LE ELEZIONI E LE PIAZZE PER GAZA: PERCHE’ LA GENTE MANIFESTA MA NON VOTA
Poco più del 40% di affluenza alle urne, 16 punti di vantaggio per il candidato del centro destra su quello del “campo largo” del centro sinistra. Il primo era il chiacchierato Occhiuto, dimessosi per motivi giudiziari e poi ricandidato (si mormora che abbia fatto tutto lui, per farsi ricandidare dati i tempi stretti), il secondo il presentabilissimo Tridico, già presidente dell’Inps, M5s, calabrese di origine, ma forse – anzi, senza forse – del tutto scollegato dalla situazione della Calabria. E infatti mentre i sondaggi lo davano dietro di 8 punti e in ripresa, le urne gli hanno recapitato un -16 impietoso. Una debacle che fa il paio con quella che il campo largo ha subito nelle Marche due settimane fa.
Molti commentatori, sui social e in Tv scomodano una famosa frase di Pietro Nenni, quando era segretario del Psi: piazze piene, urne vuote. Allora Nenni si riferiva al fatto che Pci e Psi riempivano le piazze con scioperi e manifestazioni, poi alle elezioni vinceva sempre la Dc. Adesso il riferimento è alle manifestazioni di questi giorni e di queste settimane per Gaza e per la Flotilla. Manifestazioni oceaniche, in tutte le città e anche in molte cittadine medio piccole e paesi al nord, al centro, al sud. Comprese le Marche e la Calabria. Come mai quel “movimento” che non si vedeva da almeno 30 anni, non si è tradotto e non si traduce in voti, per le forze politiche che in qualche misura lo appoggiano?
Il motivo è abbastanza semplice. Il movimento proPal, al di là di ciò che può apparire o che i Media mainstream raccontano, non è affatto una proiezione dei partiti di opposizione Pd, M5S, Avs ecc. E neanche della Cgil, che si è decisa a fare lo sciopero generale dopo le 80 e passa manifestazioni del 22 settembre convocate dai Cobas. Senza quello scossone probabilmente Landini non lo avrebbe fatto. E anche lo sciopero generale del 3 ottobre non era indetto solo dalla Cgil, ma anche da USB, di cui nessuno parla e che probabilmente ha rappresentato la parte maggioritaria dei cortei. Cortei nei quali si sono rivisti, dopo tanto tempo, anche i giovani e i giovanissimi, gli studenti delle scuole superiori.
E gli studenti sono un corpo del tutto estraneo alla politica dei politici. Quelli che hanno l’età per votare (18-19 anni) e anche i loro amici più grandicelli (20-25) sono una fetta assai consistente del “non voto”, soprattutto alle amministrative. Possono avere come modello Greta Thunberg, non certo Elly Schlein, Conte o Fratoianni e consorte. Dei leaders del centro sinistra conoscono a malapena il nome. Forse. Non è detto. Sono scesi in piazza convinti per la Flotilla perché la Flotilla era un “atto concreto”, una “azione umana” prima ancora che umanitaria, contro un genocidio, possono farlo per questioni ambientali, ma sono generalmente schifati o del tutto avulsi dalle fumosità e dalle ambiguità della politica, anche quella della sinistra che ha balbettato sulla guerra e sul riarmo ed è vista non come una alternativa reale e credibile, ma al massimo come la faccia meno sporca della stessa medaglia.
Tra pochi giorni, domenica 12 e lunedì 13 si voterà in Toscana: i sondaggi danno in vantaggio Eugenio Giani del centro sinistra su Alessandro Tomasi del centro destra. I giovani e i giovanissimi andranno a votare? Anche in questo caso non è detto. La campagna elettorale è filata via quasi impercettibile Iniziative pochissime e quasi tutte sottotraccia. In Valdichiana e dintorni, al di là delle strette di mano e delle “comparsate” di Stefano Scaramelli, presente ovunque, anche alla partita della Pianese di cui, probabilmente, prima ignorava l’esistenza e la categoria, si è visto qua e là l’assessore uscente alla sanità Bezzini, che però ha incontrato quasi esclusivamente pensionati e associazioni del volontariato e operatori sanitari, sempre o quasi in ambienti circoscritti, protetti, settoriali. Per il resto il nulla cosmico. La destra ha mandato avanti senza troppi clamori la faccia presentabile dell’ex sindaco di Chianciano Marchetti; la lista antagonista Toscana Rossa di Emanuela Bundu non pervenuta. Neanche mezzo manifesto. Neanche un gazebo.
