CHIUSI: EVENTI BOOM, PROBLEMI ANNOSI E QUALCHE FLOP. RIFLESSIONI A MARGINE DI UN’ESTATE CHE HA SEGNATO ALCUNI PASSI AVANTI
CHIUSI – L’estate è finita. E qualche bilancio si può fare. Per molti aspetti non è stata un’estate facile. I bar chiusi a ferragosto restano una istantanea impietosa. Le tombe etrusche ancora chiuse (dal 2020), anche quelle un’altra fotografia da spuntare con la matita blu. Il frecciarossa che non è stato “recuperato” e continua a passare senza fermarsi alla stazione è una terza magagna che è rimasta irrisolta. Le facciate di alcuni palazzi del centro storico (palazzi che sarebbero anche belli e prestigiosi, nel cuore del centro storico) che cadono a pezzi forniscono un’immagine non proprio edificante della città e del suo “stato di salute”, che appare subito quello di una città malata, deperita, piena di ecchimosi. Chiusi Scalo che da “motore pulsante” e primo “centro commerciale naturale” del comprensorio (lo era già negli anni ’20 del ‘900) si ritrova ad essere o quantomeno ad apparire come una sorta di mining town dismessa, dove non c’è più un bar aperto dopo le 20 e per incontrare una persona devi fare, se va bene, due giri del “triangolo” centrale, fa impressione a chi ci arriva, ma anche e soprattutto a chi ci vive e l’ha conosciuta in altri cenci…
Però… Però, nonostante tutto ciò, qualcosa, in senso opposto, positivo, quest’estate si è mosso. E crediamo che come vanno segnalate e denunciate le “magagne”, vadano registrati anche i segnali positivi:
1) Chiusi non vive di turismo, non registra le “folle oceaniche” e l’over tourism di Montepulciano, Cortona o Pienza, non ha il “movimento” che hanno Città della Pieve o Cetona. Ma quest’anno da aprile a settembre si sono visti certamente più turisti degli anni precedenti. Nel centro storico si cominciano a vedere famiglie, gruppi, coppie di visitatori anche per la strada, non solo ai musei. Le strutture ricettive – dicono – sono state quasi sempre al completo o quasi. A Chiusi Scalo, basta stare mezz’ora in piazza Garibaldi o davanti alla stazione per vedere le decine di turisti che arrivano con i trolley e vanno a noleggiare un’auto dalle varie agenzie presenti sulla piazza. Agenzie che noleggiano dalle 10 alle 20 auto al giorno ciascuna. E’ una processione. Ed è un buon segnale. Che tra l’altro dice pure che la stazione nonostante tutto funziona ed è ben servita.
2) Anche gli eventi hanno funzionato. Tutti o quasi tutti. Alcuni molto più che negli anni passati: il Lars Rock Fest si è confermato uno dei festival rock indipendenti e gratuiti tra i più rilevanti d’Italia, qualcuno dice addirittura d’Europa. Pubblico da grandi occasioni, musica di qualità (gratis) e organizzazione impeccabile, strutture ricettive sold out. Un bel giocattolo ormai rodato e molto seguito anche a livello mediatico.
I Ruzzi della Conca a Chiusi Scalo e la Festa dell’Uva e del Vino a Chiusi Città hanno registrato presenze mai viste prima. La serata sugli anni ’90 ai Ruzzi e il sabato della Festa dell’Uva sono, per numero di presenti, “cose mai viste”. Tra l’altro in entrambi i casi – come al Lars – con molta gente venuta da fuori, più da fuori Chiusi che da Chiusi. Cosa mai accaduta negli anni precedenti. Grande successo anche del pranzo domenicale alla festa dell’Uva, mai fatto negli anni precedenti, con centinaia e centinaia di “avventori”. Tra questi anche 400 visitatori arrivati con il Treno Natura, a vapore… Ottima iniziativa che ha unito tradizione, storia, ambiente e buona cucina… Una nota stonata? i gonfiabili in piazza del Comune. Quelli anche no. Almeno non proprio lì…
Hanno funzionato gli spettacoli all’aperto: quello sul martirio di Santa Mustiola, in piazza Duomo allestito da Fabrizio Nenci per i festeggiamenti patronali; ha funzionato il nostro reading La Bomba in piazza Garibaldi; e ha funzionato la commedia Babbo dammi ‘n soldo della Compagnia Teatro Popolare Sant’Angelo, presentata in piazza San Francesco. Hanno funzionato i corsi di teatro della Fondazione Orizzonti. Sono andati bene i Giovedì della Piazzetta ancora in piazza Garibaldi. Riscontri positivi per le mostre d’arte e le presentazioni di libri .
