L’ANIMA DEL PALLONE? I TIFOSI. E’ DAL TIFO CHE SI RICONOSCE UN PAESE: IL CASO-CHIUSI

giovedì 21st, novembre 2024 / 12:14
L’ANIMA DEL PALLONE? I TIFOSI. E’ DAL TIFO CHE SI RICONOSCE UN PAESE: IL CASO-CHIUSI
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Fischia il vento infuria la bufera, scarpe rotte eppur bisogna andare. Al Campo Sportivo. Alle nove di Domenica mattina. Nessuna rivoluzione, o forse si: è dura la vita del tifoso. Ho giocato soltanto con questa maglia, quindi non posso avere una visione completa di tutte le squadre del vicinato, ma dopo diversi anni e centinaia di incontri, posso affermare con ragionevole certezza che ogni tifoseria rappresenti molto meglio di qualsiasi analisi antropologica, l’essenza più profonda dei nostri piccoli/grandi paesi. Con il pubblico chiusino ho avuto un buon rapporto, di sincera gratitudine, forse sono stato aiutato dalla mia interpretazione delle partite estremamente dispendiosa, in ogni caso ho sentito sempre il sostegno di tutte le frange della variopinta torcida biancorossa. Gli schizzinosi avventori da “un paio di volte l’anno” non mi hanno mai ritenuto troppo fuori luogo; gli irriducibili della RedWhiteZone hanno apprezzato il mio senso di appartenenza e per questa ragione tantissime volte mi hanno risparmiato critiche tecniche che altrimenti avrei abbondantemente meritato; il condottiero Luca Marano insieme ai suoi luogotenenti ha sempre seguito la Polisportiva negli anni d’oro e li ricordo sempre con affetto a cominciare dal mitico Breccio, il quale forse meriterebbe anche l’intitolazione di un pezzo di tribuna. Ma questa è un’ altra storia. Devo ammettere però, probabilmente perché coetanei, sono stato particolarmente legato fin da giovane ai tremendi FratBoys, che hanno iniziato a seguire il Chiusi, proprio quando io mi affacciavo giovanissimo alla Prima Squadra. E quindi mi viene automatico adesso unirmi a loro il giorno della partita, mi sembra giusto addirittura, logico. I bandieroni sono issati, i fuochi d’artificio preparati, possiamo andare a pranzo direi. Perché i tifosi, quelli organizzati s’intende, la partita la vogliono vivere così, tutti insieme. È un rituale, al quale io non avevo mai partecipato naturalmente, il pasto va consumato alle 12.30 con tutte le famiglie al gran completo; non sono portate da atleti come capirete, e anche la valvola del minimo alcolico, viene rapidamente alzata in maniera cospicua. Carne e vino rosso per i grandi, pasta al pomodoro per i bambini. È una piccola comunità in continua evoluzione. Paolo, Diego e Geremia mangiano alla svelta, vanno all’asilo, non vogliono rubare altro tempo prezioso al pallone; nelle loro partitine i beniamini del Chiusi, diventano persone famose anche se parenti stretti. Angela, Sharon e Luce li guardano divertite dai loro seggioloni. Gli uomini scherzano, a voce alta e ridono, ogni tanto abbassano la voce sui passaggi più sconci ed osceni, per non offendere le ragazze, le loro compagne, la vera anima del gruppo. Anna, Sonia ed Amira, è sempre la stessa storia, gli angeli del focolare silenziosamente guidano e traghettano con uno sguardo materno, noi scalcinati vitelloni. Nota a margine dei brindisi, due di loro sembrano in dolce attesa, i Frat sono in aumento! Tutti al campo dunque, tutti al mitico Comunale Fabio Frullini. La partita è complicata, dagli spalti come di consueto volano parole grosse non sono giornate per chierichetti, le bandiere di Camerun e Kosovo comunque sventolano alte, il povero Direttore di Gara passa nel giro di pochi secondi da “bravo, ottimo signore per ora non hai sbagliato niente!!” a “che cazzo fai te vestito di giallo, figlio di puttana, te la dai una svegliata??!!”

Amedeo, Antonio e “LilloLallo” confezionano anche un gran goal. Il momentaneo pareggio che fa esplodere la Torcida. Il Chiusi alla fine perde e perde anche la possibilità di lanciarsi nelle zone nobili della classifica, ma i FratBoys sono appagati, hanno visto la squadra lasciare ogni energia sul campo, la maglia è stata onorata. Perché per l’appassionato di pallone vero, genuino, solo quello conta: l’impegno. I giocatori hanno un patto non scritto con gli Ultras, devono dare tutto e quando possibile esultare insieme sotto lo spicchio occupato dai tifosi ogni domenica. In casa ed in trasferta. In questi anni, ne sono state dette tante riguardo ai FratBoys, commenti sprezzanti, cattiverie talvolta con un fondo di verità: persone esagitate, maleducate e spesso oltre i limiti imposti dalla legge. Sono stati squalificati, hanno pagato. Ma ora vi domando, in questi anni di crisi sportiva ed economica, chi ha sostenuto sempre la Squadra del proprio paese senza mai permettersi di criticare un singolo giocatore? Chi ha seguito il Chiusi ovunque in ogni campo, lanciando di fatto anche quella salvezza leggendaria di due anni fa? Nessuno ha dato piena fiducia a questo nuovo gruppo di giovani. Nessuno. A parte loro. È dura averci a che fare, sono spontanei, certamente non potranno mai diventare i testimonial UEFA per la campagna del Fair-Play, eppure quando c’è da dare una mano, loro sono lì che te ne danno due. Napoletani, Tunisini, Rumeni,Siciliani, Nigeriani, Polacchi, tutti Chiusini. Tutti. Ed io mi sento a casa insieme ai Frat. In un mondo che ci vuole divisi, razzisti schifosi, individualisti e rincoglioniti tramite un piccolo schermo, gli Ultras Biancorossi ci mostrano che il futuro è già qui. Un manipolo di pericolosissimi personaggi, dove non vale il colore della pelle, non conta l’estrazione sociale e a nessuno interessa chi ti credi di essere, tutti nella stessa barca, col vento in faccia che ti scompiglia i capelli, e la sigaretta in bocca che ti fa sentire vivo. Molti nostri compaesani sono in totale disaccordo con il tifo organizzato, la maggior parte delle ” persone perbene ” si vergogna addirittura di certe manifestazioni d’attaccamento, considerate ineleganti e fuori moda. Questa invece è l’anima di Chiusi. Che piaccia o meno alla città. Anzi, dobbiamo impegnarci affinché questo esempio di convivenza ed impegno sociale venga seguito e normalizzato dai nostri figli. Ci sarà qualche comportamento da limare, angoli da smussare, ma i FratBoys in sostanza stanno a qui a ricordarci che la realtà è fuori dalle nostre case, lungo le strade, fra le piccole gioie che ci permettono di stare in compagnia. Impegnarsi dentro le nostre comunità, rimane l’unico antidoto contro un mondo difficile. Forse non saranno simpatici, ma sono veri. Ed io sto con loro, con orgoglio sosterremo sempre i ragazzi, i nostri ragazzi che per i tifosi sono sempre i migliori. Come i figli per la mamma. E la squadra lo sa. E lì aspetteremo sotto la curva, làddove viene riconosciuto l’impegno, làddove questo gioco bellissimo trova il suo significato; làddove si riconosce un paese.

Francesco Ferretti

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