CITTA’ DELLA PIEVE, LE ESPLORAZIONI IN ASIA CENTRALE TRA 800 E 900: UNA MOSTRA DI FOTO, OGGETTI E DOCUMENTI CURATA DA CARLO SACCO

CITTA’ DELLA PIEVE – Diciamolo subito, a Città della Pieve Carlo Sacco gioca sempre in casa. Non solo perché è pievese di nascita, ma perché di mostre fotogafiche nella città del Perugino ne ha fatte tante. Stavolta però, la mostra che si terrrà dal 12 al 27 aprile a Palazzo della Corgna propone non tanto fotografie sue, ma immagini inedite, materiali cartografici e librari, oggettistica su un tema a lui certamente caro, ma sicuramente inusuale per i più: le esplorazioni effettuate tra la metà dell’800 e la prima metà del ‘900 nel’Asia Centrale e sull’Himalaya. Esplorazioni fatte per la maggior parte da anglosassoni. E infatti il titolo è in inglese: “Mapping ad shooting the past in Central Asia and Himalayas”. Si tratta della storia della mappatura dei luoghi più impenetrabili dell’Asia attraverso documenti, oggetti, foto, libri, che Carlo Sacco ha via via acquistato o reperito in giro per il mondo e che custodisce gelosamente e con cura certosina nel suo sterminato e monumentale archivio personale, che qualche anno fa ha intitolato “The face of Asia” proprio a sottolineare la sua passione per l’Oriente: India, Nepal, Cina, Tibet, Viet Nam e sud est asiatico dove ha viaggiato più volte.
La mostra pievese propone anche immagini delle tentate prime scalate alle vette himalayane, del Karakorumm del Sikkim… In un certo senso è essa stessa un viaggio nei luoghi impenetrabili dell’Asia, ma anche un viaggio nell’avventura. Sì, perché quei pionieri che tra il 1850 e il 1960 si recavano alla scoperta di aree sconosciute e vergini del pianeta, tra la via della seta, le montagne più alte del mondo, le foreste, i monasteri buddisti incastonati in loghi inaccessibili, erano certamente degli appassionati, degli studiosi, dei ricercatori, magari anche degli “inviati speciali” di giornali, spie o funzionari di stato spediti dai loro governi colonialisti a cercare nuovi mercati o “tesori” utili allo sviluppo industriale nascente, ma erano soprattutto degli avventurieri. Gente da romanzo e da fumetto. Gente che ha affrontato, per amore dell’avventura, appunto, sfide fino ad allora ritenute impossibili.
Gli oggetti, i libri, gli appunti di viaggio, le mappe, le foto esposte a Palazzo della Corgna, sui viaggi e le eplorazioni in Asia centrale, sono materali che Carlo Sacco ha raccolto per il suo gusto personale, il gusto di andare a cercare e scovare i segreti di chi in quei luoghi dove lui stesso ha vaggiato tante volte, c’era stato 100 anni prima, quando fotografare una montagna era un’impresa e le macchine fotografiche non erano ancora digitali e non avevano nemmeno il rullino. Quando non c’erano le Range Rover e si viaggiava a piedi o a dorso di cammello.
Si, devo dire che è una mostra che ho curato con vero piacere alla quale da molto tempo pensavo.Non è stato facile assemblarla in poco tempo,sia per la sua frammentarietà di immagini contenute, sia anche per le vicende personali degli esploratori che si dovevano rapportare con un mondo a loro sconosciuto e sconosciuto anche ai più in occidente. E’ stata quindi messa in mostra la cartografia di questi grandi viaggi,perlopiù sconosciuti ad un pubblico occidentale ed essendo solo ad assemblarla ho dovuto scontare inevitabilmente dei limiti. Il materiale fotografico è stato casualmente reperito in australia ed è perlopiù inedito e quindi dal punto di vista dell’esame degli addetti ai lavori e degli appassionati di ”ottomila” e di deserti, direi che sia quasi unico. Ho cercato per quanto sia stato possibile di accoppiare alle spedizioni anche della bibliografia d’epoca scritta soprattutto da coloro ai quali le potenze coloniali europee come Francia ed Inghilterra avevano conferito l’incarico sia di esplorazione a scopo di penetrazione nei mercati sia di conoscenza delle vie di comunicazione per rendere migliore quello che i francesi chiamavano ”Pillage” un comportamento all’epoca ritenuto normale per le borghesie europee ma un po’ meno normale per i nativi di quelle terre.Ed ecco quindi apparire viaggi costituiti da proprie e vere avventure,dove i conduttori -spesso professori o comunque intellettuali anche se vogliamo privi di scrupoli verso le popolazioni autoctone,erano liberi di gestire al meglio per loro ogni iniziativa.Era questa gente formata ed informata sia dei compidi che venivano loro affdati sia dei rischi, e talvolta al cospetto di queste insicurezze qualcuno ci lasciava pure le penne…Non successe questo a gente come era Sven Hedin, oppure Sir Aurel Stein,oppure Douglas Freshfield e tanti altri.E’ sufficiente anche per dare l’idea di ciò che correva dentro le persone nominate ed il rapporto con i capigruppo delle spedizioni che il rapporto che si stabiliva era di fiducia vitale al punto che oltre che alla disciplina occorresse anche talvolta sangue freddo poichè nel percorso si incontravano popolazioni ostili, briganti, gente che per depredare le carovane era disposta a tutto,anche ad uccidere poichè in certi luoghi esisteva solo l’ordine della forza e dell’astuzia.E’ famoso l’epsodio di Sven Hedin che nel deserto del Takla Makan era rimasto con la propria guida che era sull’orlo della morte per disidratazione e sete.I due erano sull’orlo del non ritorno quando Sven Hedin comprese che se fosse morta la guida, inesorabilmente sarebbe morto anche lui.Secondo le sue mappe ai confini del Tibet a due giorni di marcia dal luogo dove si trovavano ci si poteva rifornire d’acqua e cercare così di sopravvivere per giungere ad una meta dove esisteva la sicurezza della sopravvivenza. Ebbene, è passata alla storia la marcia che l’esploratore svedese decise di compiere portando l’acqua alla propria guida ripienando gli stivali di questa persona e consentendogli di salvarsi e salvare così anche se stesso.Questa aneddoto od impresa è raccontato dallo stesso autore nel suo libro più conosciuto dal titolo ”Transhimalaya” che è esposto in mostra come tanti altri riguardanti l’esplorazione dell’Indocina da parte dei francesi al seguito della cosiddetta ”Mekong Commission” istituita dalle autorità militari francesi per ricercare una via d’acqua per poter penetrare all’interno della Cina.