Ai giovani e giovanissimi non ha parlato nessuno, neanche en passant. Chi dovrebbero votare i 18-20 enni? Ma anche i 30-40enni appaiono piuttosto spaesati, nonostante figure come Elly Schlein o Elisabetta Piccolotti o lo stesso Tomasi del centro destra per esempio siano più o meno della stessa fascia di età…
Per quanto riguarda le elezioni regionali, c’è anche un altro problemino. Le Regioni non sono percepite come enti locali utili e vicini ai cittadini, ma come uno stipendificio facile per miracolati dalla politica, 15 mila euro al mese per fare poco o niente per i territori, insomma solo come centri di potere – fittizio, perché nella realtà i consiglieri regionali non hanno grandi possibilità di incidere sulle questioni concrete – e macchine per fare carriere e sistemarsi per la vita creando sacche di consenso interessato alle prebende, non all’idea.
Il “non voto” dipende anche da questo. E non basta presentare candidati rispettabili e presentabili, le dinamiche elettorali rispondono ad altre logiche, hanno poco a che vedere con le capacità o l’onestà dei candidati (altrimenti in Calabria avrebbe vinto Tridico) e spesso, quasi sempre, anche le candidature vengono decise secondo logiche che hanno poco a che vedere con le virtù, e molto di più con l’obbedienza. Ma come ebbe a scrivere Don Lorenzo Milani, l’obbedienza non è una virtù.
Cercare di fare equazioni semplicistiche tra le piazze pro Gaza e le elezioni regionali a macchia di leopardo può risultare un esercizio non solo poco utile a comprendere ciò che avviene, ma anche dannoso, perché le due cose non sono sovrapponibili. E – come già detto – non sono sovrapponibili nemmeno il movimento pro Pal oceanico e il “campo largo” del centro sinistra. Il movimento è spontaneo, dal basso, è molto più largo del campo largo e quest’ultimo non può pensare di metterci il cappello.
Così come è sbagliato e fuorviante puntare i riflettori sulle frange assolutamente minoritarie, marginali e isolate dagli stessi manifestanti, che in qualche corteo hanno inneggiato ad Hamas, al 7 ottobre o hanno sfasciato qualche vetrata. Il governo e la destra, anche quella che si agita sui social e basta, hanno giocato molto su questi episodi cercando di criminalizzare, sminuire e denigrare non solo gli equipaggi della Flotilla, lo sciopero come forma di lotta e di pressione, tutto il movimento che ha visto in piazza milioni di persone, a più riprese, giorno dopo giorno. E che continuerà. Fanno i gradassi perché nonostante questo hanno vinto in due regioni, ma sono nervosi i ministri e i caporali meloniani, perché hanno capito che quei milioni in piazza non erano in piazza contro di loro (molti nemici, molto onore), ma contro cose più serie e più importanti.
m.l.










Si tutto vero quando hai detto che ” sono in piazza per cose più serie e più imporanti” ma tu m’insegni che se tutto questo non ha dietro un partito o degli intenti che organizzano questi movimenti è difficile contare sullo spontaneismo purchè questo sia degno di attenzione, ma alla fin fine occorre pensare alle modalità con le quali gli intenti diventino fatti e cioè che si ripercuotano in maniera fattiva sul sistema. Se non c’è una guida, tale forza della quale temono i nostri governanti attuali ma anche quelli passati, per i compiti che la loro funzione non stà assolvendo, a chi si affida questo ”fiume ? ”. I partiti come li conosciamo oggi non sono attendibili per le questioni che hai citato e delle quali sono d’accordo con te ma allora come si fa a cambiare le cose, ci si affida alla piazza ? No senz’altro, ma ci si dovrebbe affidare alla partecipazione critica che sia costante,ma qual’è il contenitore entro il quale si scarica tale presenza ? Destra e sinistra perdono il loro significato ed allora s’ingrossa il mare che riceve il fiume, ed è il ”mare” che aumenta e che che dovrebbe invadere la terra ferma dei partiti. Ma come ? Credo che non ci possa essere una soluzione a questo rebus senza che si vada verso una partecipazione della gente alla politica e cioè per dirlo in parole chiare alla partecipazione laddove si formano le istanze politiche e le decisioni politiche in una società democratica se questa si debba chiamare con tale nome e quando il tempo è costruito progressivamente in maniera che si arrivi alle soluzioni, allora dei risultati arrivano e degli scalini si salgono. Ed è la storia che ce lo conferma mentre vediamo intorno a noi che stà crollando quell’Europa dei mercanti e dei mercati che era stata costruita da quelle forze che tutt’ora regnano e remano per rinserragliarsi ancora di più nel ”fortino” e tirare su il ponte levatoio.E questo modo di fare, questa