CHIUSI: AD “ORIZZONTI” UN’OPERA DI MIMMO PALADINO, ALFIERE DELLA TRANSAVANGUARDIA ITALIANA
CHIUSI – In altri tempi sarebbe stato un eventone. Di quelli clamorosi. Avere a Chiusi (non a Roma o a Berlino o a New York) una cosa del genere avrebbe scatenato titoli sui giornali e recensioni autorevoli. Ci sarebbe stata la fila al Casello di Querce al Pino, come quando arrivò Socrates alla Fiorentina.
Oggi è solo un “effetto collaterale”, un “omaggio” al festival estivo della cittadina etrusca. Un “di più” che rischia di passare quasi inosservato. Eppure si tratta di qualcosa di molto importante. Di cosa parliamo? Di un’opera-installazione esposta per tutta la durata del festival Orizzonti nella sala attigua alla biglietteria, in Piazza Duomo. Un’opera di Domenico Paladino, detto Mimmo. Che non è certo un’artista qualsiasi.
Paladino infatti è un pittore, scultore, grafico e scenografo considerato tra i principali esponenti della “transavanguardia” italiana, corrente artistica nata intorno alla metà degli anni ’70 sull’onda della crisi economica del ’73, quindi sulla fine del boom e dell’ottimismo economico che aveva caratterizzato gli anni ’60. La definizione transavanguardia la coniò il critico Achille Bonito Oliva e il movimento si rifaceva a simili esperienze europee e americane. Bonito Oliva in un saggio del ’79 selezionò 7 artisti italiani e li accomunò in questa “corrente”: Sandro Chia, Francesco Clemente, Enzo Cucchi, Nicola De Maria, Marco Bagnoli, Remo Salvadori e, appunto, Mimmo Paladino.
L’opera di quest’ultimo esposta a Chiusi, è, come dicevamo, una installazione. Un ammasso di assi di pancali industriali, numerate, alcune delle quali formano visibilmente e chiaramente delle croci, il tutto adagiato sul pavimento o appoggiato alle pareti, come in un magazzino dismesso e abbandonato, con una luce in una nicchia con un intreccio metallico…
Qualcuno entrando può aver pensato che si trattasse di materiale di risulta delle scenografie ammassato lì in attesa di smaltimento. Ma non è un’opera “concettuale” (stile Manzoni o Kounellis), di pop art… la Transavanguardia è una corrente artistica neoespressionista e infatti in quelle assi di legno esposte da Paladino ci si può vedere, abbastanza facilmente, la caduta dell’industrialismo, dell’economia delle merci, ma forse anche i morti in mare a Lampedusa o, oggi, le macerie e i numeri di morte di Gaza. Anche l’illuminazione è piuttosto cupa.
Comunque, lo diciamo senza atteggiarci a critici d’arte, solo per la firma, si tratta di sicuro di un evento nell’evento e Chiusi dovrebbe essere fiera e orgogliosa di ospitare un’opera di Mimmo Paladino. Forse – non è polemica – l’evento nell’evento meriterebbe una maggiore visibilità, una maggiore “promozione” anche nell’ambito della promozione delle varie performances del festival.
L’opera di un artista contemporaneo come Paladino, presentata come un omaggio allo slogan del festival “con gli occhi degli altri” è, per la natura dell’arte di Paladino, anche una sorta di imprimatur, di bollo di ceralacca, sulla tipologia di teatro su cui il direttore artistico Roberto Latini ha impostato il suo Orizzonti.
Presto per fare bilanci su questa prima edizione latiniana del festival chiusino che è ancora in corso (fino a domenica 3 agosto). Ci sarà tempo e modo per dare giudizi e capire se la strada imboccata con la nuova direzione artistica è quella giusta. Di sicuro “effetti collaterali” come l’opera di Mimmo Paladino sono perle rare. Se mai il problema è che se le metti lì, senza spiegare alcunché, il rischio è che non tutti le riconoscano e magari le scambino per banali pezzi di vetro o di bigiotteria. Ma questo è un altro discorso…
m.l.










