INCONTRO A SAN FELICIANO: TUTTI AL CAPEZZALE DEL TRASIMENO, SEMPRE PIU’ QUESTIONE NAZIONALE

lunedì 22nd, settembre 2025 / 17:56
INCONTRO A SAN FELICIANO: TUTTI AL CAPEZZALE DEL TRASIMENO, SEMPRE PIU’ QUESTIONE NAZIONALE
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Seconda edizione del FESTIVAL DEI CAMMINI, una iniziativa culturale piuttosto vasta nelle sue finalità, ma che domenica pomeriggio a San Feliciano: alla presenza delle amministrazioni comunali del territorio (mancavano i sindaci di Panicale, Piegaro e Tuoro), ha parlato del Trasimeno, delle Buone Pratiche, dell’ampliamento del bacino imbrifero e delle manutenzioni…
Questioni vecchie a cui fino ad oggi si sono date risposte molto parziali, ma mai strutturali, cioè in grado di dare vita ad una strategia di lungo respiro, come ha sottolineato nella sua introduzione il Presidente dell’Associazione i “Borghi più belli d’Italia”, Fiorello Primi. Una introduzione quela di Primi, ricca di spunti ma anche di denunce:  come quella la chiusura delle Provincie, per esempio, secono l’ex sindaco castiglionese “per il comprensorio del Trasimeno, ha voluto significare la perdita della capacità di intervento, con il conseguente peggioramento dello stato manutentivo territoriale”. “Basta con le toppe – ha esclamato – dobbiamo costruire una strategia, una visione del territorio lacustre inteso come area vasta, di lungo respiro”. Quindi non solo acqua e turismo, ma una nuova agricoltura che punti ad una qualificazione dei prodotti come la fagiolina, ma anche industria, artigianato, commercio. Un piano che per quanto riguarda la captazione delle acque deve mettere in atto una manutenzione ordinaria, strutturale dei canali, creando sinergie con i privati, che miri  alla realizzazione di piccoli invasi che abbiano il giusto equilibrio tra costi e benefici, attraverso i quali trattenere quanta più acqua piovana possibile, per poi rilasciarla durante la stagione secca che si fa sempre più lunga, a causa dei cambiamenti climatici, nel Trasimeno che come è noto, risulta essere un territorio tra i meno piovosi d’Italia.
Quindi parlando di invasi si torna a pensare a pensare anche alla diga sullo Ierna? La domanda è legittima, visto uno dei relatori, l’architetto Zurli alla fine dei lavori ha sostenuto che quel progetto è stato accantonato, ma mai messo nel cestino. Un’occasione per l’Assessore Simona Meloni, che ieri era assente ai lavori, magari di andare a spulciare negli archivi per capire cosa si può fare per dare vita ad una strategia di recupero diffuso sui territori delle acque piovane, così come oramai sostengono tutti gli esperti.  Per l’agricoltura del Trasimeno e anche della aree limitrofe come la Val Nestore, sarebbe davvero un fatto miracoloso.
Il tema dell’incontro tenutosi ieri al Museo della Pesca di San Feliciano, era chiaro: “Cambiamento climatico: che fare? Gli effetti sul turismo, produzioni e lago” , presenti il sindaco di Magione Massimo Lagetti, il presidente dell’associazione “I Borghi più Belli d’Italia” Fiorello Primi, il vicepresidente del GAL Trasimeno Orvietano Romeo Pippi, l’architetto Diego Zurli e il dirigente della Regione Umbria Sandro Costantini. Ad ascoltarli un pubblico numeroso, molto attento e interessato. Lo slogan scelto dagli organizzatori era chiaro: con “ViviAmo il Trasimeno” il Comitato che ha organizzato l’incontro, ha inteso promuovere le bellezze e il fascino del Trasimeno, un territorio la sua natura, da vivere con lentezza, per costruire un territorio sostenibile, diffondendo “buone pratiche” ambientali e aiutare il lago. Un comitato composto da cinque associazioni: “La Via Romea Germanica”, “L’olivo e la ginestra”, l’“ASD Filippide”, l’“Uisp Umbria” e “I borghi più belli d’Italia”.
