Il Venerdì di Repubblica dedica 3 pagine alla band inglese che sabato 8 luglio sarà sul palco del Lars Rock Fest. Ma Chiusi come vive l’evento?

VETRINE ROCK E ATTEGGIAMENTI DA PAESE POCO NORMALE…
CHIUSI – Questa sera e domani sera, tempo permettendo, Chiusi Scalo farà le ore piccole. E’ tempo di Notti Rosa Shopping, iniziativa promossa dall’associazione Chiusinvetrina (con l’appoggio delle associazion di categoria) per animare la cittadina e lanciare i saldi che comiciano appunto il 1 luglio… Negozi aperti, musica in strada e nei bar, mega scivolo acquatico, stand gastronomici. Poi, giusto qualche giorno per rifiatare e il prossimo week end sarà di nuovo “grande vento” con il Lars Rock Fest ai giardini pubblici, sempre allo Scalo. Tre giori questa volta e non più due soltanto. Sul Venerdì di Repubblica di oggi, un servizio di 3 pagine parla delle miniere diventate museo nel Galles, dell’epopea dei minatori gallesi, e di una rock band londinese che ne ha preso a cuore la storia e la racconta nel nuovo disco “Every Valley” che uscirà il prossimo 9 luglio. La Band si chiama Public Service Broadcasting e, guarda caso, la sera prima, sabato 8 luglio, sarà proprio sul palco del Lars a Chiusi Scalo. Bello spot il servizio del Venerdì, che cita anche il festival chiusino tra le date italiane dei P.S.B.
E, se il magazine di Repubblica dedica 3 pagine a quella band, alle sue canzoni, all’ambiente che quelle canzoni raccontano, vuol dire che la cosa è interessante. Che merita. Che non è una cosetta di nicchia per pochi e sparuti appassionati. Parlando delle miniere -museo e dei PSB l’autrice delll’articolo Alba Solaro cita atmosfere “tra Jane Austen e Ken Looach”. E già questo a nostro avviso sarebbe sufficiente per non mancare al concerto di sabato al Lars Rock Fest. Per la cronaca, i Public Service Broadcasting hanno suonato anche al concertone del 1 Maggio a Roma. E su quel palco non ci si sale per caso…
Ma saranno interessanti – più o meno per lo stesso motivo – anche la serata precedente con i Gang of Four (la Banda dei Quattro) e quella succesiva con gli Austra, che arrivano dal Canada… Rock, elettronica e temi sociali e politici. Con contorno di altre belle e innovative realtà del panorama musicale italiano e non solo.
In tutta Chiusi Scalo che ci sia rock nell’aria si avverte dalle vetrine dei negozi. Sulla scia dell’esperienza del 2016, anche quest’anno bar, negozi di abbigliamento, di fotoottica, di alimentari, di erboristeria, ma anche parrucchieri, ristoranti ecc. hanno allestito la vetrina (in qualche caso le vetrine) con richiami al mondo del rock, con foto dei miti degli anni ’70 (da Jimi Hendrix a Janis Joplin, dai Beatles a David Bowie e Michael Jackson…) con chitarre e altri strumenti musicali, vecchi vinili, amplificatori e musicassette, libri, riviste… Ovviamente insieme alla locandina del festival. Un modo per creare l’atmofera, per “fare rete”, per alimentare l’attenzione del pubblico.
Perché è così che si fa. Nei paesi normali, almeno. Quando c’è un evento pubblico di rilievo (come lo è un festival, che si tratti di rock o di musica classica o teatro, sia che piaccia oppure no…), tutta la città dovrebbe sentirsi comunque coinvolta, e tutta la cittadinanza partecipe, interessata… Quantomeno alla riuscita dell’evento stesso, anche se il genere non è quello più amato.
