2 MAGGIO 1980, IL BLITZ DELLA DIGOS A CHIUSI SCALO: LE BR IN MEZZO A NOI…

CHIUSI – Anche nel 1980 il 2 maggio era venerdì, come quest’anno. Giornata di ponte tra il 1° Maggio e il sabato. Ma non fu una giornata tranquilla a Chiusi Scalo. Quella mattina tutto il quartiere della Fornace, che tutti chiamavano così anche prima che nascessero le Contrade dei Ruzzi della Conca, fu svegliato di soprassalto. E in modo insolito. Io abitavo nelle case popolari di via Oslavia. Dormivo della grossa quando sentii un trambusto per le scale, mia madre e altre donne che chiedevano cosa stesse succedendo. Gente in casa. E una voce che mi diceva nella penombra “Si alzi piano e tenga le mani in vista”. Era uno alto, tutto bardato. Aveva un elmetto con la visiera abbassata e il mitra in mano. Mi sembrò un marziano. Era un agente della Digos in assetto antiguerriglia. Di là nell’altra stanza un altro agente, bardato anche lui, fa vedere a mia madre un foglio, è un mandato di perquisizione, firmato dal Giudice Imposimato. “Vede? Im-po-si-ma-to…”. Scandisce bene il nome perché è un nome chi si sente spesso in tv. Uno di quelli che danno la caccia ai terroristi.
Ma che cazzo voleva la Digos a casa mia? Cosa cercavano quei “marziani” con il mitra in mano a casa mia e nelle case popolari di via Oslavia così come in via Carlo Pisacane, via Nazario Sauro, via Mazzini? Cercavano un brigatista. Ma non dissero chi.
Il poliziotto che mi svegliò mi fece delle domande piuttosto banali, rovistò sulla scrivania, sfogliò qualche libro e una agenda con degli appunti relativi a riunioni del PCI, fino a due mesi prima ero stato il segretario della sezione, ma su quello non disse niente. La cosa un po’ mi stupì. Mi chiese solo perché avessi dormito con una maglietta da calcio del Bologna. Volevo dirgli che quelle della Fiorentina erano finite, ma mi trattenni. Il mitra in mano ce lo aveva lui, non mi sembrò il caso di fare lo spititoso. Guardò due poster attaccati alle pareti: Che Guevara e Antognoni. Al posto della madonnina da capo al letto invece avevo quello, più piccolo, di Gimondi. Mi parve di scorgere un sorriso, ma non ci giurerei. Poi disse all’altro agente: “Niente, possiamo andare”, l’altro rivolto a mia madre: “Abbiamo finito, ci susi signora, ma sa, sono momentacci”. Ed entrambi scomparvero giù per le scale.
Tutto il quartiere fu passato al setaccio, da decine di agenti. Un blitz in piena regola. Chi fosse il brigatista ricercato si seppe solo un po’ di tempo dopo. Si trattava di Loris Scricciolo, stesso nome e cognome dell’onorevole socialista che abitava proprio a Chiusi di cui peraltro era parente alla lontana.
Il Loris Scricciolo ricercato è più giovane, sulla trentina, è romano de Roma, ma originario di Moiano, la frazione pievese famosa per la sua storica Casa del Popolo, dove il 23 aprile del ’74 i fascisti hanno fatto esplodere una bomba: due chili e mezzo di tritolo, il doppio di quella che fece 8 morti in Piazza della Loggia a Brescia un mese dopo.
La Digos Loris Scricciolo lo cerca a Chiusi Scalo, perchè il giovane ci viene spesso, ha dei parenti dove forse si ferma a dormire. Spesso lascia la sua auto, un maggiolone cabrio bianco piuttosto sgarrupato, nel posteggio della stazione in via Mazzini. Lo ha fatto anche la sera del Primo Maggio. Probabilmente era pedinato. Ma la mattina dopo la Digos in assetto antiguerriglia non lo trova. Loris è stato più svelto di loro, il blitz va a vuoto.
