UN CIPPO ALLA MEMORIA DEI PARTIGIANI SULLA CIMA DEL PAUSILLO

PACIANO – Ieri mattina, domenica 5 luglio, nonostante il caldo asfissiante, un buon numero di persone si è ritrovato sulla sommità del Monte Pausillo, per fortuna ricoperta da abbondante vegetazione e quindi ombreggiata. L’occasione era l’inaugurazione di un “cippo” a ricordo della Brigata partigiana Risorgimento.
“Su questo monte, nei giorni bui della Patria, uomini coraggiosi combatterono per la giustizia e la libertà d’Italia”. Così si legge sulla targa metallica posta sulla stele voluta dall’Anpi del Trasimeno e da un gruppo di giovani pacianesi, per i quali, evidentemente i valori della Resistenza e dell’antifascismo non devono andare perduti, né dimenticati. Oltre ai promotori e ad alcuni partigiani ancora in vita come il perugino Francesco Innamorati, alle rappresentanze dell’Anpi anche della vicina Toscana, dei sindaci di Paciano e Città della Pieve, erano presenti anche i militari dell’Arma dei Carabinieri, il parroco e la Banda musicale di Paciano, i Vigili del Fuoco e altre associazioni.
“Questi – ha detto Riccardo Bardelli, sindaco di Paciano – sono luoghi bellissimi, custodi della nostra storia, che vanno valorizzati e tutelati. Per l’occasione volontari hanno rimesso a nuovo gli arredi che dei vandali avevano distrutto. Mi auguro che chiunque venga qua, anche solo per un momento ricreativo all’aria aperta, possa, vedendo questo cippo, riflettere su quella storia da cui ha avuto origine la nostra democrazia”.
Sì, perché è proprio nei boschi del Pausillo che i partigiani della Brigata Risorgimento, che erano per lo più contadini, operai moianesi, pievesi, pacianesi, militari sbandati dopo l’8 settembre e giovani renitenti alla leva, che preferirono darsi alla macchia coi partigiani piuttosto che rispondere alla “chiamata” della Repubblica Sociale, operarono nei 100 giorni che precedettero la liberazione del territorio avvenuta tra il 19 e il 30 giugno del ’44.
E’ stata una storia breve, quella dei partigiani della Risorgimento ma comunque importante. Non tanto e non solo per le azioni militari e di sabotaggio che compirono per ritardare e ostacolare i movimenti delle truppe tedesche e fasciste e, nella fase finale del passaggio del Fronte, anche per aiutare gli alleati, facendo sostanzialmente da guida in un territorio che essi non conoscevano. Fu importante soprattutto per il dopo. Per la formazione politica della classe dirigente che dopo la Liberazione dovette sgombrare le macerie e ricostruire il tessuto sociale e civile devastato dalla guerra e da 20 anni di fascismo. Sul piano strettamente militare la Resistenza, nella zona del Pausillo ci fu, ma fu oggettivamente poca cosa: un’azione di guerriglia nel bosco del Fornello, tra Moiano e Piegaro, qualche azione isolata per disarmate qualche pattuglia germanica o qualche caserma. Ma i partigiani erano parecchi, più di 200, segno questo che la “meglio gioventù” locale (la maggior parte di loro aveva 20 anni, poco più o poco meno) aveva fatto una scelta di campo, non scontata, pericolosa, che poteva costare anche la vita. Molti erano comunisti. Ma non tutti. E una mano ai combattenti la diedero anche anche qualche carabiniere e qualche prete e soprattutto i contadini, gli artigiani, le famiglie di Paciano, di Moiano, di Piegaro che fornirono viveri, protezione, copertura, alloggio. O magari una bicicletta, un carro, una moto…
La guerra della Brigata Risorgimento, dicevamo, durò abbastanza poco: si costituì solo nel mese di marzo del ’44. Tre mesi dopo la guerra finì. Sul Monte Amiata, in Valdorcia e in altre zone della stessa Umbria alcune brigate e distaccamenti partigiani si erano formati nell’autunno inverno del ’43. Ma questo non significa che quella storia, quell’esempio non debbano essere ricordati. Anzi. Hanno fatto benissimo i ragazzi di Paciano e l’Anpi a piazzare quel cippo a futura memoria.
Se mai, a settanta anni di distanza, si può guardare quel periodo con occhi e animo scevri della retorica e dalla agiografia che se hanno avuto una ragion d’essere nel passato, oggi non ce l’hanno più.
