CHIUSI IN FESTA: LA STORIA PULP DI SANTA MUSTIOLA DEGNA DI UN FILM DI TARANTINO

giovedì 03rd, luglio 2025 / 17:29
CHIUSI IN FESTA:  LA STORIA PULP DI SANTA MUSTIOLA DEGNA DI UN FILM DI TARANTINO
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CHIUSI –  Oggi 3 luglio, a Chiusi è festa. E’ la festa  patronale in onore di Santa Mustiola, vergine e martire. Patrona appunto della città, ma anche di tutta la Diocesi di Montepulciano, Chiusi e Pienza.

La storia di Mustìola (con l’accento sulla i, anche se a Chiusi tutti l’hano sempre chiamata Mustiòla, con l’accento sulla o) è un mix tra storia e leggenda. Come molte storie di martiri e santi, del resto. Non è chiaro nemmeno se Mustìola sia il nome o un vezzeggiativo, tipo “topolino”, che qualcuno della famiglia le aveva dato, per sottolinearne la bellezza, ma al tempo stesso la corporatura assai minuta. E la famiglia pare fosse di quelle altolocate nella Roma imperiale del III Secolo d.C.

Secondo l’agiografia, infatti, Mustìola era una cugina dell’Imperatore Claudio II. E’ il periodo in cui la nuova religione cristiana comincia ad affermarsi, facendo proseliti. Ma i cristiani sono perseguitati.

La storia di Mustìola è una storia pulp. Intrisa di violenza, come neanche in un film di Tarantino. La ragazza, come dicevamo, di ottima famiglia, avrebbe dovuto sposarsi con un certo Lucio, che era Cristiano e che fu fatto uccidere dall’Imperatore Aureliano. Prima scena violenta cui la giovane Mustiola deve assistere. Quando Aureliano emise un editto che prevedeva l’arresto e la confisca dei beni dei cristiani, la giovane Mustìola si diede da fare, usando anche il nome della casata e le proprie finanze per assistere i malcapitati, li visiitava di notte nelle carceri, portava generi di conforto, ma soprattutto li esortava a vivere il martirio nel nome di Cristo…

Molti, quelli che possono, scappano da Roma, vanno verso nord, utilizzando il Clanis come fosse un’autostrada. Passano per la Tuscia viterbese, per Orvieto, molti arrivano a Chiusi… L’Imperatore Aureliano manda in Etruria il suo ferocissimo ministro Lucio Turcio Aproniano, per tenere la situazione sotto controllo….

A Sutri, Turcio fa arrestare e lapidare nella pubblica piazza un tale che si professa ministro della vera fede, quella di Cristo. Il suo diacono Ireneo gli dà umana sepoltura. Ma per Turcio anche questo è intollerabile. Così fa arrestare Ireneo e lo fa condurre a Chiusi, dove viene a sapere che nell’antica città c’è una giovane di nobilissimi natali, romana, che si prodiga per dare conforto ai cristiani incarcerati. Si fa portare al porprio cospetto Ireneo, Mustiola e tutti i cristiani imprigionati nelle carceri chiusine.

Chiede ad ireneo e agli altri cristiani di abiurare la nuova religione e di fronte al loro rifiuto li fa decapitare tutti. Ireneo dopo atroce tortura con ferri arroventati. Altra scena molto pulp.

Turcio pensa che di fronte ad un così macabro spettacolo la giovane Mustìola crolli a accetti la sua offerta: vita salva e ritorno alla propria famiglia e libertà se abiura la fede cristiana e torni a venerare gli Dei e a obbedire alle leggi dell’Impero.

C’è, inquesta vicenda, tutto ciò che abbiamo visto nei secoli successivi: l’arroganza e la protervia del potere costituito che ha paura delle idee nuove e le perseguita con ogni mezzo. C’è la resistenza, in clandestinità, dei perseguitati; ci sono i rastrellamenti, le deportazioni, le esecuzioni sommarie per intimidire i resistenti ed educare e ammonire il popolo a non seguire quella strada… C’è il vecchio che si scontra violentemente con il nuovo. E c’è anche un’altra costante che si ritrova in tutte le rivoluzioni e in tutte le “resistenze”: la presenza nelle file del nuovo, di figure che per natali, censo e condizione sociale dovrebbero stare dalla parte del vecchio e invece vanno controcorrente. Le elìte insomma.