Si possono esprimere critiche e rilievi sia al “cartellone” che all’organizzazione, ci mancherebbe. Anzi, anche quelle contribuirebbero a creare attesa e atmosfera, come le vetrine a tema… Ma nei giorni immediataente precedenti e durante il festival, quello dovrebbe essere l’argomento principale. Invece a Chiusi è più forte la puzza sotto il naso che non il coinvolgimento. Per esempio: perchè le “vetrine rock” solo a Chiusi Scalo e non anche nel centro storico? Il paese è uno, non due…
A Chiusi, anche gli eventi più rilevanti vengono vissuti intensamente da chi li promuove e organizza, ma con distacco, diffidenza, quasi fastidio dal resto del mondo. E’ vero che Chiusi si chiama Chiusi e non Aperti, ma sentire commercianti che si lamentano per le Notti Rosa Shopping (che sono in fin dei conti iniziativa commerciale) e persone, anche di 40 anni e non di 85, che del festival rock vedono e temono solo il rumore o “l’invasione di drogati” (termine sentito questa mattina in un negozio da una signora elegante e certamente più giovane del leader dei Gang of Four), questo non è da paese normale.
Se la prima preoccupazione dei cittadini è assicurarsi che i vigili urbani, i carabinieri e la polizia facciano rispettare gli orari e facciano spegnere gli amplificatori a mezzanotte, non è una cosa da paese normale…
Sentir dire che ciò che propone il Lars Rock Fest è solo “roba per ragazzi che hanno voglia non di ballare, ma di sballare” (anche questa l’abbiamo sentita in questi giorni allo Scalo), è segnale preoccupante dell’involuzione culturale di una parte delle popolazione. Forse la parte più consistente. E questo, a nostro avviso, dovrebbe essere tema di larga discussione politica. E argomento principe di chi si richiama, anche nella ragione sociale alla sinistra…
C’è da sperare che le tre pagine del Venerdì di Repubblica (che non è una rivista specializzata, né un foglio di controinformazione, ma un magazine di largo consumo allegato al maggior giornale italiano), facciano capire anche agli scettici, ai distratti, agli oppositori a prescindere, soprattutto quelli da tastiera, che non tutto il rock vien per nuocere… E che un festival è meglio averlo che non averlo. Ed è bene – per tutti – che riesca al meglio. Poi, se non sarà all’altezza delle aspettative, se risulterà deludente, se mostrerà pecche o falle organizzative, lo scriveremo…
Una cosa è criticare a ragion veduta, nel merito. Altra cosa è snobbare l’evento, mostrarsi disinterssati o addirittura infastiditi solo all’idea, magari per via del rumore o del fatto che nell’organizzazione c’è di mezzo il Comune o la Fondazione che ne è emanazione. Certo, niente è politicamente asettico o fuori da ogni contesto, ma questi sono aspetti da discutere in sede diversa. Prima (nella fase di programmazione) e dopo l’evento (nella fase di valutazione del risultato). Durante ha poco senso…
Questo vale, adesso, per il Lars, che è il primo appuntamento. Più avanti varrà per Orizzonti e per ogni altra iniziativa.
m.l.
Chisui, l'ars rock fest, Public Service Broadcasting
GIUSTISSIMO. Con gli anni ho capito che ci sono dei chiusini che sanno solo criticare, che sopperiscono alle proprie frustrazioni con il post triste, denigrante e spesso stupido di Facebook. Persone che criticano a prescindere,spesso senza una logica o un motivo, solo per il gusto di andare contro corrente.
Pensa un imbecille ( quarantenne non un ragazzino) a dicembre scorso ha fotografato le luminarie e poi ha postato su Facebook la foto perché non erano di suo gradimento. Follia. Mi domando se certa gente desidera realmente un paese deserto, vetrine spente e silenzio assoluto. Ma!
Marco tratti diversi argomenti insieme. Mi sembra che sia tu ora che mischi Cultura e Turismo culturale. La Cultura – e il Rock lo è – si “vive” e basta; se venisse rifiutato bisognerebbe solo prenderne atto. Il gioco di squadra che chiedi, invece, è la giusta reazione di una Comunità che cerca di amplificare un evento a fini promozionali. Si tratta in ogni caso della stessa maggioranza delle persone che votano la Maggioranza politica e spesso si è detto che vanno solo e comunque rispettate…vero?
Personalmente credo che si tratti di un evento di ottimo livello culturale.
Una postilla invece per quando parli degli “eventi di nicchia”. Questo significa diverse cose: ci può essere una proposta di nicchia di grande qualità e “viva” sebbene destinata ad un pubblico circoscritto e c’è la nicchia autoreferenziale, magari sempre di qualità, ma ormai museale e devitalizzata. La prima può essere comunque un seme da piantare, la seconda un orpello inutile, soprattutto se costoso.
