L’ITALIA INTERA FA SCIOPERO GENERALE. E LA NOTIZIA E’ L’IMPONENZA DELLE MANIFESTAZIONI, NON GLI SCONTRI DI MILANO
Era scontato. Perché è sempre successo. E infatti è successo anche questa volta: a fronte di uno sciopero generale, che è stato davvero generale ed è stato accompagnato non da una, due o tre manifestazioni nelle città più importanti o significative per qualche particolare situazione, ma da più di 80 manifestazioni in contemporanea, in tutta Italia, mobilitando milioni di persone, la stampa mainstream, le Tv, i partiti di destra hanno visto solo gli scontri e le vetrine fracassate alla stazione centrale di Milano. Non a caso ieri il Tg1 delle ore 13,00 parlava dei ritardi dei treni e dei disagi, non della straordinaria partecipazione ai cortei.
I manifestanti hanno occupato anche altre stazioni, come a Napoli e a Roma, hanno bloccato strade e autostrade, tangenziali, zone industriali. E non è successo niente. Anzi in molti casi gli automobilisti rimasti bloccati non inveivano, ma applaudivano e salutavano gli scioperanti, solidarizzando con loro. Alzando il pugno chiuso, gridando “Palestina libera!” D’altra parte la parola d’ordine dello sciopero generale indetto dai sindacati di base (non dalla Cgil che ha preferito fare uno scioperino di 4 ore, venerdì scorso, né dagli altri sindacati confederali che non hanno fatto nemmeno quello) era “Blocchiamo tutto!”
Non era solo una manifestazione pacifista. Ma un richiamo ad agire. Ad alzare il livello della protesta per fermare il genocidio dei palestinesi a Gaza e in Cisgordania. Ed èstato il più grande, compatto, diffuso sciopero generale politico, da tempi immemorabili. Forse da quello proclamato da Cgil-Cisl e Uil dopo il rapimento di Aldo Moro. Ed è stato anche uno schiaffo alla politica troppo paludata, ai sindacati troppo timorosi. E’ stato un messaggio chiaro e forte alla Cgil: c’è un mondo vasto che chiede voce, ascolto e rappresentanza.
Non sono i soliti “antagonisti”, gli anarco-inserruzionalisti, i “facinorosi” che ogni volta colgono l’occasione per spaccare le vetrine e fare casino. Ieri a cercare di occupare la stazione centrale di Milano c’erano migliaia e migliaia di persone. Come a Napoli, come a Roma e in tante altre città. Per lo più giovani, ma non solo. I giovani sono incazzati per ciò che sta succedendo a Gaza, certamente, per i silenzi, le titubanze della politica, anche della sinistra sul genocidio in corso, e sono però incazzati anche perché studiare costa, abitare costa, mangiare costa e così via. Ieri è andata in scena una grande protesta per Gaza e allo stesso tempo un ritorno di fiamma della lotta di classe.
E siccome Milano è un po’ il fulcro di ciò che sucede in Italia a Milano qualcuno ha madato la Polizia a fermare il fiume in piena. E solo a Milano ci son stati scontri e momenti di guerriglia. Il nostro amico e collaboratore Alessandro Lanzani si è beccato un candelotto in faccia. Per fortuna senza gravi conseguenze. Ci eravamo sentiti pochi minuti prima, per telefono, ci stavamo dicendo che i media avrebbero parlato dei disagi, dei ritardi e dei tafferugli, cioè delle conchiglie che sarebbero rimaste sulla spiaggia, non della marea… Così è stato, e molti commenti sui social confermano che la propaganda funziona e la gente abbocca. Non tutta ovviamente, ma molta sì. La notizia vera però – va detto con chiarezza – è il numero dei cortei, l’imponenza delle manifestazioni, la grande partecipazione non solo dei lavoratori in sciopero, ma anche dei giovani, dei pensionati, non gli scontri di Milano… Chi punta i microfoni e i riflettori solo su quelli o principalmente su quelli mente sapendo di mentire e fa un gioco sporco.