La giovane Mustìola è una di queste figure. Una aristocratica che sceglie di stare con i critiani perseguitati, incarcerati, lapidati. Molto più recentemente abbiamo visto intellettuali famosi, borghesi d’alto rango e perfino nobili andare in montagna coi partigiani o sposare, ad esempio, la causa comunista…

Ovviamente la storia pulp di Mustìola non finisce con l’offerta “indecente” di Turcio. Finisce con un’altra scena di sangue: il martirio, in piazza, della nobildonna romana rea di lesa maestà e di “eresia”.

Mustìola viene infatti condannata a morte, mediante fustigazione con “piombate”. Forse dei bastoni rivestiti di piombo con cui si battevano le ossa e le giunture del condannato finché a causa del dolore non muore; forse – cosa più probabile – un bastone con attaccate delle piccole funi con in cima delle palle di piombo con cui il condannato viene percosso fino all’esalazione dell’ultimo respiro…

La fustigazione poteva durare a lungo.  Immaginate la scena: un boia nerboruto che fustiga una giovane minuta, legata a una colonna, la percuote con un “gatto a nove code”. Le pelle che si lacera e si strappa, come la tunica, il sangue che scorre e cola dal corpo sul selciato. Il rumore dei colpi, i lamenti. Altro che sguardo iearatico e gioia nel soffrire in nome del Signore… In quella situazione estrema e finale, ma anche fisicamente dolorosa, Mustiola, come Cristo prima sul Calvario e poi sulla Croce avrà pianto, imprecato e maledetto i suoi aguzzini. Si può certo accettare il martirio. Ma il dolore fisico prolungato e prolungato solo per accrescere la sofferenza, non si sopporta. E’ la natura umana.

Il martirio di Mustìola sarebbe avvenuto il terzo giorno di luglio dell’anno 275 del calendario cristiano, durante a decima persecuzione dei seguaci della nuova religione e quando vescovo di Chiusi era un certo Marco.

I corpi di Mustiola e di Ireneo, insieme a quelli degli altri martiri, rimasero esposti tutto il giorno sulla pubblica piazza, finché, nella notte, amici e congiunti recuperarono le salme e diedero ad esse sepoltura nelle catacombe fuori dalle mura della città… Quelle che oggi sono dedicate a Santa Mustiola, sulla strada per il lago.

Il corpo di Mustiola fu rinvenuto verso la fine del 1400, e il Papa Sisto V utilizzò tale evento per calmare le acque e allentare la tensione e la guerra che si era scatenata tra Chiusi e Perugia dopo il furto del Santo Anello, trafugato dal frate infedele Winterio di Magonza dal Convento di San Francesco a Chiusi e consegnato (forse su commissione) alla chiesa di Perugia, che tutt’ora lo conserva in Duomo, dentro una teca chiusa da 14 chiavi.

Si narra che l’anello ritenuto qiello dello sposalizio tra la vergine Maria e San Giuseppe fosse stato donato a Mustiola dal suo promesso sposo Lucio, prima che questi venisse fatto uccidere da Aureliano. Ma questa è una bufala inventata dall’agiografia legata alle vite dei santi e al culto delle reliquie che è molto successivo. Il Santo Anello probabilmente con Mustiola c’entra poco o niente. C’entra invece con due tra le opere pittoriche più importanti al mondo, entrambe raffiguranti lo Sposalizio della vergine. Una del Perugino e na di Raffaello, entrambe commissionate dalla chiesa di Perugia per celebrare l’arrivo nel capoluogo umbro della straordinaria reliquia. Ovvero per celebrare un furto sacrilego, rimasto tutt’ora impunito.

m.l.

Nella foto: la catacomba di santa Mustiola a Chiusi

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