BELLA SERATA A CETONA E QUELLA SEDIA CON LA KEFIAH SUL PALCO DE “LA BOMBA”
CETONA – Dalla foto forse non si capisce bene, le luci fanno uno strano effetto. Ma a fianco del narratore Alessandro Lanzani e del musicista Dario Perini, ieri sera a Cetona sul Palco de La Bomba, il nostro reading sugli anni di piombo, c’era una sedia vuota. Anzi no, non vuota, c’era una sedia con una Kefiah simbolo del popolo palestinese. Una sedia e una kefiah, messe lì, a vista, come un terzo attore silenzioso. Messe lì a ricordare a tutti che in Palestina, a Gaza e in Cosgiordania, perché quella è la Palestina, si sta perpetrando un genocidio pianificato che per ammissione e dichiarazioni degli stessi ministri israeliani si sta avviando alla soluzione finale: l’eliminazione fisica di TUTTI i palestinesi e l’occupazione totale del loro territorio da parte dell’esercito sionista. Una presenza muta quella sedia con la kefiah. Muta come la maggior parte del mondo occidentale. Sappiamo bene che da qui possiamo fare ben poco per impedire e porre fine al massacro. Sappiamo bene che anche le lodevoli iniziative (i flash mob, il “chiasso” programmato ad una certa ora, lo spegnimento dei cellulari e delle luci di casa, le conferenze, i cortei e i presidi nelle piazze) di cui ogni giorno leggiamo sui social (la tv ne parla poco), servono più che atro a scaricarci la coscienza, a ribadire il nostro “not in my name”, ma in concreto non smuovono una paglia…
Però, senza trasformare uno spettacolo teatrale in un comizio o in lungo flash mob pro Palestina, ci è sembrato giusto farlo e farlo in questo modo. Discreto. Quella sedia è stata un monito anche a noi stessi, un modo per ricordarci che “a Cetona si sta bene la sera”, ma a Gaza molto meno. Che se le nostre bottigliette di acqua minerale a fine serata si erano un po’ scaldate, beh, a Gaza l’acqua non ce l’hanno per niente, né fredda né calda… E’ servito a ricordarci che mentre noi possiamo ancora ritrovarci in uno splendido giardino a raccontare e ascoltare una storia di 50 anni fa, a Gaza questo non è possibile, a Gaza ci sono solo macerie. E sangue e morti. E’ servita a ricordarci che se qui da noi 50 anni fa, come si racconta ne La Bomba, era facile e frequente scontrarci con gli avversari politici e andare a una manifestazione o salire su un treno poteva costare caro, a Gaza può costare caro anche avvicinarsi ad un camion degli aiuti umanitari. A Gaza il richio di venire ammazzati, anche in età scolare, solo perché palestinesi, è la norma e la condizione quotidiana di uomini, donne e bambini.
La Bomba è uno spettacolo di memoria. E’ il racconto di ciò che successe 50 anni fa in questo territorio, senza che, nella maggior parte dei casi, ce ne accorgessimo… E’ il racconto di come è facile e improvviso ritrovarsi in mezzo alla bufera. Di come la storia e la cronaca talvolta non solo ti passano vicino, ti sfiorano, ma ti vengono a cercare a casa. Magari con un mitra in mano… E siccome di molte cose allora e negli anni successivi non abbiamo avuto l’esatta percezione, ecco, proprio per questo, ci è sembrato giusto e doveroso tenere un riflettore acceso anche sul dramma dei palestinesi.
Gli episodi raccontati ne La Bomba fanno capire che 50 anni fa l’Italia e anche questo territorio furono teatro di una guerra civile, di una guerra in cui molti apparati dello Stato erano coinvolti e non neutrali. Una guerra che vide dei ragazzi di sinistra e di destra cadere come le mosche, vittime di logiche e strategie che li utilizzarono come carne da macello e vittime sacrificali…
Quello che sta succedendo a Gaza è più di una guerra civile, e non è una guerra perché non ci sono due eserciti o due fazioni che si combattono, da una parte c’è l’esercito israeliano che bombarda, distrugge i convogli umanitari, le scuole, gli ospedali, spara sulla Croce rossa e pure sui giornalisti, dall’altra c’è un gruppo armato invisibile e nascosto nei tunnel (Hamas) e poi ci sono i civili palestinesi, oltre 2 milioni, che non sono tutti “terroristi di Hamas” e stanno pagando con la fame, la sete e la vita il fatto di vivere in quella che è da sempre la loro terra e che Israele vuole occupare per insediarci i suoi coloni secondo una logica imperialista, suprematista e razzista molto simile a quella dei nazisti di Hitler negli anni 30-40 del ‘900.
Ieri sera a Cetona, ad ascoltare Lanzani e Perini c’era una bella platea: numerosa, attenta, molto qualificata. Presenti il sindaco e l’assessorer Balducci, alcuni ex sindaci, un bel numero di cetonesi acquisiti, sia italiani che stranieri e anche alcuni giornalisti di livello nazionale come Paolo Franchi e Guido Gentili. Nessuno ha contestato o storto il naso per quella sedia con la kefiah. Probabilmente lo rifaremo anche domani sera a Chiusi Scalo e Domenica pomeriggio a Città della Pieve. E ogni volta che sarà possibile.
M.L.










Chi si azzarderebbe a contestare o storcere il naso,specialmente tra i ” giornalisti “, vorrebbe dire tirarsi addosso le più deleterie sventure !
La kefiah,potrebbe anche andar bene , ma non indossata dai tagliagole di HAMAS che sono la sventura del popolo palestinese ! I poveri palestinesi stanno facendo,contro il loro volere, da scudo umano, ai delinquenti di Hamas !
Il problema è questo,a mio modesto avviso.
Infatti la kefiah è il simbolo della palestina non di Hamas e la bandiera bianca rossa verde e nera idem. Hamas usa i civili come scudi umani, ma Israele se ne frega e spara sugli scudi. Anche quando sono inermi davanti ad un camion di aiuti umanitari, uno dei pochissimi che riescono a passare. E il fatto che Hamas non rilasci gli ostaggi fa molto comodo ad Isreale per continuare nel disegno criminale di eliminare TUTTI i palestinesi, occupare TUTTA la striscia di Gaza, e deportare altrove quelli che non riuscirà ad uccidere. Perché TUTTI non li ucciderà mai…