Sembra che si sia smarrito anche il senso delle parole. Quella di ieri era “sciopero”. E sciopero non è semplicemnete un corteo. Lo sciopero è un’arma, legittima, che hanno in mano i lavoratori per farsi ascoltare, per far valere le proprie ragioni. E lo sciopero si fa per «danneggiare la produzione o lo svolgimento di pubblici servizi, esercitando anche una forte pressione sull’opinione pubblica, spesso senza preavviso, con modalità tali da colpire soggetti terzi non direttamente coinvolti». Tra gli obiettivi dichiarati dagli organizzatori delle manifestazioni di ieri c’era proprio quello di bloccare le stazioni, i porti e le autostrade, per interrompere momentaneamente le nostre vite indirizzando l’attenzione sulla causa del popolo palestinese. A Gaza tutto è bloccato tranne i bombardamenti, tranne l’avanzata delle truppe israeliane. I Gazawi non hanno cibo, non hanno acqua, non hanno più ospedali, le città sono ormai un ammasso di macerie. I soldati dell’Idf li stannno forzando ad abbandonare ciò che resta delle loro case, il loro territorio e non è un “invito”, è una deportazione coatta di massa. A migliaia stanno andando verso sud, senza sapere dove…
Di fronte a 70 mila morti, di cui almeno 18 mila bambini, ieri l’Italia ha avuto un moto di orgoglio, l’Italia ieri ha messo in moto la più imponente manifestazione per Gaza, al mondo: perché 80 città e tante altre cittadine (Torino, Genova, Milano, Venezia, Bologna, Firenze, Pisa, Livorno, Piombino, Perugia, Roma, Rieti, Napoli, Bari, Palermo, Catania, Cagliari ecc.) tutte insieme, in piazza non si erano mai viste. E non si era mai vista una cosa del genere organizzata dal basso, senza che ci mettessero le mani i partiti, i grandi sindacati.
Due vetrate della stazione centrale fracassate e un episodio circoscritto di guerriglia urbana solo a Milano possono oscurare o inficiare la portata di un evento del genere, che non trova precedenti ed ha visto coinvolta tutta l’Italia?
La destra al governo, la stampa di destra e quella legata ai salotti buoni e anche ad Israele ci ha provato e ci sta provando. Ma il tentativo è patetico.
Ora però bisognerà continuare. E alzare ancora l’asticella: protestare, scendere in piazza, esporre la bandiera palestinese va bene, anzi va benissimo, ma serve andare oltre. Ora servono azioni concrete: boicotaggio dei prodotti israeliani, stop alle relazioni commerciali, militari e politiche con Israele, sanzioni (come è stato fatto con la Russia), estromissione delle squadre e degli atleti israeliani da tutte le competizioni sportive internazionali e appoggio logistico alla Flotilla per far arrivare gli aiuti e rompere il blocco, poi inviare aiuti e assicurarsi che arrivino. E continuare finché Netanyahu non si ferma. I lavoratori, gli studenti, i docenti, la gente comune hanno fatto capire chiaramente che c’è un Paese che non vuole rimanere in silenzio, che non ci sta a voltarsi dall’altra parte, che vuole porre fine ad un massacro sistematico di civili e ad una occupazione illegale di territori altrui. Non ci sono invasioni a cui bisogna rispondere con sanzioni e armi e invasioni che si possono tollerare, armando addirittura gli invasori.
Per il Governo e per la politica tutta, adesso sarà più difficile far finta di niente e tirare diritto. Chi faceva scrivere sui muri delle stazioni “noi tireremo diritto” finì male. Molto male.
m.l.










Lunedi mi trovavo a Napoli e così ho partecipato alla manifestazione per Gaza. Una straordinaria manifestazione, pacifica e incredibilmente partecipata. Da anni non mi capitava di trovarmi insieme a tanti giovani assolutamente coinvolti e consapevoli. Un segnale davvero importante. Un’energia che la politica e certe Istituzioni vetuste proprio non riescono a vedere.
Che abbiamo un governo pavido e complice di un genocidio non lo scopriamo oggi. Non sorprende neanche il tentativo di deviare l’attenzione sui quattro utili idioti che hanno rotto due vetrate a Milano, ma la grande novità è che lunedì abbiamo ritrovato un’Italia che, dal basso vuol reagire, vuole essere viva e non rassegnata alle nefandezze e alle ipocrisie dei governanti.
Ancora una volta la sinistra maggioritaria e il sindacato non si sono accorti di nulla. Ora, dalle 80 piazze è arrivata una bella sberla. Vorrei sperare che comprendano (ma sono molto scettico, la mutazione genetica ha scavato troppo in profondità) che potrebbe essersi aperta una nuova strada sulla quale incontrare questa parte di paese. Una parte d’Italia che non chiede una sterile e complice moderazione per una politica che non incontra e non rappresenta più nessuno.
Non è morta la voglia di riappropriarsi della storia di un paese che è da sempre contro il riarmo, contrario alle assurde politiche di un Europa fallita nei suoi valori originari, guidata da dei pazzi che vedono davanti a se solo la guerra e improbabili nemici da abbattere, mentre non muovono un dito di fronte ad un genocidio. Siamo giunti all’assurdo che gli eredi dei picchiatori fascisti, che hanno manganellato lavoratori, studenti, oppositori, che sono stati complici dello sterminio degli ebrei, che hanno portato alla distruzione totale l’Italia, oggi accusino la sinistra, i pacifisti, tutti quelli non allineati di estremismo e alimentare la violenza.
Lo fanno per costruirsi un alibi, che in fondo in fondo la violenza è dappertutto, che loro non sono i peggiori ed è bene abituarsi alla barbarie, al dominio dei potenti, delle lobbie che dicono di combattere per prendere i voti e poi servono come codardi per mantenere uno strapuntino di potere.