26 GIUGNO ’44, DOPO LA BATTAGLIA PIU’ DURA CHIUSI E’ LIBERATA

26 GIUGNO ’44, DOPO LA BATTAGLIA PIU’ DURA CHIUSI E’ LIBERATA
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COMUNE E ANPI AL WAR CEMETERY DI BOLSENA A RENDERE OMAGGIO AI LIBERATORS

CHIUSI – Oggi è il 26 giugno. A Chiusi è festa. O comunque è un giorno importante. E’ il giorno della liberazione della città dall’occupazione nazista e dalla dittatura fascista avvenuta 81 anni fa, nel 1944

Una liberazione faticosa quella di Chiusi, dove la divisione Herman Goering delle SS , asserragliata nel centro storico, oppose strenua resistenza all’avanzata degli Alleati. Alcuni gionali dell’epoca la paragonarono ad una piccola Cassino. La battaglia durò 6 giorni e 5 notti e fu battaglia vera, combattuta a cannonate e anche corpo a corpo tra i paracadutisti tedeschi e le truppe sudafricane dell’Armata Britannica. Entrambe le parti lasciarono sul terreno centinaia di morti. Quasi tutti ventenni. Una carneficina di ragazzi

Ma anche la città ne uscì pressoché distrutta e in ginocchio: più di 100 morti tra i civili; il 90% di edifici lesionai e inagibili; il centro storico quasi interamente minato; una delle porte della città (Porta San Pietro) fatta saltare in aria dai tedeschi in ritirata; la chiesetta di Montallese distrutta nello stesso identico modo; la stazione ferroviaria rasa al suolo nel novembre del ’43 dai bombardieri anglo-americani; alcuni partigiani caduti in battaglia (Ermanno Baldetti, per esempio, sul Monte Cetona) o morti per le ferite riportate o per malattia contratta nella dura vita da ribelli; tre contadini di Chiusi Scalo fucilati a Chianciano (padre e due figli della famiglia Perugini); un giovane militare italiano sbandato catturato e poi impiccato a Montepulciano (Giuseppe Marino); altri due, morti in altri territori, uno ad Alfonsine nella Battaglia del Senio (Mario Morgantini, medaglia d’oro al valor militare) e uno in Jugoslavia, fucilato dai partigiani di Tito, a causa un malinteso o di un atto di umana pietà (Giulio Guazzini). Tra i morti civili anche tre bambine della GILE (gioventù italiana lavoratori all’estero) ospiti di un collegio delle suore, falciate dalle mitragliate di un aereo alleato mentre erano sfollate nella zona delle tombe etrusche; un anziano schiacciato contro il muro deliberatamente da un carrarmato tedesco…  

Come ogni anno anche quest’anno il Comune insieme all’Anpi ha celebrato la ricorrenza con la deposizione di fiori alle tombe dei partigiani al cimitero e nei luoghi degli eccidi, alla stele che ricorda partigiani e garibaldini, ai monumenti ai caduti di Chiusi Scalo,Chiusi Città e nelle frazioni. E come ogni anno dal 2014 ha visitato uno dei War cemeteries del Commonwealth in cui riposano i giovani sudafricani (ma anche inglesi, canadesi, indiani…) caduti a Chiusi e in questo territorio nel giugno del ’44.  Quest’anno è toccato a quello di Bolsena. Un atto doveroso di riconoscenza verso quei ragazzi, quasi tutti volontari, che partirono da lontano per liberare l’Italia e l’Europa da nazisti e fascisti. Senza di loro i partigiani da soli difficilmente sarebbero rusciti nell’impresa, senza i partigiani gli Alleati avrebbero faticato parecchio di più a risalire la penisola. 

In Italia il regime fascista era in realtà caduto il 25 luglio del ’43, ma Mussolini fu liberato dai tedeschi sul Gran Sasso e dopo l’8 settembre e l’armistizio con gli Alleati, la guerra continuò, anzi entrò nella  sua fase più violenta e feroce: gli irriducibili del regime diedero vita alla Repubblica Sociale Italiana, detta Repubblica di Salò e rimasero fedeli all’alleato nazista, contribuendo e partecipando attivamente alla cattura e deportazione degli ebrei e degli oppositori, ai rastrellamenti e alle fucilazione di partigiani, alle stragi perpetrate in tutta Italia da Civitella in Valdichiana a Marzabotto, da Bargiola a Sant’Anna di Stazzema… Ma anche in questo territorio a cavallo tra Umbria e Toscana non c’è paese che non abbia avuto vittime civili, partigiani fucilati, famiglie sterminate perché sospettate di avere legami con la resistenza…  Lungo le strade, sulle colline, in mezzo ai boschi sono numerosi i cippi, le steli, le croci che ricordano eccidi, stragi, fucilazioni, ragazzi impiccati ai lampioni…

Quello del ’44 fu un giugno piovoso e alla fine gioioso perché segnò, per questa parte d’Italia, la fine della guerra e di un incubo durato 20 anni… Il 19 si liberò Città della Pieve, il 20 Cetona, il 24 Sarteano, il 26 Chiusi, il 28 Pienza, il 29 fu la volta di Chianciano, Montepulciano e Castiglione del Lago… Se a Città della Pieve, Chiusi, Castiglione del Lago e Montepulciano combatterono soprattutto i sudafricani e canadesi, sul versante ovest del Monte Cetona, in val d’Orcia, insieme alle truppe britanniche c’erano anche i francesi comandati dal generae De Gaulle e gli americani che entrarono  a Siena il 3 luglio, e nello stesso giorno a Cortona. 

Oggi, con i Tg che parlano di guerre, bombardamenti, di riarmo, di stragi di civili, ricordare ciò che la guerra ha significato per questo territorio 80 anni fa non è solo un giusto e doveroso esercizio di memoria e un tributo di riconoscenza a chi diede la vita per porre fine al massacro, è anche un dovere. Un dovere civile, prima ancora che politico.

Ottantuno anni sono tanti. E il giugno del ’44 sembra lontanissimo. In effetti comincia ad essere lontano, ma in fin dei conti neanche tanto, perché molti di noi, i partigiani, i familiari stretti dei militari caduti, dei civili massacrati dalle bombe e dalle cannonate prima, dalle mine poi, li abbiamo conosciuti. Ci abbiamo parlato, abbiamo condiviso con loro tratti di strada; i luoghi in cui alcuni caddero li frequentiamo abitualmente, ci passiamo davanti senza farci troppo caso, così come non facciamo caso ai segni delle fucilate, delle raffiche di mitraglia, delle schegge che ancora sono visibili sulle facciate di certi palazzi. A Chiusi tutti noi frequentiamo il Teatro Mascagni. Ebbene in quei giorni piovosi, ma roventi del giugno ’44 proprio lì dentro, tra i palchi, nel loggione, sulle scale, nel giardino retrostante, decine e decine di ventenni che parlavano tedesco e inglese si scannarono in un sanguinoso corpo a corpo all’arma bianca. La battaglia del teatro, cominciata il 21, la vinsero i tedeschi occupanti, ma fu l’ultima difesa, per loro ormai non rimaneva che la ritirata e la fuga verso nord. Il 26 a Chiusi non ce n’era più nemmeno uno.

m.l.

 

 

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