DA PIETRAFITTA A SANREMO: IL RAP ANNI ’90 DI PABLO MIGUEL DETTO SHABLO E DEI SUOI TRE COMPARI

DA PIETRAFITTA A SANREMO: IL RAP ANNI ’90 DI PABLO MIGUEL DETTO SHABLO E DEI SUOI TRE COMPARI
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PIEGARO – Da Pietrafitta al palco dell’Ariston del Festival di Sanremo dove martedì sera si è esibito Shablo, al secolo Pablo Miguel Lombroni Capalbo, un nome che sembra quello di un calciatore dell’albiceleste… E in effetti Pablo Miguel Lombroni Capalbo detto Shablo è nato a Buenos Aires in Argentina, ma è di origine italiana, piegarese. E da anni vive nella frazione di Pietrafitta con la famiglia tornata dalla Americhe. Non è giovanissimo, ha 45 anni e di mestiere fa il produttore musicale, il Dj, il manager e talent scout, adesso anche il rapper.

A Sanremo si è presentato con 3 amici: Guè, Joshua e Tormento. Insieme hanno eseguito “La mia parola” brano che anche nel testo viene definito una “street song” che parla di ua città “fatta di cemento e smog” in cui “si vive e si muore senza soldi o alternative”…  In realtà però Pablo Miguel detto Shablo non ha cantato, sul palco c’era, con gli altri 3, ma come produttore. La voce solista è quella si Joshua. Ma gl altri non sono de parvenue: Guè è il rapper più famoso in Italia da 20 anni almeno…

“E’  una delle prime volte che un producer è in gara con gli artisti a Sanremo. È bello mettere luce sulla figura del produttore”, ha detto ai microfoni dei giornalisti Mauro Marino e Francesca Leto. “È un lavoro di team ci vuole artista, squadra, e il producer è un po’ come il regista di un film. Poi Joshua è il più giovane, è stato la scommessa del quartetto perché noi siamo molto uniti dalle performance, ma lui ha retto benissimo. Siamo super orgogliosi di averlo qui con noi…” ha continuato Shablo. Il brano, a risentirlo anche alla radio, sembra un classico rap anni ’90… Roba diversa dal Trap di oggi. E Pablo Miguel Lombroni Capalbo, detto Shablo, conferma: “Non è stata una cosa forzata: veniamo da quel mondo là, ascoltiamo quella musica, quindi non c’è nulla di costruito”. Anche il testo, a parte qualche riferimento agli ambienti difficili dei bassifondi urbani, all’infermo di cemento e smog, alla gente senza soldi o alternative,  al rap come “la voce di chi raccoglie le forze/Nonostante tutto mette da parte i forse/ qui vince la legge del più forte” non va molto oltre.  Eccolo per intero:

È una street song
Per dare quello che ho
Brucerò fino alla fine
Chiuso tra cemento e smog
È una street song
Qui la gente muore e vive
Senza soldi e alternative
L’unica cosa che so
24h 7 su 7 no stop
Siamo in sbatti sbatti per arrivare al top
Tu fai chatty chatty io faccio parlare il mio flow
Non ti danno abbracci qua sei da solo nel block
Io le mando baci lei che per me è la più hot
Mi dicevi taci, ora però sono il goat
Quaggiù odi e ami a giudicarmi è Dio
Amo la mia mami, amo sti money e l’hip-hop
È una street song/Per dare quello che ho
Brucerò fino alla fine/Chiuso tra cemento e smog
È una street song/Qui la gente muore e vive
Senza soldi e alternative/L’unica cosa che so
Suona dal basso questo gospel
È la voce di chi raccoglie le forze
Nonostante tutto mette da parte i forse qui vince la legge del più forte
È rap è blues e gin & juice
Fai il mio nome tre volte beetlejuice
Suona ancora più forte bad and boujee
Rock’n’roll lo sai party & bullshit
La voce del blocco suonerà più forte
Per quelle volte che ci hanno chiuso le porte
E ho solo una word, se dico che hai la mia parola
Lo sanno i miei g, questa è la way that we live
È una street song/Per dare quello che ho
Brucerò fino alla fine/Chiuso tra cemento e smog
È una street song/Qui la gente muore e vive
Senza soldi e alternative/L’unica cosa che so…

Detto questo Shablo & C.  sul palco di Sanremo, fatto di scale e lustrini e di molte melensaggini ad uso e consumo della casalinghe di Voghera,  ci hanno portato anche una carrettata di cemento e smog, di marginalità, di vita difficile insomma. La vita di chi i lustrini non li vede mai e vive e muore senza soldi e alternative. Di questi tempi non è neanche poco.

Non vinceranno il Festival i 4 amici al bar, e non entreranno nella storia (se non Shablo per essere il primo piegarese ad andare a Sanremo). Ma “La mia parola” non è di certo il peggior brano ascoltato. Non è l’unico ad echeggiare sonorità un po’ passate, tipiche di altre epoche, non è certo il più “ruffiano” nel senso di andare a cercare consensi e voti con testi strappalacrime.

Traduzione di quest’ultimo concetto: tra Shablo Guè, Joshua e Tormento e l’osannato Cristicchi, meglio i primi. Piegaro, Pietrafitta e tutta l’Umbria hanno tifato e tifano per loro. Giustamente.

m.l.

Nella foto (Perugia24.net): Shablo

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