CHIUSI E UNO STRANO DIALETTO CHE TROVA ANALOGIE IN MAREMMA E IN LUCCHESIA PIU’ CHE IN VALDICHIANA

venerdì 24th, ottobre 2025 / 16:41
CHIUSI E UNO STRANO DIALETTO CHE TROVA ANALOGIE IN MAREMMA E IN LUCCHESIA PIU’ CHE IN VALDICHIANA
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CHIUSI – Il Comune di Chiusi ci fa sapere che mercoledì scorso, nella sala del consiglio comunale si è tenuto “un interessante incontro dedicato a un’approfondita indagine linguistica sui dialetti di confine tra Toscana, Umbria e Lazio“.
L’iniziativa, fa sapere ancora il comune, “rientra nel progetto del linguista e glottologo ed è stata condotta dal suo collaboratore Lorenzo Ballini, con la partecipazione della vicesindaca Valentina Frullini e di due chiusini doc Mauro Patrizi e Dino Lucioli, che hanno condiviso curiosità e sfumature del nostro parlato locale. Un lavoro prezioso che potrà contribuire, in futuro, a una migliore comprensione dell’area chianina senese e del suo naturale ‘incontro’ con la vicina zona umbra”.
Bene. Ci chiediamo se e come tale incontro sia stato pubblicizzato e se era prevista partecipazione di pubblico, perché non ne abbiamo visto traccia nei giorni precedenti.
Il tema poteva interessare anche qualche persona in più, oltre quelle che erano presenti (4) perché la lingua e i dialetti sono uno specchio “tangibile” di ciò che è una realtà territoriale e a Chiusi si parla un dialetto abbastanza particolare che meriterebbe a nostro avviso valutazioni approfondite, proprio per capire da dove deriva tale “parlata” e che tipo di “connesioni” abbia con altre di zone limitrofe e non solo.
A Chiusi si parla un dialetto che è chiaramente toscano, ma non è il classico dialetto toscano. A Chiusi non si aspira la c, per esempio, come avviene a Firenze, a Siena, o anche a Montalcino. A Chiusi si parla più o meno come a Montepulciano, a Chianciano, a Cetona, a Sarteano, a Torrita di Siena, ma non proprio uguale. E si parla in maniera diversa da Sinalunga che ha influssi aretini.
Anche il dialetto chiusino ha influssi esterni precisamente umbri e laziali, ma a Chiusi si parla diversamente da Città della Pieve (il dialetto umbro più vicino) e da Castiglione del Lago dove il dialetto locale mixa perugino, chiusino e aretino..
Ed è singolare che il dialetto chiusino trovi analogie forti e quasi totale identità, con quello di località non lontane, ma neanche vicinissime, certo meno vicine dei paesi della Valdichiana, come ad esempio alcuni comuni del grossetano, sia dell’Amiata (Santa Fiora, Castel del Piano e Arcidosso, dove si parla più come a Chiusi che come ad Abbadia San Salvatore o a Piancastagnaio), che della Maremma interna e della costa sud (Scansano, Manciano, Pitigliano, Sorano, Roccastrada, Capalbio) dove l’influenza senese è meno marcata rispetto allo stesso capoluogo Grosseto, o a Follonica, Castiglion della Pescaia, Massa Marittima.
Ed è singolare che il dialetto chiusino trovi corrispondenze, anche in alcuni termini specifici e particolari, addirittura più a nord, nell’area della lucchesia (Pietrasanta) e all’Isola d’Elba (Rio nell’Elba per esempio) o più a sud, in alcune zone dell’alto viterbese e della costa laziale (Montalto di Castro).
Reminiscenze dovute alla comune origine etrusca? Possibile. Ma è probabile che oltre l’antico ceppo comune, ci sia anche una questione legata all’appartenenza nel Medio Evo alla Repubblica di Siena, e poi a certi flussi migratori e ai lavori stagionali che portavano molte persone dalla Valdichiana alla Maremma e verso il mare e viceversa dalla Maremma verso Chiusi che è sempre stata un crocevia stradale e dalla metà dell’800 anche un approdo ferroviario rilevante nel centro Italia.
Certo, rimane un mistero il fatto che si parli diversamente tra Chiusi e Po’ Bandino o Moiano (rispettivamente 900 metti e 5 km di distanza) e si parli lo stesso dialetto a Chiusi e a Scansano (100 km). E che a Chiusi si parli come ad Arcidosso, ma non come ad Abbadia San Salvatore, che è nella stessa provincia. Ma è un mistero comune a molte realtà “di confine”.
Perché a Città della Pieve che fa parte della stessa diocesi di Perugia non si parla perugino? E nemmeno come a Paciano, a Piegaro o a Castiglione del Lago che sono ad un tiro di schioppo? E perché a Piazze che è una frazione di Cetona si parla un idioma diverso dal cetonese, dal chiusino, dal chianino in genere e anche dal pievese? Oppure, perché in Valdorcia, nel cuore delle terre di Siena non si parla come nelle Crete, poco distanti, e nemmeno come a Trequanda, Rapolano o Sinalunga?
Si dice che il miglior italiano si parli nella zona di Pienza-San Quirico d’Orcia. E forse è vero. Il Teatro Povero di Monticchiello (comune di Pienza) offre un paradigma abbastanza illuminante in tal senso. E si dice che il dialetto toscano con meno inflessioni toscane o toscaneggianti sia quello della zona di Chiusi che forse però è anche il più “contaminato” da quello del “romano” che fino all’Unità d’Italia era lì a due passi.
C’è un detto popolare che dice “parla come mangi”. Bene, a Chiusi si parla forse un po’ ibrido, ma si mangia toscano e soprattutto si mangia come in Maremma e sulle pendici dell’Amiata, con analogie pari a quelle del dialetto. Magari la “ribollita” viene chiamata “minestra di pane”, ma questo è un dettaglio.
m.l.
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