La giornata si era aperta al cimitero di San Donato-Moiano con una commemorazione di Solismo Sacco, il comandante politico della Brigata Risorgimento, perseguitato politico sotto il fascismo. La sua figura è stata ricordata dal nipote Carlo Sacco, custode di un immenso archivio fotografico e documentale, ricco peraltro di documenti e testimonianze dello zio partigiano e della stessa Brigata Risorgimento.
m.l.
Una ricerca che meriterebbe essere fatta sulla Risorgimento è quella sul riconoscimento delle brigate partigiane tenutosi nel 1946 a Perugia dove rimestatori di ogni specie sovvertirono le relazioni presentate e misero ”il sottosopra” nei vari documenti e relazioni scritte, facendocene entrare certe e mettendo da parte altre.Solismo sacco nel suo libro”Storia della resistenza nella Zona Sud-Ovest Trasimeno” traccia una breve relazione su tali avvenimenti facendo anche i nomi sui quali io stesso pochi anni fa sono addivenuto a determinare verità parziali ed oscure,ricercando anche notizie su certi personaggi all’Istituto storico della resistenza in Toscana di Firenze, ma tali documenti risultano introvabili, scomparsi poichè nascondevano storie probabili di spionaggio di persone che si erano
spacciate per partigiani mentre da documentazioni ritrovate riguardanti la cittadina di Cascina in Provincia di Pisa erano membri dello spinaggio anglo-americano sedicenti facenti parte di cotrpi diplomatici accreditati in Vaticano.Nella ricostruzione storica che deve per sua natura essere equidistante e si deve basare su fatti concreti sarebbe sembre necessario chiedersi alla fine di collocazioni fatte intorno alle persone ”cui prodest”. Si scoprirebbero allora molte ragioni non rivelate e tenute segrete sempre dalle cosiddette ”ragion di stato”.Tutto questo è avvenuto sia da una parte sia dall’altra degli schieramenti politici che si fronteggiavano durante il passaggio del fronte e nell’immediato dopoguerra anche nel nostro territorio..
La Storia la scrivono i vincitori. E in questo territorio i vincitori furono gli inglesi e gli altri eserciti del Commonwealth (sudafricani, indiani ecc.) che pagarono anche un alto contributo in vite umane. Ed è noto che gli inglesi, pur non disdegnando il contributo dei partigiani, più quello logistico che quello militare, visto che le armi non le fornirono mai, dopo la Liberazione tentarono in ogni modo di neutralizzare la leadership comunista della Resistenza. Avevano liberato l’Italia dal Fascismo e dall’occupazione nazista, ma non volevano che il Paese “cadesse in mano ai comunisti”. E quasi certamente gli episodi a cui ti riferisci, rispondevano a questa logica. Probabilmente, nella zona del Trasimeno-Pievese, visto che la resistenza operò per un tempo breve (100 giorni) e con poche azioni belliche, non gli fu nemmeno troppo difficile. Che abbiano pure cambiato qualche carta in tavola, utilizzando figure ambigue, spie e mestatori è altamente probabile. Il fine giustifica i mezzi, dicono..