Lo stato di salute del Trasimeno è sotto gli occhi di tutti, proprio a San Feliciano, sulla sponda dei tramonti, la darsena dove di solito “alloggiano” le barche dei pescatori e degli appassionati è completamente asciutta, c’è cresciuta l’erba. I traghetti (solo quelli a chiglia piatta, più piccoli) viaggiano tra i paesi rivieraschi e isole e seguono rotte tracciate con la… draga. E questa situazione sta dicentando “strutturale”.  E impone la costruzione di un nuovo modello di gestione. “Bene, quindi, se nell’emergenza arriva l’acqua di Montedoglio – ha sostenuto Primi – ma dobbiamo avere una visione di lungo respiro che non guardi a scadenze elettorali, ma al futuro, visto che il grande argomento quello delle acque interne è sempre più una questione nazionale». Il Presidente dell’Associazione dei Borghi ha elencato quindi tre ipotesi che non comportano nell’immediato impegni finanziari, ma pongono le basi di nuove pratiche. «L’adozione di un regolamento per la manutenzione ordinaria che consenta, senza ulteriori pratiche e procedure, di pulire le sponde urbane, di mantenere aperte le darsene e di intervenire sui fossi e gli adduttori del lago. Porsi l’esigenza di un ampliamento stabile del bacino imbrifero recuperando alla attenzione e al dibattito l’unico progetto realizzato negli anni 50 dal Ministero dei Lavori Pubblici in parte eseguito con il canale Anguillara in parte da realizzare con l’adduzione dei torrenti Esse e Mucchia al lago. E, infine, sperimentare nel centro ittiogenico pratiche di allevamento coinvolgendo le strutture di pesca professionale esistenti». Entrando nei dettagli Primi ha sottolineato come con la Legge del 2001 che stanziava 30 milioni l’anno alcune problematiche furono affrontate e risolte, ma furono interventi molto parziali. “Quella Legge va ripresa. Dobbiamo riportare il Trasimeno al centro della politica nazionale”.
A parlare di un turismo esperienziale che solo il Trasimeno può offrire, viste le sue caratteristiche, è stato il vicepresidente del GAL Trasimeno Orvietano Romeo Pippi. Insomma un rinnovamento delle produzioni agricole e della gestione dei territori ad esse finalizzati, come l’aratura, intesi a non far trascinare più dentro al bacino acque limacciose durante le piogge. Il GAL ovviamente farà la sua parte ha assicurato Pippi, in termini di risorse finanziarie. “La Regione – questa la convinzione di Pippi – può fare molto in questa direzione”. Per l’assessore Simona Meloni un invito piuttosto esplicito.
L’architetto Diego Zurli, presidente di Montedoglio, ha esordito affermando che è ora di non raccontare più la favola del “Lago malato”, dunque basta con la logica dell’emergenza, ma sì ad una strategia strutturale di lungo corso. Quanto alle risorse, bisogna cercare di attivare la Regione, visto che il lago è appunto una questione nazionale. Ma Zurli ha anche parlato dell’ipotesi che i privati concorrano a queste spese, come avviene già in altre regioni. Annunciando che la Regione Umbria sta già pensando a questo. “Montedoglio quindi, come una risorsa, ma non certo lcome soluzione risolutiva con i suoi 10 centimetri l’anno. Che comunque saranno disponibili non appena saranno ultimati i lavori per l’installazione dei filtri”.
La visione dei tempi lunghi è stata contestata dal biologo Roberto Mazza presente nel pubblico. Ha parlato di urgenza, di immediatezza negli interventi.  All’ingegner Costantini in rappresentanza della Regione, viste le assenze della Presidente Proietti e dell’Assessore Meloni (sottolineate da tutti), è toccato il compito di portare la voce della Regione. Ma visto il suo ruolo professionale e tenendo anche conto che fino a due mesi fa era responsabile della gestione del terremoto, non è andato oltre la normale amministrazione. Trattandosi di un funzionario, non ci si poteva aspettare l’illustrazione di strategie politiche e scelte programmatiche per il lago.
Le attività di ricerca sull’acqua come garanzia per la salubrità del lago, sono terminate. Appena saranno ultimati anche gli ultimi interventi, si passerà all’adduzione dei circa 800 litri/secondo dalla diga di Montedoglio, questo lo ha rimarcato. Anche Costantinii ha sottolineato come in Toscana i cittadini e le imprese paghino già la tassa di adduzione. Ma ha anche sostenuto che Montedoglio da sola non sarà la soluzione. Quindi ha parlato di una galleria che superi i dislivelli territoriali per portare l’acqua anche dalla diga tutta umbra, del Chiascio. Il dragaggio del lago non può essere la sola soluzione, le quantità di materiali terrosi rimosse,sarebbero così rilevanti che smaltirle con le attuali normative, sarebbe praticamente impossibile. “Bisogna puntare ad un progetto unico per il Trasimeno”, una proposta ancora oggi tutta da costruire ci sembra di capire.
Renato Casaioli
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