Paolo, io non mischio cultura e turismo culturale, dico solo che nel prossimo week end a Chiusi c’è un festival rock (peraltro interessante sotto molti aspetti sia musicali che.. politici) e sarebbe opportuno a mio avviso (o almeno a me piacerebbe) che tutta la città e tutta la popolazione vivesse quell’evento come suo, come una cosa di tutti e non solo di chi l’organizza, come una opportunità e non come un fastidio. E questo anche se può creare qualche momentaneo disagio, come può esserlo un po’ di “rumore” eccessivo… Modena per il mega concerto di Vasco Rossi con 230 mila persone è stata messa fortemente sotto stress, eppure tutti i giornali e tutte le tv hanno sottolineato come in quella città non si sia levato un dito per protestare…
Mi piacerebbe – come ho scritto – che in questa settimana e almeno nei primi giorni della prossima a Chiusi si parlasse soprattutto del Lars Rock Fest, delle band che saliranno sul palco, della musica che proporranno e di ciò che ci sta dietro… Le “vetrine rock” sono un bel segnale, ma da sole non bastano. Quando i chiusini parleranno in piazza o al bar del Lars, allora Chiusi sarà finalmente un paese normale e magari avrà anche fatto l’abitudine a discutere dell’ultimo brano dei Bob, dello stile dei Dudes e dei Greengrocers, dell’esibizione dei Big Blue House o della longevità dei Rivelati, come a Liverpool parlavano dei Beatles e dei Cream e a Parma, nell’800, delle arie di Verdi… Il paragone può apparire esagerato (e lo è), ma la crescita culturale (vera) di una città si misura anche da queste cose. Soprattutto da queste. Ciò vale anche per il teatro, per i pittori, per i fotografi, per i libri… I grandi eventi come i festival gettano semi, servono a creare humus, ma sono i germogli e le pianticelle che nascono in loco il vero risultato.
Beh è senz’altro un punto di vista; però la patente di “normalità” che tu stesso neghi ai concittadini riottosi, potrebbe essere messa in discussione anche rispetto alla loro attitudine al voto (intendo chi costoro votano ormai a grande maggioranza e da diversi lustri). Anzi, se mi permetti, metterei le due cose in stretta correlazione. Quando abitavo allo Scalo, ho visto incoraggiare manifestazione di sottocultura devastante, degna della peggior Mediaset (che tanto si criticava invece di guardarsi prima addosso). E quando io stesso emi dimostravo contrario al troppo “rumore” non era per una crociata pregiudiziale contro la “vitalità” ma contro la cattiva qualità. Ora, lo stesso popolo non mi sorprende possa accogliere con scarso entusiasmo gruppi rock di ben altro livello qualitativo e “politico” a cui sono abituati. La Cultura è un processo lento…
Certo, ma se sabato 8 luglio, con il Lars Rock Fest ai giardini, un bar di Chiusi scalo, il più frequentato e di moda, propone una serata con la cover band di Ligabue, il probema non è la riottosità verso il rock di una certa qualità musicale e… ‘politica’, ma anche il segno di qualcos’altro. E non so se il titolare voti come la stragrande maggioranza del “popolo pecorone”. Ma non credo. Quindi quella ‘correlazione’cui accennavi non spiega tutto. Non basta a spiegare…
Tu avevi fatto un discorso generale e io ho replicato con un’argomentazione generale. Quella del Bar che tu citi mi pare, nel caso, la provocazione di un singolo; se poi non vota per la maggioranza, a maggior ragione.
Non credo si tratti di una provocazione, nè tantomeno di un atto politico di dissenso o presa di distanze dal potere costituito, quanto piuttosto di una coglionata bella e buona, segnale inequivocabile di ignoranza (nel senso di ignorare, in questo caso il calendaroo degli eventi) e di attenzione solo al proprio piccolo, piccolissimo e ristretto “particulare”, senza sapere e curarsi del resto. Se anche gli operatori più “trendy” scivolano in bucce di banana del genere, c’è da stare preoccupati… Tu dici “la cultura è un processo lento”. Qui diventa anche un percorso a ostacoli, oltre che lento…