natura, queste prerogrative a lungo andare sono perdenti di fronte alla marea umana che esiste maanche a quella futura che se dilagasse potrebbe essere dirompente sia negli stati-nazione organizzati e che contano centinaia di milioni di persone alle quali il boccone di un avvenire migliore è suscitato e spinto dalla visione dell’ Europa come luogo dove si possa vivere in maniera migliore, con porzioni di democrazia nei confronti della quale quella contenuta negli altri paesi-anche se il sistema nostro si affanna a dirci che sia democrazia imperfetta ed autocrazia quella di tali paesi – non è per l’attualità minimamente paragonabile. E non è minimamente paragonabile per un fatto che non è più all’ordine del giorno nella critica politica ed è quello che una democrazia degna di questo nome non debba essere ”regalata” ma conquistata.La nostra di democrazie su tale discorso si trova a metà strada, poichè sappiamo tutti da cosa è stata prodotta la Costituzione che è stat il risultato del risveglio della dignità e sappiamo anche che la strada per percorrerla materialmente ci è stata data e resa possibile dall’intervento di altri ma non tanto per motivi umanitari e finalità di buonismo ma per far parte di un equilibrio sistemico che si contrapponeva a quell’altro sorto ad est e che era anch’esso risultato vincitore sul nazifascismo. C’è un però a questo punto, che è un però grande come una casa ed è quello che il sistema dove tutti siamo immersi non garantisce più a noi occidentali la supremazia sugli altri come l’ha sempre avuta e come è stato inteso anche dagli altri un punto di riferimento, un punto dove fosse degno vivere indipendentemente dalle cause di come si creava la ricchezza e di come si ripartiva all’interno dell’Occidente. Gli Stati Uniti d’America si stanno avviando -credo- verso una corsa alla guerra civile poichè quel sistema non regge più e mette a nudo le sue contraddizioni che non sono poche perchè vengono ai nodi le compressioni che ha prodotto nel mondo per anni con il suo sistema imperiale ed economomico, e scemando d’importanza e di riferimento sia con la moneta sia con il sistema industriale che si è cibato dei milioni di immagrati, vediamo che vengono alla luce le crepe, crepe sia sulla sua moneta che è stata per decenni la forza centrale dei mercati , sia sul suo debito pubblico e stiamo assistendo a motivi di resistenza al crollo quando ci si indirizza solo verso una meta : La Guerra, con priorità decisionali che solo gli USA possono decidere quando scatenarla anche per delega come succede con l’Ucraina e nel contempo riversare tonnellate di fake news nell’informazione mondiale che a tutto aspirano anzichè ad un percorso verso la pace. In pratica con tutto questo bel discorso volevo significare che ”SIA IL SISTEMA CHE PRODUCE TUTTO QUESTO DAI PUNTI DI VISTA IN PRIMIS ECONOMICI CHE’ POLITICI MA ANCHE MORALI E CON I SUOI SISTEMI DI ALLEANZE,DOVE ALL’INTERNO DI QUESTE TUTTO SI PREPARA E TUTTO SI INDIRIZZA VERSO QUELLO CHE E’ LO SCONTRO FINALE a me sembra che tutto questo porti sicuramente allo scontro finale. E questa volta lo scontro finale non è fra Stati Uniti e Russia, ma fra Occidente e Brics, non credo con flotte di aerei o carri armati o missili ( anche con questi se il momento lo richiede ma questo sarà solo per produrre qualcosa di più largo e più grande che sarà inarrestabile ) ma fra integrazioni di economie che di forza vedranno le conseguenze di economie e di popolazioni che si sormonteranno le une con le altre, rivoluzionando in gran parte i sistemi economici produttivi che sono stati alla base sia del nostro emisfero politico occidentale sia di quello di appartenenza ai Brics ma quasi senz’altro questo avverrà nel segno di un equilibrio mondiale e globale che in primis scuoterà ancorpiù il pianeta ma che nel tempo si stabilizzera e darà probabilmente origine a quello che potrebbe essere chamato ”sviluppo”,che sarà sempre di meno a senso unico fra i popoli perchè anche a forza vi sarà una forma inarrestabile di integrazioe fra gli stessi popoli che ancor oggi a sentire i soloni della destra non è minimamente ammissibile. E allora se ciò avverrà ritengo che sarà un qualcosa di scardinante per i paesi che ancora detengono il primato della tecnologia poichè al loro interno ci saranno spinte che li faranno pervenire al crollo del sistema impostato sull’imperialismo economico attuale e saranno coinvolgenti ed incrementanti lo sviluppo di sistemi che man mano sostituirano il sistema irrazionale che ha fatto la propria parte per rendere irrazionale il mondo e per disperdere le energie economiche delle nazioni. Dopo il crollo dell’URSS e la sua