RIPORTATE A CASA CECILIA SALA. LA GIOVANE GIORNALISTA ARRESTATA IN IRAN

sabato 28th, dicembre 2024 / 15:48
RIPORTATE A CASA CECILIA SALA. LA GIOVANE GIORNALISTA ARRESTATA IN IRAN
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La giornalista Cecilia Sala, giovanissima reporter di guerra e autrice di reportage e podcast su storie particolari, anche da luoghi difficili, da dieci giorni è detenuta a Ervin in Iran. Addirittura in isolamento. Si è saputo però solo ieri, dopo che l’ambasciatrice italiana a Teheran ha potuto farle visita in carcere. Prima la notizia era stata tenuta volutamente sottotraccia anche dai giornali e agenzie per cui Cecilia Sala lavora. Questo per evitare di complicare le cose e per consentire i passi diplomatici e politici necessari alla sua libeazione. Un silenzio stampa comprensibile. Non è la prima volta che accade. Ma se la cautela e anche il silenzio dei media sono “prassi” quando si tratta di rapimento e la persona in questione è ostaggio di bande criminali, o organizzazioni terroristiche, in questo caso la situazione è diversa: Cecilia Sala non è ostaggio di qualche cellula jihadista o di terroristi internazionali. E’ tenuta prigioniera (in prigione) da uno Stato che è riconosciuto dall’Italia. A decidere l’arresto sono state le autorità, quindi il governo, di quello stato. Cecilia è stata fermata e poi arrestata e incarcerata mentre faceva il suo lavoro, con un regolare visto giornalistico. Senza che si sappiano i motivi precisi. Oggi, dopo che la notizia dell’arresto è stata confermata e diffusa, pur con tutte le cautele del caso, tutti fanno notare che l’Iran è uno Stato teocratico, dove fare del giornalismo è pericoloso, dove la libertà di espressione e anche altre libertà personali non solo non sono garantite, ma sono anche sostanzialmente perseguite. Insomma tutti additano l’Iran come uno stato illiberale che sostiene e finanzia anche le varie organizzazioni del fondamentalismo islamico, comprese quelle in guerra con Israele (Hamas, Houthi, Hezbollah…). Uno dei motivi dell’arresto di Cecilia Sala potrebbe essere una sua intervista ad una oppositrice iraniana, ma potrebbe anche trattarsi di altro. Precisamente di un atto di ritorsione: il giorno prima che Cecilia venisse arrestata, cioè lunedì 16 dicembre, all’aeroporto milanese di Malpensa era stato fermato, su mandato Usa, un 38enne con doppia cittadinanza svizzera e iraniana, Mohamed Abedini Najafabadi, sospettato (e accusato) di aver messo in piedi una società di comodo per il traffico di armi e in particolare per aver fornito i droni utilizzati dai pasdaran della Guardia Rivoluzionaria nell’attentato del 28 gennaio scorso contro una postazione militare in Giordania, che provocò la morte di tre soldati statunitensi e il ferimento di altri quaranta. Contemporaneamente negli States era stato arrestato Mohammad Sadeghi, ritenuto suo complice. Per i due arresti il governo di Teheran ha protestato formalmente, convocando sia l’ambasciatore svizzero in Iran (che cura anche gli interessi degli Usa) che un diplomatico italiano. Insomma Cecilia Sala potrebbe essere finita dentro un intrigo internazionale, suo malgrado. Ed è più probabile che sia questa la ragione dell’arresto, piuttosto che le interviste e i servizi che stava inviando dall’Iran. Aveva intervistato anche un noto esponente dei Pasdaran (i guardiani della rivoluzione, cioè la “milizia” del governo).

Se di intrigo si tratta la questione si fa ancora più delicata.

Quello che si dice dell’Iran e della natura illiberale del suo regime è verità. E certo trattare con paesi del genere è sempre complicato. Oggi tutti scrivono titoli del tipo “Il giornalismo non si arresta”. E su questo siamo d’accordo. Ci mancherebbe altro, così come siamo d’accordo sul fatto che Cecilia Sala debba essere rilasciata prima possibile. Siamo tutti in ansia per lei che è una collega giovane, brava e coraggiosa. E pure scrupolosa (dice chi la conosce), quindi è difficile che abbia commesso qualche sciocchezza o abbia fatto cose illegali, anche se in Paesi come l’Iran il confine tra legalità e illegalità, secondo la legge degli Ayatollah è piuttosto labile.

Detto questo però non possiamo non rilevare – parlando di Cecilia Sala – che lo Stato libero e democratico di Israele di giornalisti che facevano il loro lavoro a Gaza e nei terrirtori occupati ne ha fatti fuori (con bombe e pallottole) circa 200, molti erano palestinesi, ma nell’elenco figurano anche francesi, americani, australiani…

E non possiamo non ricordare la vicenda di Julian Assange, che per aver fatto il giornalista è stato tenuto in carcere dal 2019 al 2024, non in Iran, ma a Bermarsh, penitenziario di Sua Maestà, nel Regno Unito. E dal 2012 al 2019 è stato costretto a rimanere rinchiuso nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra, per evitare l’estradizione nei civilissimi e democratici Stati Uniti d’America, dove è accusato di cospirazione e divulgazione di notizie coperte da Segreto di Stato.

Sotto il profilo della libertà di stampa e di espressione gli stati canaglia non sono solo quelli illiberali, auocratici e a partito unico. In Ucraina già nel 2003 (20 anni prima dell’invasione russa),  il parlamento emise una legge che rendeva illegale la protezione delle fonti giornalistiche, e che di conseguenza prevedeva l’arresto degli operatori dell’informazione sospettati di rivelare segreti di Stato. Ne parlammo anche noi in un convegno, con mostra fotografica intitolato “Penne spezzate” al Forum Cronanche Italiane nel 2010. Durante la guerra con i russi iniziata nel 2022 il governo Zelensky ha redatto una black list di giornalisti “sospetti” e indesiderati (c’erano anche 8 reporters italiani).

Noi siamo con Cecilia Sala, auspichiamo che il governo e la diplomazia italiana riescano a riportarla a casa e a fare il suo lavoro. Ci auguriamo che le autorità del nostro Paese si facciano sentire con il governo iraniano, e, se sarà necessario anche con gli Usa, senza piegarsi per sudditanza a logiche da guerra fredda.

Va anche detto che se è vero che l’Iran è un Paese illiberale, è altrettanto vero che l’Italia non disdegna di fare affari con Teheran, essendo uno dei principali fornitori europei dell’Iran in diversi campi.

Ministero degli Esteri, ambasciata, servizi segreti staranno certamernte lavorando per ottenere la liberazione della giovane giornalista italiana. Come testata giornalistica anche noi rispettiamo la richiesta di tenere un profilo basso sulla questione, finché le cose non saranno più chiare.  Di quanto sia importante la libertà di espressione, di informazione e anche quella di muoversi non ce ne accorgiamo quando i media ci propinano verità fasulle costruite a tavolino, quando l’informazione in realtà è solo propaganda. Ce ne accorgiamo invece quando qualcuno finisce in un tritacarne. Quando succedono cose come l’arresto di Cecilia Sala. E purtroppo di espisodi del genere nel mondo ne succedono tanti. Sicuramente troppi. E su molti di essi ci voltiamo pure dall’altra parte.

m.l.

Nella foto Cecilia Sala a Kabul (da suo profilo facebook)

 

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