Tre ragazzi residenti nel quartiere (Walter Vannuccini, Francesco Galeotti e Lorenzo Pianigiani, tutti e tre all’epoca destrorsi) vengono tradotti in Procura. Ma non c’entrano niente, nessuno dei tre. Hanno solo fornito risposte non collimanti su una pistola, poi risultata solo un cimelio. Verranno subito rilasciati.
Sapere che Loris era un brigatista fu un cazzotto nello stomaco. Lo conoscevo bene. Eravamo amici, negli anni precedenti avevamo fatto delle cose insieme per la Federazione Giovanile Comunista proprio lì alla Casa del Popolo di Moiano. Io e altri avevamo pure contribuito con qualche pennellata alla realizzazione di un grande “murale” (sul golpe in Cile) realizzato sulla facciata della sua abitazione a Caioncola, frazione di Castiglione del Lago, ma vicinissima a Moiano. Aveva un bell’impianto stereo e qualche sera andavamo in gruppo a casa sua ad ascoltare dei dischi che ci scambiavamo volentieri… Questo tra il 1974 e il ’79… Il 2 maggio ’80 Loris è un ricercato dalla Polizia. Che lo prenderà nel 1981. Pare abbia partecipato pure all’assalto delle Br alla sede DC di piazza Nicosia a Roma. In effetti era un bel po’ che non lo vedevamo…
Ma i cazzotti nello stomaco non finiscono lì. Il secondo arriva dopo l’arresto di Loris. Patrizio Peci, il primo “pentito” delle Brigate Rosse, nelle sue dichiarazioni rivela che “Vicino a Chiusi, in un podere che si vede arrivando con il treno” si riunisce non una semplice cellula brigatista, ma addirittura la Direzione Strategica delle BR. Il podere che si vede dal treno è a poche decine di metri dalla casa di Loris. In effetti si vede dal treno e la stazione di Chiusi dista meno di 5 minuti, quando si arriva con il treno da nord verso sud…
Il 6 febbraio del 1982, con un altro blitz mattutino, la Digos lo individua e in una buca trova 7 bombe anticarro, un lanciarazzi, 800 cartucce, una P38, gelatina, maschere antigas. Poco lontano, un mitra, una Beretta 7/65, 60 proiettili, due bombe a mano, documenti in bianco, timbri rubati. Gli agenti arrestano tre giovani del posto: Silvano Favi, 20 anni, iscritto al Pci, che è il custode delle armi; Federico Ceccantini e sua moglie Daniela Bricca, maestra elementare a Paciano, prelevata a scuola. Questi ultimi si dichiarano subito prigionieri politici.
Due giorni prima, nella stessa operazione di polizia, viene arrestato a Firenze, durante un convegno sindacale, Luigi Scricciolo, detto Luigino, sindacalista della Uil, originario anche lui di Moiano e cugino di Loris. Luigino ha quache anno in più di Loris, è del 1948, nella Uil fa parte della corrente di Silvano Miniati, quella della componente di Democrazia Proletaria ed è il Responsabile delle Relazioni Internazionali, in particolare si occupa delle relazioni con i Paesi dell’est europeo. Nel ’78 Luigino figura nella lista di DP alle comunali di Chiusi e nello stesso anno è lui il “contatto” che utilizzai, come segretario del Pci, per portare Jiri Pelikan, esponente della Primavera di Praga alla festa de l’Unità per una manifestazione sul decennale dell’invasione sovietica della Cecoslovacchia, insieme al filosofo Umberto Cerroni.
Insomma amici e compagni, con pezzi di strada in comune, finiti in manette per appartenenza a banda armata e terrorismo… Noi che sul neonato giornale locale l’Agorà, titolavamo “Le Br in mezzo a noi”, solo perché a Chiusi erano comparse scritte sui muri con la stella a cinque punte, simbolo dell’organizzazione terroristica.
I pugni nello stomaco non si contano più.