L’opera monumentale estremamente rara scrtta dal tenente di vascello Francis Garnier datata 1873 ed una minore datata 1885 sono entrambe esposte in mostra.la spedizione risalì il corso del Mekong ma si dovette fermare all’interno del Laos a Kong Phapeng dove il fiume si rompeva in mille cateratte impedendo quindi la risalita all’interno della Cina.personalmente sono stato in questo luogo nel 2008 e sinceramente fa una grande impressione il pensare che in quel punto le speranze di una ciurma di pochi uomini dovette interrompere ciò che era sttao loro demandato poichè l’imprevedibile era loro apparso improvvisamente di fronte.Dovettero attendere alcuni mesi per ritornare a Saigon e dichiarare comunque il loro successo poichè i dati rilevati durante quel viaggio adesso erano a disposizione di coloro che si fossero cimentati in altre ardue imprese. Quasi tutte le foto in bianco e nero in esposizione le ho reperite in Australia durate un fortuito incontro sul web ma non ho potuto farle stampare in formato più grande come comunemente viene fatto per le mostre che si rispettino ma sono di formato 20×30 tranne 3 foto da me stesso scattate in formato leggermente piu’ grande del 30×40 cm.riguardanti il Kanchenjunga(la terza montagna più alta al modo facente parte dell’Himalaya del Sikkim ) scattate da Darjeeling nel Maggio del 1974 in un viaggio in solitaria di 5 settimane dove ebbi l’occasione di conoscere personalmente i conquistori dell’Everest Sir Edmund Hillary e Tenzing Norgay con le rispettivi mogli e figlia di Tenzing morte in un incidente aereo con un Piper Commanche in Nepal pochi mesi dopo che ho scattato tale foto.
sarebbero tante le storie da raccontare, storie di viaggio che oggi non mi posso più permettere soprattutto per ragioni fisiche e di età ma che allora negli anni ’70 soprattutto erano anche il frutto di concertazioni, organizzazione e sforzi di volontà perchè il mondo in cui mi trovavo a quell’età era un mondo ben diverso da quello di oggi.Viaggiare e ricercare, incontrare e documentare per me era un piacere al quale non avrei mai rinunciato,curare tematiche delle quali avev letto e che avevo l’occasione di vedere di persona per me costituiva un grande piacere e molte volte oggi riflettendo su tutto questo non c’è dubbio che considero di aver avuto una grande fortuna per averlo potuto fare ed anche aver avuto la fortuna che non mi sia accaduto nulla soprattutto nei viaggi in solitaria che avevano ben altro sapore di quelli odierni fatti in gruppo oppure col supporto delle agenzie.Oggi stando seduti si pigia un bottone e si parla con un altro nostro simile al di là dal mondo, ma prima di accingersi a mettersi in cammino in quei tempi (parlo di mezzo secolo fa in pratica quasi dalla fine degli anni ’60 alla fine del 1900 ) occorreva leggere, sapere, scrivere e contattare prima costruendo così un viaggio che sarebbe iniziato solo quando si aveva la sicurezza di poter partire. Ed ecco perchè nella locandina di presentazione della mostra ho pensato che fosse utile quella frase di Josè Saramago che mi sembra pertinente sia allo spirito del viaggio sia alla volontà di realizzarlo…c’era un mio compagno di viaggio che diceva sempre .”La vita è un viaggio, viaggiare è vivere due volte”…non credo si potesse sbagliare.Ecco perchè sotto tale aspetto mi sono sempre ritenuto non bravo ma fortunato, e non poco, poichè anche se nato in una frazione come poteva essere Moiano nel 1946, ho ricevuto tale passione e tale interesse dalla mia famiglia e nell’ambito delle mie possibilità tale interesse ho sempre cercato di coltivarlo senza mediazioni. Quell’Archivio al quale Marco Lorenzoni faceva riferimento nel suo Post e stato da sempre possibile espanderlo proprio perchè mi sono sentito innato tale interesse…e non me ne pento perchè se potessi rifarei lo stesso percorso.
Ah dimenticavo una cosa non comunicata nella locandina : inaugurazione Sabato 12 Aprile ore 10 in Palazzo della Corgna.Chiedo scusa.