LA PIAZZA E IL TEATRO: 1944, LA BATTAGLIA DI MONTICCHIELLO E LA VICENDA AMARA DEL POLACCO

Ieri, 6 aprile, a Monticchiello alla presenza di sindaci, associazioni e tanti cittadini si è celebrato l’81esimo anniversario della battaglia che il 6 aprile del ’44 vide scontrarsi intorno alle mura dell’antico borgo, famoso per il suo Teatro Povero, e su due colline prospicenti, 60 partigiani e circa 180 militi della guardia nazionale repubblicana e dell’esercito della RSI arrivati da Siena. Forse lo scontro armato più rilevante della Resistenza in Val d’Orcia e nella provincia di Siena.
Rilevante perché la battaglia durò per tutta la giornata, e anche perché non fu tra i partigiani e le truppe di occupazione naziste, ma tra partigiani e fascisti italiani, alleati dei tedeschi.
Nonostante la preponderanza, nel numero, delle camicie nere, ebbero la meglio i “ribelli” comandati da Walter Ottaviani, nome di battaglia Scipione, che dovettero comunque lasciare sul terreno due morti: Marino Cappelli e Mario Mencattelli di Montepulciano. Decisivo fu l’aiuto fornito dalla popolazione e in particolare delle donne di Monticchiello e dei dintorni che si adoperarono per portare messaggi, curare feriti, ricaricare le armi. Una di loro era Cordara Marchetti detta Lucciola, la fidanzata, poi moglie dello stesso Ottaviani. Un’altra era Anelida Chietti che proprio durante la battaglia conobbe il partigiano Vito Raspa, carabiniere unitosi alla Resistenza. Lei aveva 17 anni, lui 29, si innamorarono e più tardi si sposarono. La loro storia l’ha raccontata ieri la nipote Claudia Sereni, attuale sindaca di Scandicci (FI), per il Pd. Amori travolgenti nati nel furore della battaglia.
Negli stessi giorni di quella primavera, a pochi chilometri di distanza da Monticchiello, sulle pendici del Monte Cetona, versante che guarda la Val d’Orcia e tra Sarteano e Chiusi si consumava la tragica vicenda di Joseph Klucine, disertore della Wermacht, polacco, unitosi anche lui ai partigiani della Brigata Si.Mar, così chiamata dale iniziali del comandante Silvio Marenco, ufficiale in pensione. E’ la storia che la sera prima, sabato 5 aprile, come Primapagina abbiamo raccontato al Teatro degli Oscuri di Torrita di Siena.
Data casuale, ma a volte il caso sa essere molto preciso, in questo caso ha fatto cadere la rappresentazione del reading “Lo straniero. Il polacco devemorire” proprio in concomitanza con le celebrazioni della Battaglia di Monticchiello e in un paese, Torrita, che ebbe partigiani nella brigata di Walter Ottaviani. E il 5 aprile è stato anche il giorno della grande manifestazione di Roma contro il riarmo, per la pace e contro il genocidio dei palestinesi. Noi c’eravam con il pensiero. Il nostro no alla guerra lo abbiamo gridato dal palco del teatro di Torrita.
Tornando a Monticchiello e a Lo Straniero, si tratta di vicende ovviamente diverse: una battaglia dei resistenti contro il nemico, e una “guerra nella guerra”, una lotta fratricida dentro una formazione partigiana, finita male, molto male, il 6 di giugno del ’44 nei pressi di Sarteano, a due settimane circa dalla liberazione del territorio. Due vicende “contigue” per territorio e anche intrecciate, non solo perché le formazioni partigiane avevano contatti tra di loro, ma anche perché a Monticchiello, tra i fascisti che diedero l’assalto al borgo, difeso dai partigiani, c’era il Prefetto di Siena Giorgio Alberto Chiurco, nome che risuona più volte nel testo de “Lo straniero”.
E’ con Chiurco che il colonnello Marenco, vuole stringere un patto di non belligeranza, per evitare rastrellamenti, arresti, fucilazioni e rappresaglie, come era successo dopo la bomba di via Rasella a Roma. Gli alleati erano ormai vicini, Marenco voleva aspettare promettendo ai fascisti, che ormai avevano i giorni contati e non potevano seguire i tedeschi in ritirata verso nord, una sorta di salvacondotto per il dopo. Il polacco e alcuni partigiani, giovanissimi, quasi tutti renitenti alla leva, invece volevano combattere e farla finita prima possibile con i nazisti e con le camicie nere. In questa diversa concezione della guerra partigiana si innesca la “faida” tra Marenco e il polacco Klucine.
Il reading non è un processo a posteriori, non cerca colpevoli, nè martiri da santificare. Ma racconta un episodio doloroso rimasto sottotraccia per quasi 80 anni. Noi abbiamo deciso di portarlo in scena, usando il teatro, perché riteniamo che per coltivare la memoria e non rifare gli errori del passato, le storie vanno raccontate tutte, quelle epiche come la battaglia d Monticchiello e quelle amare, dolorose e controverse come la vicenda del polacco Joseph Klucine, il cui nome, dal 2022, figura sulla stele posta nel cimitero comunale di Chiusi, insieme a quelli di altri 4 partigiani e 5 garibaldini chiusini. Ragazzi che hanno combattuto per l’unità d’Italia (i garibaldini) e per liberare il Paese dall’occupazione nazista e dai collaborazionisti con la divisa di Salò (i partigiani).
Segnaliamo che l’Anpi era naturalmente a Monticchiello per le celebazioni della battaglia ed era anche a Torrita, in teatro, per il reading “Lo Straniero”, in entrambi i casi tra i promotori. Così come tra i promotori c’erano anche i comuni di Pienza e di Torrita di Siena. Tutte e due gli eventi raccontano una verità incontrovertibile: la guerra è una montagna di merda e una immensa macchia di sangue. La guerra rende gli uomini mostri. Li fa diventare feroci e spesso anche ottusi. Le logiche militari e militariste sono quasi sempre il contrario del buon senso, solo che ce ne accorgiamo quando finisce male. Mai prima.
m.l.