Chi volesse per curiosità andarsi a leggere tale vicenda a cui faccio riferimento può consultare il libro ”Storia della Resistenza nella Zona Sud-Ovest Trasimeno” di Solismo Sacco alle pag.144- 145-146-147 oppure per leggere i risultati parziali della ricerca da me effettuata che potrebbe anche essere sul piano storico” sconvolgente” andare sul sito http://www.thefaceofasia.org e cliccare la cartella della la Brigata Risorgimento e scorrere le pagine fino alla pag. 18/27. Quella pagina che ho fotocopiato è su Google quindi quella storia non è passibile di rimaneggiamenti di parte ed affidabile sul piano della verità oggettiva.E’ una ricerca che ho fatto per dimostrare che l’intuito di mio Solismo Sacco fu decisivo nella valutazione dei personaggi con cui si era trovato a che fare.Di tantissime -credo- di queste vicende è piena la nostra storia.Per comprederla veramente io credo occorra inquadrarla nelle vicissitudini dei contesti geo-politici che si andavano formando, ma spesso quello che dà origine al risentimento è il fatto che forze potenti e coperte hanno operato nell’ombra, sopra le teste di singole persone, persone comuni come lo era mio zio e che hanno piegato le vicissitudini alle logiche dei massimi sistemi affinchè non si affermasse il meccanismo di una democrazia vera ma che tutto alla fine di democratico per tanti aspetti avesse solo una parvenza.Era quello stato che crollato si ricostituiva sotto altre forme, ma sulla stessa sostanza.Quello Stato che a scuola non ci hanno fatto studiare in tal modo, perchè la storia appunto la fanno i vincitori. A tale proposito mi piace citare quello che ho riportato sulla mia postfazione del libro di Janet Dethik ”La battaglia dimenticata” a pag.285-286 citando le parole di Vittorio Meoni ”introduzione ad una vittoria partigiana” che secondo me è la più esplicativa e concisa di tutte sul tema della ricostituzione dello stato nel nostro dopoguerra:Eccola: ” Una classe dirigente europea,formata dagli esponenti dell’alta finanza,dalla grande industria,dall’aristocrazia agraria e dalle logge massoniche internazionali,la quale ha servito magari con disgusto il fascismo ed il nazismo,nell’imminenza della disfatta,ormai convinta che sia inevitabile, cerca le vie della salvezza,scaricandosi di responsabilit e di errori,con atti gratuiti di solidarietà e di tolleranza.Non a favore,s’intende,di operai, contadini o piccoli borghesi sprovveduti, ma a favore di coloro che domani potranno contare, e con i quali domani sarà possibile ritessere, sotto qualunque governo ed in nome di qualunque bandiera, le tele di una supremazia, appunto,”di classe”. E così è stato, con tutte le più diverse sfumature,con tutte le più diverse peculiarità,sotto l’egida delle innegabili libertà individuali-represse anche nel sangue quando ” scantonavano”, ma così innegabilmente è stato. Carlo Sacco.
Ricordo con simpatia e affetto la figura elegante e decisa di Solismo Sacco quando veniva alle riunioni nella Sezione P.C.I. di Chiusi Scalo. Sempre con la cravatta, ascoltava con attenzione e poi interveniva sempre con precisione e senso della misura. Nonostante la differenze di età, era uno dei pochi grandi che meglio sapeva rapportarsi con il nostro gruppo di giovani della F.G.C.I. Mi colpiva il suo guardare avanti, senza glorificarsi troppo del suo passato “importante” durante la Resistenza. Un saluto caro al nipote Carlo che ne custodisce la memoria.
Grazie Lele del tuo preciso ricordo di Solismo, io come nipote forse ho un po’ ”sdirazzato” per certi aspetti, ma quella ”precisione”a cui fai riferimento era sia caratteriale(io l’ho conosciuto sempre così)ma credo di poetr dire che maggiormente era dovuta alla sua formazione in quei periodi difficili sia prima, sia durante, sia dopo il fascismo.Una formazione per la quale ilm principio di dover contare solo sulle proprie forze era prevalente se volevi resistere.Nel 1919 fondò il circolo giovanile socialista a Moiano, poi divenne comunista ”terzino”(riferendosi alla terza internazionale) nel 1924 a fascismo ormai affermato, quando nella sinistra ci fu la crisi per opporsi al fascismo.Ricordo che quel suo carattere che diversi mal sopportavano anche in sezione, lo portava ad ascoltare tutti nelle riunioni, poi verso mezzanotte interveniva da ultimo e la gente era ”ormai lessa”.Anch’io nel tempo ho discusso molto con lui, per anni fino a fare giorno,(forse si rileva anche dai miei prolissi scritti su primapagina…) anche contestandolo sui grandi temi del socialismo e della sinistra ma mai ho sentito la noia od il rifiuto della sua visione del mondo, ben sapendo che era uno che veniva da lontano: aveva l’età della ragione già parecchio prima della 1° guerra mondiale, poi aveva vissuto il ventennio fascista da perseguitato e poi aveva vissuto la seconda guerra mondiale ed il dopoguerra fino all’avvento del PDS, DS e PD.Si è spento in totale lucidità poichè 2 giorni prima della sua fine ci parlavo in francese e mi rispondeva in francese dal suo letto.Ho letto un breve(mica tanto….)discorso che mi son sentito di fare durante la commemorazione dell’ANPI a Moiano davanti alla sua tomba e se t’interessa e se mi dai la tua mail te lo invio per suo ricordo.La mia è carlosaccophot@alice.it Un caro saluto .Carlo.