Prima il tentativo di colpo di Stato di Junio Valerio Borghese con movimenti nella zona di Passignano sul Trasimeno (7 dicembre 1970), poi le due bombe fasciste alla casa del Popolo di Moiano e sui binari della Firenze-Roma all’altezza di Castiglione del Lago (solo per caso e per fortuna senza conseguenze tragiche, la prima il 23 aprile ’74 e la seconda il 31 maggio 1975), infine il blitz a Chiusi Scalo del 2 maggio ’80, l’arresto di Loris Scricciolo nel 1981, le dichiarazioni di Peci e l’arresto di Luigino e dei brigatisti moianesi, la scoperta dell’arsenale a Caioncola… Una sequela di eventi che proiettarono la zona di Chiusi-Moiano-Castiglione del Lago nel vortice degli anni di piombo e della strategia della tensione.
Come finirono quelle storie?
Loris Scricciolo diventò un “collaboratore di giustizia” (ma in carcere fu anche torturato: nell’Italia delle Leggi Speciali succedeva anche questo); Luigino tra carcere in cella di isolamento e domiciliari si fa più di due anni, poi altri 20 “in attesa di giudizio” come presunto terrorista e anche come presunta spia bulgara invischiata nell’attentato al papa del 1981. Perde il lavoro, la moglie le amicizie. Il sindacato lo abbandona. Il 6 settembre 2001 viene scagionato da tutte e accuse. E’ la fine di un incubo durato 7.171 giorni. Ci scriverà un libro. Ma nel 2009 muore di infarto a 61 anni, minato nel corpo e nell’anima da quel macigno che ha dovuto portare sulle spalle per 20 anni, vittima di “teoremi” troppo facili e di una giustizia poco giusta e piena di falle. Silvano Favi, Daniela Bricca e Federico Ceccantini hanno tutti pagato il loro debito con la legge per aver partecipato, sia pure marginalmente, come manovalanza, alla follia dell’avventura brigatista, credendo probabilmente in buona fede di fare la rivoluzione, a Caioncola.
Oggi a 45 anni esatti da quel blitz della Digos a Chiusi Scalo, che forse pochi ricorderanno, anche tra chi abitava in quelle strade passate al setaccio, credo sia giusto fare un po’ di… memoria. Ricordare aiuta a capire. Anche a capire come un territorio periferico e tranquillo come questo si trovò di colpo dentro un tritacarne, ma non solo perché centrale e comodamente servito e dunque facilmente utilizzabile da figure e forze esterne, ma anche perché nel territorio stesso ci fu chi per scelta o per semplici amicizie e conoscenze finì per far parte di quel tritacarne o ad un passo dall’entrarci. E senza che intorno ci fosse piena coscienza di ciò che stava succedendo anche in quel mondo che credevamo immune da certi virus, come il Partito Comunista, le Case del Popolo, i sindacati, i quartieri popolari…
I giovani di oggi, che non hanno vissuto, né forse hanno sentito parlare in casa di quei momenti, sorrideranno leggendo articoli come questo. Penseranno che eravamo tutti degli esaltati o dei coglioni. Penseranno anche che Lucio Corsi o Achille Lauro sono meglio dei Pink Floyd e dei Led Zeppelin (e qui sbagliano di grosso), che andare a celebrare il 25 aprile o il Primo Maggio non ha neanche molto senso, perchè per loro la Resistenza è lontana quanto per noi ventenni degli annim ’70 lo erano le cannonate di Bava Beccaris… Queste cose – comprese le storie di Loris, Luigino, e degli altri – come primapagina le abbiamo scritte su qualche libro, le abbiamo portate in teatro, perché la memoria va coltivata e innaffiata, se no si secca. Di recente lo abbiamo fatto con “La bomba” portato in scena a Moiano il 29 novembre 2024, a Chiusi il 24 gennaio, a Milano due volte nel mese di marzo. Ma a me personalmente piacerebbe confrontarmi su queste cose (che poi così lontane non sono, a pensarci bene) con i 20-30enni di adesso. Mi piacerebbe anche farmi dare del coglione, ma dalla loro viva voce. Vis à vis. Non attraverso il filtro distorto dei social.
Marco Lorenzoni