ADDIO A ROBERT REDFORD, UNO DEI NUMI TUTELARI DI QUESTO GIORNALE
Non so se ce ne siano altri, io ho memoria di tre attori che abbiano fornito il volto e l’ispirazione per altrettanti eroi dei fumetti. Uno è senza dubbio Gary Cooper, alla cui figura si ispirò Aurelio Galleppini quando disegnò per la prima volta Tex Willer, nel 1948. Cooper del resto era già famoso come interprete di film western e aveva una faccia da eroe buono. Un altro è Groucho Marx, comico americano, di cultura ebraica degli anni 20-30, che il disegnatore Tiziano Sclavi ha messo a fianco di Dylan Dog. Un comprimario, ma presente in tutte le storie dell’investigatore dell’incubo… Un po’ come Kit Carson per Tex, Chico per Zagor, Doppio Rhum e Salasso per Capitan Miki, il professor Occultis per Blek Macigno…
Il terzo è invece un protagonista ed è Robert Redford alla cui capigliatura bionda si ispira Ken Parker, fumetto western anomalo firmato Berardi e Milazzo. Ken Parker, fa lo scout, ha un “lungo fucile” un po’ datato, ma precisissimo ed è la trasposizione su carta del “trapper” Jeremiah Johnson, di Corvo Rosso non avrai il mio scalpo, film del 1972 di Sydney Pollak, con Reford nella parte principale. Ken Parker di cui ero un appassionato lettore mi è tornato in mente ieri, alla notizia della morte a 89 anni di Robert Redford. Uno dei grandissimi di Hollywood. Questo perché, come dicevo, Ken Parker è un personaggio anomalo nel pianeta western, un po’ come Tex: entrambi forniscono un’immagine degli indiani non stereotipata e ostile, ma anche come popoli con una loro cultura e valori profondi, spesso vittime di politici, generali, trafficanti e imprenditori senza scrupoli.
Ken Parker fa il “cacciatore” e la guida per carovane di pionieri e militari, ma nei momenti di riposo legge Marx… E’ uno insomma che sta dalla parte giusta (dal mio punto di vista). E Refdord è stato un Ken Parker, non solo per le interpretazioni sullo schermo, ma anche nella vita: attivista impegnato in battaglie civili e politiche, ambientali. Sempre schierato dalla parte Dem, fortemente critico con il bellicismo americano più di tanti Dem della politica.
Alla notizia della sua morte, mi è tornata in mente anche un’altra cosa: che quando decisi di fondare insieme ad altri Primapagina, il nome lo prendemmo dal titolo dell’omonimo film di Billy Wilder con Walter Matthau, Jack Lemmon e Susan Sarandon, ma il modello a cui facevamo riferimento era il Washington Post di Bob Woodward e Carl Bernstein, quelli che portarono alla luce lo scandalo Watergate che fece dimettere Nixon, e che proprio Robert Redford e Dustin Hoffman interpretavano nel film “Tutti gli uomini del presidente” di Alan Pakula, del ’76…
Intrecciando, un po’ distrattamente, la notizia della scomparsa di Redford con le notizie sui venti di guerra e sui bombradamenti e le invasioni vere in atto a Gaza, in Ucraina e in altre parti del mondo e con l’assuefazione generale anche ai genocidi, mi sono ricordato di un altro film di cui Redford è attore e anche regista ed è “Leoni per agnelli” del 2007. Nel film si parla della guerra in Afghanistan e della presenza americana su quel fronte e anche del valore dei soldati rispetto all’inettitudine dei loro ufficiali, ma in realtà la pellicola propone una riflessione sul calo di attenzione verso certi fenomeni drammatici, sull’abbassamento del pensiero critico e dell’impegno personale, in sostanza su come si determina una sorta di narcotizzazione collettiva. Esattamente ciò che sta avvenendo adesso rispetto a Gaza, rispetto all’Ucraina…
Nel film La regola del silenzio del 2012, Redford affronta, ancora da regista e attore, un altro tema che come primapagina abbiamo affrontato più volte, anche con spettacoli teatrali (Bianco rosso e nero nello stesso anno e più recentemente La Bomba…): quello del terrorismo. E arriva alla stessa conclusione. Con il pasato, con certe storie bisogna farci i cont. Questo però non vuol dire abbandonare degli ideali di un tempo, ma ammettere gli errori commessi collocandoli nella giusta prospettiva. Senza mai dimenticare che la storia delle persone spesso è la Storia di un’intera nazione.
Insomma, così come abbiamo ua statuetta di Tex Willer, un poster di Robert Redford nella redazione di primapagina non ci starebbe male. Non era solo un attore molto bello e molto bravo, è stato anche un bravo regista, un attivista per cause giuste ed era anche piuttosto avanti con il pensiero. Un pensiero spesso in linea con il nostro. Buon viaggio Bob!
M.L.
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