Se vogliamo cercare il pelo nell’uovo forse il Tria Turris è apparso un po’ sotto tono rispetto ad altre edizioni e ci si poteva aspettare di più, sul piano del riscontro di pubblico e critica, dal Festival Orizzonti, prima edizione firmata Roberto Latini, che non è andato male, ma neanche benissimo. Diciamo che è rimasto un po’ in sordina e vissuto come una cosa per pochi se non addirittura pochissimi. Avulsa dalla città e dalla popolazione. Ma qui crediamo abbia pesato, negativamente, la scelta dello stesso Latini di fornire poche informazioni sugli spettacoli e sugli artisti e di presentare un cartellone criptico e “a scatola chiusa”. Un festival che dura più di una settimana, con decine di eventi e non riesce a coinvolgere minimamente neanche dal punto di vista emotivo la cittadinanza o è un festival fuori contesto o è un festival sbagliato nelle premesse e nell’approccio, nonostante la qualità buona degli spettacoli e degli eventi. Per la prossima edizione, Roberto Latini, che è bravo, qualcosa dovrà rivedere. Non sempre è colpa del pubblico che non comprende. L’alterigia in questi casi serve a poco. Anzi…
Nonostante fosse “tarato” per lo più sulla letteratura e su autori per ragazzi e bambini da scuola dell’infanzia, lo ZIC Book Festival ha registrato comunque una buona partecipazione. Con un paio di “perle” sull’attualità (Gaza, le migrazioni, il pensiero critico). Per un festival letterario che è solo alla seconda edizione e può solo migliorare, non è un dato da poco.
Tra le feste popolari, quanto a riscontro e successo, meglio la Sagra della nana di Montallese e che la Festa de l’Unità, risultata un po’ dimessa e intristita e questo per la politica non è un buon segno. Ci sarebbe di che riflettere, volendo. Soprattutto da parte del Pd.
Questo il quadro. Adesso bisognerebbe sedersi e ragionare sulle criticità presenti e su come risolverle (il progetto Pop Up ha riacceso un po’ di luci, ha dimostrato che qualcosa si può fare, ma non è certo la soluzione), su come rivitalizzare ambienti desertificati, su come rimettere in piedi attività essenziali per l’accoglienza di chi arriva, ma anche per la quotidianità dei residenti: vedi i bar, i pub, ma anche i negozi di vicinato (in centro storico non c’è più un negozio di alimentari e prodotti per la casa, per esempio), bisognerebbe analizzare gli errori e i problemi che si sono verificati per evitare che si ripetano e analizzare anche i successi, per farne tesoro e metterli a frutto per il futuro, per moltiplicarne gli effetti positivi. Tutto ciò con la consapevolezza che poche “magagne”, qualche errore e alcune situazioni critiche possono inficiare e vanificare anche i successi e le cose che hanno dimostrato di funzionare.
Chiusi ancora non è fuori dal guado e dalle sabbie mobili in cui è caduta da una ventina d’anni a questa parte, ma l’estate appena finita ha lasciato sul campo sedimenti positivi. Si è attivato qualche circuito virtuoso e non solo spirali negative. La città ha dimostrato di avere ancora risorse vitali ed energie sommerse, capaci di performances significative. Il problema è che non fanno squadra. O faticano a fare squadra.
Ci si parla poco, a Chiusi, tra soggetti diversi, magari si condividono volentieri le strutture, ma ci si limita a quello, senza condividere anche progetti, idee, iniziative. Ognuno è geloso del proprio orticello, rigoglioso o asfittico che sia.
Spesso prevalgono piccole gelosie, rispetto all’empatia. Forse è un retaggio antico che deriva dagli Etruschi che parlavano una lingua non ancora decifrata del tutto, o dall’epoca medievale e rinascimentale quando le diffidenze, i tradimenti, i cambi di casacca, gli assedi erano pane quotidiano… E Chiusi ha subito assedi, devastazioni, distruzioni e passaggi epocali segnati dal declino, ne parla già Dante nel Canto XVI del Paradiso.
Tra qualche giorno, dal 5 ottobre a 30 novembre, a Chiusi si celebrerà Pietro Leopoldo d’Asburgo Lorena, che 260 anni fa, nel 1765, divenne Granduca di Toscana. Certo, fra i granduchi, Pietro Leopoldo è stato forse il più illuminato: realizzò la Bonifica della Valdichiana e della Maremma, tolse di mezzo la palude e la malaria, favorì una agricoltura innovativa e abolì la tortura e la pena di morte, primo stato al mondo a farlo. Ma a Chiusi quando si parla di Granduchi di Toscana il pensiero corre inevitabilmente all’assedio della città deciso da Cosimo I alla metà del ‘500, e tentato da Ascanio Della Corgna e Ridolfo Baglioni. Chiusi era baluardo della Repubblica di Siena quando Cosimo I decise che Siena e Chiusi dovevano essere cancellate dalla carta geografica. Scatenò una mezza guerra mondiale per prendere Chiusi. E, caduta la Repubblica di Siena, Cosimo divenne il primo Granduca di Toscana. Parlare di Granduchi a Chiusi è un po’ come parlare di corda in casa dell’impiccato.
E quella colonna con lo stemma mediceo piazzata nel cuore del centro storico da Francesco I, Magnus Dux Etruriae, figlio di Cosimo e altro granduca, non è mai stata amata dai chiusini che l’hanno sempre considerata un monito per far capire loro chi era il nuovo padrone.. C’ha pure una palla di meno e nessuno l’ha mai fatta ripristinare. Chissà perché? Pietro Leopoldo, va detto, è arrivato 200 anni dopo Cosimo I, ma sempre granduca era…
Celebrare va bene, ma la storia e le storie è bene raccontarle tutte e per intero. Sempre per quel discorso di non fare errori o scivoloni che possano inficiare anche le cose buone…
m.l.