Trovo molto interessante questa ”assenza di reazione”: è la moneta corrente con cui ripaga un pubblico ormai abituato al richiamo dell’”evento”. Se non fai pubblicità, l’arte non viene riconosciuta. Per farla riconoscere, la devi etichettare, come una qualunque merce sullo scaffale del market. Inoltre, la scelta di ignorare il pubblico di massa, perseguita fin dal secondo dopoguerra dalle varie correnti figurative o anche musicali, ha portato ad uno scetticismo grossolano verso tutto ciò ch’è arte contemporanea: nel dubbio, si opta per la scelta più facile, cioè di etichettare come provocatoria – se va bene – l’opera che abbiamo davanti; nel peggiore dei casi, viene trattata come un tentativo non riuscito (l’artista non sa fare il suo mestiere). Disposti a fare file chilometriche per un selfie (a volte pericoloso) davanti a un dipinto famosissimo, lo stesso dipinto non lo degneremmo di uno sguardo avendolo a portata di mano, se non viene opportunamente “illuminato”. Probabilmente, occorrerà una diversa politica culturale: meno consumo e più comprensione. Anche a partire dal nostro piccolo.
Certo, nel nostro piccolo, abbiamo nel raggio di pochi km, decine di opere (dipinti, sculture, ceramiche…) di artisti rilevantissimi, dal Perugino che è un pittore di massimo livello, ai pittori senesi del ‘300 a queli del Rinascimento, ma anche del ‘600, del ‘700 e dell’800 che pochissmi hanno visto… Ci sono in zona anche opere del ‘900 e di “arte contemporanea”, più o meno concettuale, così come abbiamo eventi, anche questi rilevanti, che propongono musica contemporanea (non parlo del rock), da 50 anni… eppure siamo ancora a registrare la ritrosia del territorio, del pubblico locale ad apprezzare certe performance e più in generale la tendenza a ignorare le perle che abbiamo e non valorizzarle a dovere con adeguata promozione. Se poi a questa ritrosia endemica, aggiungiamo la “scelta editoriale” di proporre spettacoli “contemporanei” e opere d’arte conrtemporanea concettuale o di Transavanguardia senza un minimo di “accompagnamento” e di spiegazione, come avvenuto nell’edizione di Orizzonti che si è appena conclusa, facile intuire quale sia il risultato… E inutile anche piangere sul latte versato, se il latte è stato versato per scelta.
Sono d’accordo: il patrimonio artistico della nostra zona è sconosciuto alla maggioranza della nostra popolazione. In questo senso, “Valdichiana capitale culturale della Toscana” poteva essere un’ottima occasione per entrare nelle (nostre) case con una capillarità che domani non sarà più possibile, temo. Ignoro chi siano registi e interpreti delle scelte “capitali”, ma, ad ora, credo che siano stati privilegiati aspetti diversi dalla valorizzazione del patrimonio artistico del territorio (ad es., il dipinto di Beccafumi a Sarteano o il dipinto di Lorenzo di Credi, a Montepulciano, chi lo sa dove si trovano? Un concerto poliziano con l’organo della Chiesa di Santa Maria delle Grazie – pregevolissimo organo del XVI secolo, con canne di cipresso – poteva essere l’occasione per visitare questa bella chiesa, e non parlo di Sinalunga, San Casciano, Chiusi, e via andare). Purtroppo, siamo attirati dalla quantità: la Mostra che affastella 100 dipinti di Caravaggio o di Mondrian resta un richiamo irresistibile per i più che torneranno felici di “esserci stati” ma quanto avranno “guadagnato” dalla mostra? Credo che sia rimasta incomprensibile: nessuno compra il catalogo, che ne spiegherebbe logica e motivi. Io che entro nel museo palermitano solo per l’Annunziata di Antonello da Messina credo di essere una mosca bianca: sinceramente, la quantità mi da’ il capogiro. Tornando a noi, la scelta del “non battage” è stata sicuramente penalizzante per Orizzonti: chi si muove per comprare “a scatola chiusa”? Resta un nodo mai chiarito, di questa manifestazione: a chi si rivolge? Non sembra che si rivolga alla popolazione (che ne paga i costi), né pare che riesca ad attirare alta cultura esterna a Chiusi; non sembra rivolta ai gruppi teatrali che operano qui da noi (almeno una decina), né sembra capace di parlare “extra muros”. Mi sbaglio?
