I DUBBI DI TRUMP SUI TOMAHAWKS ALL’UCRAINA E QUEL COLONNELLO SOVIETICO CHE NELL’83 SALVO’ IL MONDO DALLA GUERRA NUCLEARE

sabato 18th, ottobre 2025 / 16:41
I DUBBI DI TRUMP SUI TOMAHAWKS ALL’UCRAINA E QUEL COLONNELLO SOVIETICO CHE NELL’83 SALVO’ IL MONDO DALLA GUERRA NUCLEARE
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Il presidente Usa Donald Trump ha detto chiaramente a Zelensky che al momento non è intenzionato a fornire i missili Tomahawks all’Ucraina. Pare che l’incontro tra il number one americano e il suo omologo ucraino si sia concluso bruscamente. “Vediamo cosa succede la prossima settimana” avrebbe detto Trump a Zelensky, riferendosi probabilmente al faccia a faccia già fissato con Putin a Budapest. La questione dei micidiali missili Tomahawks a lungo raggio, che il leader dell’Ucraina vorrebbe dagli Usa per poter colpire la Russia in profondità, ma che potrebbero scatenare la reazione russa e quindi il conflitto globale nucleare, riporta alla memoria un fatto avvenuto il 26 settembre del 1983.

Quel giorno la guerra nucleare si sfiorò veramente. Molto più da vicino che nel 1961 per la storia dei missili a Cuba.

Fu solo sfiorata ed evitata solo per il sangue freddo di un uomo. Un ufficiale sovietico. Il suo nome è Stanislav Petrov. All’epoca era un ufficiale dell’Areonautica militare dell’Unione Sovietica.  Suo padre pilotava aerei da caccia durante la seconda guerra mondiale. Lui era assegnato alla Difesa antiaerea. Più precisamente all’organizzazione che sovrintendeva al nuovo sistema di allarme precoce che doveva rilevare i lanci di missili balistici da parte dei paesi NATO.

Intorno alla mezzanotte del 26 settembre 1983 il tenente colonnello Petrov, di stanza alla base militare sovietica Serpukhov-15 ove vengono analizzati i segnali dei satelliti Oko, adibiti alla localizzazione di missili nemici, è davanti ad uno schermo che rileva 5 missili intercontinentali con testate atomiche diretti verso l’URSS. Analizzando l’evento rilevato, contravvenendo ai protocolli, non comunicò la segnalazione ai superiori evitando così una immediata risposta sovietica.

Quell’allarme gli sembrò in qualche modo inattendibile. Ritenne infatti che, qualora gli Stati Uniti avessero voluto attaccare l’URSS con missili balistici a lungo raggio, non avrebbero usato solo 5 testate. Ma molte di più. Petrov dunque non attivò le procedure di difesa. Attese qualche secondo, poi qualche minuto, probabilmente con il cuore in gola. Attese il tempo che sarebbe servito a quei 5 missili Usa per colpire la Russia. Non fece squillare il famoso telefono rosso per attivare lo scudo difensivo e lanciare missili verso gli Usa o altri paesi Nato.

I missili americani non arrivarono a bersaglio, né furono intercettati. Semplicemente perché non esistevano. L’allerta era scattata infatti a causa dei riflessi del sole sulle nubi, cosa che avrebbe ingannato i satelliti sovietici di sentinella, i quali avevano codificato quei bagliori come lanci missilistici.

Ma se Petrov avesse attivato, come avrebbe dovuto fare, i protocolli di risposta, sarebbero partiti davvero missili sovietici verso gli Stati Uniti, scatenando la terza Guerra mondiale, stavolta nucleare. Se avesse rispettato gli ordini superiori avrebbe dovuto pigiare quel bottone. Non lo fece, si fidò più del suo intuito e della sua esperienza e di una ragionamento, che dell’allarme fatto scattare dal sistema satellitare di difesa. Si assunse una pesantissima responsabilità, decidendo di aspettare quegli interminabili secondi. Ebbe ragione. E per fortuna quella notte del 26 settembre 1983 c’era lui davanti a quello schermo e non un altro militare che avrebbe potuto essere più zelante e ligio ai protocolli. Capita raramente che l’uomo giusto si trovi nel posto giusto, al momento giusto. Ma può capitare.

L’episodio è rimasto “secretato”, come era nello stile dell’Urss,  fino al 1988, quando nell’era della “glasnost” di Gorbacev, un generale sovietico definì Stanislav Petrov “l’uomo che ha salvato l’umanità”.

In effetti con quella scelta di aspettare e non attivare la risposta, assumendosi la responsabilità del gesto, il tenente colonnello Petrov evitò lo scontro diretto Urss-Nato. Scelse la cautela di fronte ad un segnale dubbio, al posto del più comodo “alibi” dei protocolli e degli ordini superiori cui, da militare, avrebbe dovuto uniformarsi. La “ponderazione” umana in quel frangente ebbe la meglio sulla fredda analisi dei sistemi informatici di difesa. Nel 1983 Wladimir Putin era un funzionario del Kgb. Petrov, che era nato a Vladivostock nel 1939, è morto nel 2017 di polmonite. La sua storia è nota, ma non troppo. Non al grande pubblico. Era russo, anzi sovietico. Se fosse stato americano o inglese, avrebbe probabilmente la faccia scolpita sul monte Rushmore e il suo gesto si studierebbe a scuola.

Adesso che ogni giorno giornali e tv e anche esperti militari occidentali fanno a gara a chi vede più droni russi sui cieli della Polonia, della Scandinavia, dei Paesi baltici e del resto d’Europa, faremmo bene tutti a tenere a mente la “lezione” di Stanislav Petrov, tenente colonello dell’aeronautica sovietica, che nell’83 solo con un ragionamento elementare e un pizzico di cautela evitò al mondo la guerra nucleare.

m.l.

Nella foto (Culturificio.org): Stanislav Petrov nell’ultimo periodo della sua vita.

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