implosione, il sistema economico che è sopravvissuto ha conquistato interamente il mondo e siccome ancora chiamasi ”capitalismo” nella accezione della stessa parola con tutte le peculiarità che comporta,il sistema -e lo vediamo anche attualmente- sarà costretto a manovrare a seconda di ciò che ha potuto produrre nel mondo. E ciò che ha potuto produrre lo vediamo e lo subiamo anche noi, figuriamoci gli altri che adesso sono Brics ma ai quali si stanno aggiungendo anche altri. Quello che si possa escludere credo è che il sistema che viviamo abbandonerà la strategia globale in quanto tale. Essa rimarrà il filo conduttore della politica della più grande nazione che guida tale sistema : Gli Stati Uniti d’America. E questo avverrà continuamente come stà avvenendo finchè il paese non sarà ridotto allo stremo oppure si verificherà che il popolo americano non deciderà di averne abbastanza e passerà dalla parte di quel movimento che dicevamo prima. Il sottoscritto se lo augura, ma prima occorrerà eliminare il concetto della guerra da quell’orizzonte nel quale essa stessa si forma e che la vediamo esistere anche adesso per il grande grado esisstente sia nella conflittualità interna chè esterna verso il mondo dove il sistema imperiale cerca di resistere. E tutto questo – pensateci bene un momento – non è forse anche il pensiero di quel vituperato Karl Marx del quale il capitalismo ha amato tanto nelle ultime decadi la possibilità di metterlo in soffitta? Non è forse il concetto che il sistema economico capitalista produca i germi della sua autodistruzione che una volta erano gli operai delle catene della produzione industriale ma che lo stesso sviluppo interno dello stesso capitalismo ha cambiato in acritici consumatori non solo di prodotti ma anche di cose inutili e che oggi ritornanano prepotentemente spesso anche ad innalzare le mura che si contrappongono al cambiamento ? Attenzione , come l’ha concepito e realizzato il capitalismo quest’ultimo cambiamento ? La mia risposta per quello che possa contare è la seguente: con la falsa ”AUTONOMIA DELL’INDIVIDUALE” , che agisce sulle persone facendole estraniare dalla non più attendibile e produttiva lotta politica e sociale,alienando la sua mente ed indirizzandola verso lidi di valori e disvalori improduttivi. Ma pensiamo invece un momento che tutti i sistemi economici che sono esistiti non hanno mai variato le proprie peculiarità e finalità,nessun sistema sociale l’ha mai fatto e mai lo farà. A questo dovranno pensare le sue vittime ! L’alternativa ? : la fine dell’Umanità con la geurra e la contemporanea estinzione degli esseri umani. Saranno le persone intelligenti al punto di evitare tale abisso ? Sembrerebbero considerazione messianiche queste, ma oggi come oggi non lo sono, e lo vediamo con gli stermini che vengono perpetrati, organizzati scientificamente e politicamente e con ”i lavori portati a termine” a Gaza tanto per usare una frase di qualcuno, ma prima di Gaza, c’è un elenco interminabile di situazioni, di guerre, di stermini che il mondo ha visto passare, e se ci pensiamo bene prodotti tutti dal cuore del sistema,questo che ancora oggi ci fà ancora chiedere se in mezzo a quelle folle che si diceva prima ci siano più cittadini di destra oppure siano più quelli di sinistra….Ancora molta acqua dovrà passare sotto i ponti, ma anche se noi non ci saremo a quel momento l’importante è esserci oggi, perchè un vecchio saggio diceva sempre che” le montagne erano fatte di sassi e di rena e che ad ogni colpo di pala i sassi e la rena non potevano aumentare ma solo diminuire”( Da ”Come Yu Kung rimosse le montagne”).A conclusione di tale emblematico discorso vediamo ancor oggi -riscontrandolo nella politica internazionale dell’occidente- quale possa essere la differenza fra Oriente ed Occidente: L’occidente come entità pensante e valoriale nel suo divenire vuole e sacrifica tutto ” al tutto e subito”, l’ Oriente- nel qual caso la Cina- progetta a lunga distanza e non è interessata al tutto e subito, ma con quasi un miliardo e mezzo di persone amministrate si può permettere di attendere le generazioni future.Che poi sono quelle che probabilmente faranno pendere il nostro piatto della bilancia -giustamente dico io- verso di loro. Anche nel piccolo dei rapporti umani individuali la stessa teoria è confermata: ”non si può stare al mondo felici e stare da soli ”. O no ?
A me francamente pare che il nervosismo serpeggi più nel cosiddetto “campo largo”, che ne ha ben donde. La Toscana se la terrà solo perché è segnata in partenza (non si sa per quanto ancora), ma rispetto al costituire un’ alternativa si trova non lontano, ma al polo nord.