Su Orizzonri ci sarà tempo e modo di tirare dei bilanci. Quanto alla conoscenza delle opere d’arte sparse nel territorio, è evidente che pochi, tra i residenti, le conoscano. Su queste pagine abbiamo scritto fino alla noia che sarebbe opportuno cominciare TUTTI a fare i turisti a casa nostra, cioè a prendere l’abitudine e la curiosità di visitare le proprie città e i paesi vicini, cercando di scoprire le “perle” che custodiscono e spesso “nascondono”…Lo scrivemmo dopo il Covid, parlandone come di una delle possibili molle della ripresa. Questo favorirebbe anche una maggiore vivibilità, una ripresa civile, di realtà che soffrono spopolamento, spaesamento, impoverimento dei servizi…. Potrebbe creare insomma un flusso non irrilevante e un effetto virtuoso e rigenerante. Oltre che cfrescita culturale, consapevolezza. Essere Capitale Toscana della Cultura poteva certamente rappresentare un’occasione favorevole in tal senso. Mi pare che sia rimasto un “logo” da appiccicare alle manifestazioni esistenti. Poco più.
Come dici tu Marco: ”Il latte è stato versato per scelta” ? Si certamente, ma chi l’ha scelto tale risultato aveva la consapevolezza critica di dove si sarebbe andati a parare ? E allora la questione è culturale ma anche POLITICA e riguarda le persone.Da questo sarebbe bene che se ne traessero le opportune considerazioni. Se poi tali considerazioni non arrivino a determinare atteggiamenti diversi, aletrnativi, propositivi-chiamali come vuoi – si arriva alla fotografia della cittadinanza che inerte accetta tutto e che si asfalta. Una considerazione segue l’altra e non è una entità disgiunta dalle precedenti. Ma a Napoli dicono sempre che ”o’ pesce feta da a ‘ capa”….e allora ? e allora forse sarebbe bene non incamminarsi in discorsi critici che vorrebbero mettere allo scoperto le discrasie della politica perchè tanto a Chiusi purtroppo nulla cambia,ma dipende della popolazione e non tanto dai vertici della politica che certe cose le hanno comprese da decenni perchè lo sanno bene che si gira e si gira intorno alle cose, si spendono fiumi di parole su ciò che sarebbe invece possibile e del quale non si vede realizzazione di qualità ma si produce materia stantia, materia che non viene recepita dentro allo spirito delle persone e che non lascia nulla dentro di loro. E’ il condizionale del verbo ”essere” contrapposto al presente : sarebbe, ma non è….e la riprova di questo è inconfutabile. Però ” i re” regnano sul territorio, ed allora è la gente che in maggioranza è abulica e che si butta dietro le spalle tali possibili istanze non fregandogli assolutamente nulla. E cosa allora vuoi che venga prodotto se non concerti rock per tre giorni con la gente che ballonzola e che ignora le cifre che tali iniziative costano e che quando vengono criticate si risponde che Chiusi è uno dei due luoghi in italia dove certi spettacoli sono gratuiti. Mi chiedo a cosa serva tale fatto e quali ripercussioni abbia.
Vedi Carlo, i problema non che a Chiusi di produce o si propone solo “un concerto rock con la gente che ballonzola”. È che si propongono a volte cose che non funzionano. Il concerto rock funziona e ha ricadute positive perché (penso tu ti riferisca al Lars) porta migliaia di persone, permette di ascoltare gratuitamente musica di alta qualità, difficilmente ascoltabile a queste latitudini, porta citazioni in tutte le riviste specializzate, trasmissioni radio, riempie tutte le strutture ricettive nel raggio di km. Poi ci sono iniziative tipo Orizzonti, che propongono indubbiamente cose di qualità, anche queste difficilmente visibili in zone periferiche come Chiusi, ma troppo di nicchia e senza una adeguata e comprensibile comunicazione, cosicché tali cose smuovono poco, qualche decina di persone agli spettacoli e agli eventi, zero riscontro mediatico, pochissimo indotto escluso gli addetti. Nessuna presenza dai paesi limitrofi o da altre Regioni, a differenza del festival rock che vede arrivare gente da tutta Italia e anche dall’estero. Questo non significa che Iniziative come Orizzonti siano da buttare e cancellare, ma dato che costano anche più del festival rock. Una riflessione quantomeno sulla “gestione” va fatta. E questo vale per molte altri eventi. Spesso il nodo non è il “che cosa si fa”, ma il “come si fa”. E “come si spendono i soldi”. Due sere fa come primapagina abbiamo presentato La Bomba a Cetona. In collaborazione con il Comune. Alla fine il sindaco, soddisfatto della riuscita dell’evento e anche della qualità dello spettacolo, si è detto contento di aver speso bene i soldi. Questa per noi è una soddisfazione.