ATTIVITA’ DA RIAPRIRE E SERVIZI SCOMPARSI: CHIUSI, TRA RESILIENZA E VOGLIA DI RIPARTIRE…

giovedì 16th, gennaio 2025 / 17:40
ATTIVITA’ DA RIAPRIRE E SERVIZI SCOMPARSI:  CHIUSI, TRA RESILIENZA E VOGLIA DI RIPARTIRE…
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CHIUSI – E’ scaduto lunedì 13 gennaio il termine ultimo per la presentazione dei progetti di dettaglio da parte degli aspiranti ad aprire attività nel centro storico sulla base del progetto Pop Up. E il sindaco Sonnini fa sapere che i progetti presentati sono 20. Un buon numero. E di varie tipologie. Adesso verranno valutati e verrà stilata una graduatoria. In sostanza adesso “è il momento dell’analisi di ogni singolo progetto per la futura scelta del fondo commerciale attualmente sfitto che tornerà a nuova vita”. In questo inverno freddo è una buona notizia. Magari non tutti e 20 i progetti troveranno attuazione, ma qualcosa succederà, e delle aperture ci saranno. Il nodo se mai è capire quali e quante delle attività riaperte rimarranno in piedi dopo la fase di sperimentazione coperta da incentivi (6 mesi). Intanto però l’interesse suscitato è buon segno.
Certo non c’è da farsi troppe illusioni. Perché per i paesi come Chiusi in forte crisi di identità e a rischio di decadenza rispetto ad un passato non solo più glorioso, ma anche più vivace, il problema principale non è tanto quello di riaprire di rialzare qualche saracinesca o di attrarre un po’ più di turismo. Il problema principale è il… ripopolamento. Chiusi Città, negli ultimi 25-30 anni ha perso popolazione inesorabilmente. E anche le attività economiche rimaste senza clientela hanno chiuso i battenti una dopo l’altra. Nel centro storico propriamente detto ormai ci abitano poco più di 100 persone. Per lo più anziane. Le scuole, le banche e altri servizi occupano anch’esse meno personale. C’è meno movimento anche legato a certi lavori. I negozi per turisti fanno colore, ma ormai mancano le attività essenziali per i residenti. Non c’è un negozio di alimentari che non sia una boutique che ha i prezzi da gioielleria. Non c’è più una mesticheria-ferramenta. Non c’è un negozio di frutta. Una pasticceria. Nella città vecchia non c’è nemmeno un’edicola vera e propria. O una copisteria. Non c’è un supermercato, neanche di quelli di vicinato dove trovi un po’ di tutto.
Per ripopolare il centro storico la prima cosa da fare è incentivare la residenza, invogliare le giovani coppie ad abitarci. Ma per fare questo serve che ci sia un minimo di servizi. Che il centro storico non soia solo un dormitorio o una “cartolina” per chi ci viene per mezza giornata. Negli anni ’70 la politica discuteva molto (e litigò anche parecchio) sulle previsioni di un Piano Regolatore che prefigurava uno sviluppo tumultoso e un aumento della popolazione dai 10.000 abitanti di allora al 20-30 mila… Previsione del tutto sballata, perché poi le cose sono andate nella direzione opposta già dalla metà degli anni ’80… C’è stata un po’ di “resilienza” negli anni ’90 e primi 2000. Poi il tracollo dovuto anche a tendenze globali, a cambiamenti epocali, non solo alla “concorrenza” agguerrita dei paesi limitrofi che si sono mossi con più spregiudicatezza e forse con pù acume. Adesso siamo ai minimi storici. Chiusi (e qui il discorso vale sia per il centro storico che per lo Scalo) non è mai stata così… dimessa. Così deserta, silenziosa, grigia, svuotata di senso e di energia.
Ogni piccolo segnale, in questo mare triste, è dunque un segnale quantomeno di speranza. Di ripresa. Lo abbiamo scritto tante volte su queste colonne – anche di recente dopo la nomi della Valdichiana senese a Capitale toscana della Cultura 2025 -: Chiusi non ha meno risorse di altre cittadine limitrofe, probabilmente ne ha di più sia sotto l’aspetto storico-aercheologico-culturale che sotto l’aspetto della dotazione di servizi e della logistica, deve solo ritrovare il bandolo della matassa, un po’ di verve e di “autostima” (senza autostima anche le buone squadre le partite le perdono) e il modo di mettere a frutto il patrimonio e i giacimenti che ha. Per esempio: si parla molto di promozione turistica, di come arrivare a quote di pubblico mai raggiunte fino ad ora. Nei giornoi scorsi il Gruppo Effetti Collaterali GEC che organizza il Lars Rock Fest ha diffuso a mezzo social due videoclip, uno sull’edizione 2024 del festival e uno sul concerto ai vecchi lavatoi della cantautrice americana Scout Gillet del 10 marzo. Entrambi sono molto ben fatti. Il secondo poi non è solo una clip su un evento musicale. Ma uno spot in inglese per la città, con l’artista americana seguita passo passo mentre visita i musei, il labirinto sotterraneo, la torre campanaria, percorre i vicoli e si entusiasma per il paesaggio, per la qualità della vita in un luogo come Chiusi…  E anche i vecchi lavatoi nelle riprese del concerto fanno la loro figura. Ecco, quello è un modo intelligente, serio, di fare “promozione territoriale”. Non sappiamo su che canali girerà quel videoclip, quanti lo hanno visualizzato fino ad ora e quanti lo vedranno negli Usa e nel resto del mondo. Ma ci sembra una strada da seguire. Del resto anche le cittadine che volano turisticamente come Montepulciano certe strade le hanno già percorse. In una puntata di qualche anno fa della serie Tv Private Eyes (produzione Canada-Usa) ambientata a Toronto e andata in onda sul canale 21 del digitale terrestre nei giorni scorsi, la figlia adolescente di uno dei due detective protagonisti parte per un viaggio di studio in Italia. Nella prima telefonata che fa al padre dice di trovarsi “in un posto bellissimo in Toscana che si chiama Montepulciano, la città dove fanno il vino più buono del mondo”. E quella frase non è stata messa lì a caso. Quanti americani e canadesi l’avranno sentita? Claro il concetto? Fatelo girare quel videoclip dei GEC!
m.l.
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