo per lasciar perdere. Come nei casi precedenti, anche per l’ex Dormitorio è infatti la proprietà che deve provvedere. Ma se non provvede, le autorità locali hanno l’obbligo di richiamarla alle proprie responsabilità e ai propri doveri riguardo alla sicurezza e al decoro pubblici.
Ultima nota, ancora sul decoro: l’erba alta nelle iole, intorno agli alberi di arredo urbano e ai lampioni viene lasciata incolta per un motivo ecologico (anche nelle città c’è la tendenza a non tagliarla, perché il verde fa ossigeno) oppure per mancanza di giardinieri? Lo chiediamo perché quelle anche le piccole jungle lungo le strade, anche quelle del centro, belle a vedersi non sono e nondanno una bella immagine della città. In via Manzoni, per esempio, dove il fenomeno è piuttosto evidente, passano molti turisti e viaggiatori che lasciano l’auto per poi andare a prendere il treno alla stazione. Come biglietto da visita non è proprio il massimo, diciamo. E non è è il massimo, come primo impatto, per chi arriva allo Scalo dal cavalcaferrovia il vecchio “Molino a cilindri” (la scritta è ancora visibile) chiuso e abbandonato da almeno 50 anni. Quello però, almeno, non è pericoloso. Lì sotto non ci passa nessuno.
M.L.
Nei primi anni 2000, l’allora sindaco Ceccobao, che non mi è mai stato troppo simpatico e da questo articolo credo che ciò si evinca chiaramente, fece un’ordinanza con la quale OBBLIGAVA tutti i proprietari di edifici con problemi di decoro a “RIFARE LA FACCIATA”, proprio per una questione di rispetto dell’immagine della città. A molti sembrò una imposizione vessatoria. Fu un’operazione coraggiosa. Laddove il proprietario non aveva i soldi o le condizioni per fare l’intervento necessario intervenne il Comune, rivalendosi in seguito sul proprietario, ma con una buona dose di buon senso e senza accanimento. Il fatto che alcuni degli edifici degradati abbiamo la stessa proprietà è – come nel caso di RFI per l’ex dormitorio – una aggravante che dovrebbe imporre una linea dura o quantomeno un tantino più decisa. Detto questo, è evidente, comuqnue, che il decoro urbano è una questione che non riguarda solo il Comune, ma anche tutti i cittadini e tutti i proprietari di immobili.