TEATRO POVERO: DA MONTICCHIELLO UNA LEZIONE ALLA POLITICA CHE HA PERSO LA BUSSOLA…

MONTICCHIELLO – La prima volta che ho assistito ad uno spettacolo del Teatro Povero di Monticchiello era il 1975. Avevo appena finito il liceo a Montepulciano. Se non sbaglio lo spettacolo rievocava la battaglia del 6 aprile ’44 tra i partigiani e la popolazione a difesa del borgo e una guarnigione fascista… Il regista era ancora Arnaldo Della Giovampaola. Ne uscii impressionato ed emozionato. Un paese che mette in scena se stesso e con la propria memoria, per salvarla e tramandarla, si affida al teatro. Ma già quella prima volta mi sembrò una cosa del tutto diversa dai normali spettacoli delle filodrammatiche di paese, magari anche migliori sotto il profilo della recitazione, ma certamente non così dirompenti, come quello di Montichiello sul piano sociologico, culturale e politico. Mi sembrò già allora la trascrizione concreta di certi discorsi che facevamo sulla politica, sul recupero della memoria, sulle radici e sulla forza delle specificità dei territori, delle esperienze sociali e civili… Insomma mi sembrò la traduzione in termini appassionati e leggibili di certe pagine di “Rinascita” che allora divoravo con la certezza di trovarci l’indicazione della strada da seguire…
Da quella volta nel ’75 ne avrò visti almeno altri 20 di spettacoli del Teatro Povero. Forse più. Non tutti, certo, ma un buon numero. Non sempre mi sono piaciuti, qualche volta sono rimasto perplesso o deluso (quello sulle famigerate “villette” di una decina di anni fa, per esempio), ma gli spettacoli del Teatro Povero mi hanno sempre e comunque emozionato. Anche quelli che ho apprezzato di meno. Perché è sempre una emozione quella piazza che diventa palcoscenico e platea sotto le stelle. E la gente comune che prima incontri per strada, al bar e poi trovi sul palco a recitare e vedi che non sono facce da attori, ma facce vere, quindi il loro racconto vale doppio. A prescindere.
Ecco, ieri sera sono tornato a Monticchiello, a vedere “Notte d’attesa”. Lo spettacolo dei 50 anni del Teatro Povero. Un evento nell’evento. E in effetti mi è sembrato che nella piece di quest’anno ci siano dentro tutti quei 50 anni, tutto ciò che il Teatro Povero in mezzo secolo ha raccontato. Anche stavolta, forse anche più di altre volte, la recitazione mi è sembrata un po’ sotto lo standard, un po’ forzata, il linguaggio a tratti troppo forbito, troppo elaborato, poco adatto ad attori non professionisti e neanche dilettanti, tanto da far risultare i dialoghi un po’ scolastici… Ma la riflessione che il regista Andrea Cresti e la sua gente di Monticchiello hanno voluto proporre è una riflessione serissima, profonda, resa peraltro con una certa leggerezza, senza saccenteria, senza la presunzione di dare risposte definitive, soluzioni certe.
Nella Notte d’attesa c’è l’autodramma degli abitanti di un borgo che sta perdendo la sua identità, la sua specificità, come tanti altri, e questo è tema ricorrente, fin dai primordi per il Teatro Povero, ma c’è anche l’angoscia per una globalizzazione che alla fine è una fregatura, c’è la lotta tra il nuovo che avanza (e non si sa però se è buono) e il vecchio (che sicuramente è buono, ma non basta più) che resiste… C’è l’angoscia per un nemico che non si conosce, non si vede, che può arrivare ad assediare le mura del borgo, ma può anche essere già dentro le mura, in mezzo a noi… C’è la domanda se il nemico sia vero oppure no e magari sia un’invenzione che serve a tenere unita la comunità… E c’è la consapevolezza drammatica, ma seria e ragionevole di non avere la ricetta magica, né una cometa a indicare la direzione da seguire…
Alla fine platea in piedi e applausi lunghi e convinti. Anche a chi la propria battuta non l’ha detta proprio benissimo… Perché Monticchiello è anche questo. E’ teatro di memoria, teatro di riflessione, non è solo una prova attoriale o un modo per passare una bella serata al chiaro di luna… E se le riflessioni che emergono da Notte d’Attesa, e quindi dal lavoro di Andrea Cresti e della compagnia del Teatro Povero le avessero fatte e le facessero anche i politici, i ministri, gli amministratori locali, certi commentatori, se certe domande cominciassero a porsele anche loro, forse non saremmo nella nebbia (o nel mare di merda) in cui ci troviamo a navigare, senza neanche una bussola a cui affidarsi… In questo senso lo spettacolo 2016 del Teatro Povero è una lezione alla politica che la bussola l’ha gettata via o l’ha scambiata con qualche lustrino.
Lo spettacolo va in scena tutte le sere, tranne il lunedì, fino al 14 agosto. Vale sicuramente la pena.
Marco Lorenzoni
Ci vado sabato!
Le rappresentazioni del Teatro Povero di Monticchiello possono piacere o non piacere. Il giudizio da spettatore si pone ovviamente nel contesto della rappresentazione teatrale. Tuttavia se si da un altro genere di valenza a quelle rappresentazioni ci si rende conto che non sono altro che le reali trasposizioni teatrali della vita di una comunità di oltre 200 anime in un borgo medievale alle prese con i profondi cambiamenti epocali.
Anche se Monticchiello è una frazione di Pienza, che forse proprio grazie al Teatro riesce a mantenere una propria identità di comunità, mi viene da pensare a come potrebbero rappresentare le vicissitudini connesse alle demenze politiche-amministrative come quelle sulle “fusioni”. Sarei proprio curioso di vedere, rappresentato in quella piazza, il politico di turno che giustifica una fusione tra comuni che comprende il centro più rinomato e di maggiore importanza artistica di tutta la Val d’Orcia: PIENZA, un paese che ha meno di 5000 abitanti e che secondo qualche “illuminato” politico, da farsa teatrale, andrebbe cancellato o annesso ad altro Comune.
il teatro sotto le stesse , il palcoscenico aperto alla piazza sono un grande vantaggio di magia e conetstualizzazione al tempo stesso. I monticchiellesi gli danno la vita rappresentando le emozioni profonde dei nostri tempi. E’ un esperienza grande quella di MOnticchiello e tutte le volte che ci torno la sento un esperienza forte vigorosa e unica.
Ho lavorato 10 anni per crescere una nuova comunità di attori e i risultati sono stati sotto gli occhi di tutti anche se poi questo sforzo è stato vanificato da chi temeva di perdere il proprio potere. Di fatto questa nuova generazione è stata ostracizzata così come avvenne a quella precedente. In più – proprio a partire da quello spettacolo sull’Ecomostro che citavi – tante cose si sono complicate e non tutte per il meglio. Monticchiello è un posto meraviglioso, con abitanti veri e sanguigni, ma purtroppo non è esente dai problemi che attraversano sempre una creazione artistica e una compagnia. Forse, dopo 50 anni, sarebbe arrivato il momento di provare a cambiare qualcosa.