CHIUSI, 21 NOVEMBRE: 80 ANNI FA IL BOMBARDAMENTO DELLA STAZIONE. UNA MOSTRA FOTOGRAFICA E VARIE INIZIATIVE A RICORDO
CHIUSI – L’allarme lo diede la sirena del Pastificio Pianigiani, era poco prima dell’una. Era successo altre volte, senza però conseguenze.
All’una e mezza una telefonata dalla stazione di Terontola avverte i colleghi di Chiusi che è appena transitata una formazione di cacciabombardieri: metà vola verso Ancona, l’altra metà verso Chiusi. Dalla Cabina A, vicina al passaggio a livello, il deviatore Picchiotti si affaccia alla finestra e grida a squarciagla: Eccoli! Eccoli! Il rumore è assordante. Le fortezze volanti volano basse. Pochi attimi e si scatena l’inferno. E’ il 21 novembre del 1943, 80 anni esatti oggi. E’ domenica. Gli aerei angloamericani sganciano sulla stazione di Chiusi 27 tonnellate di bombe.
L’edificio centrale, bellissimo, con il porticato avanzato sul davanti resta in piedi, ma è completamente inagibile. Tutto il resto è raso al suolo, i binari saltano uno dopo l’altro, fino alle Biffe. Sul terzo binario una tradotta tedesca carica di mezzi militari, motori di aereo e cisterne di carburante è colpito in pieno e devastato. Sul marciapiede i corpi senza vita,straziati, di alcuni militari della Wermacht che avrebbero dovuto partire con quel treno alle 14,30 direzione Germania. Tornavano a casa. Nel sottopasso, invaso dal gasolio fuoriuscito dalle cisterne galleggiano altri corpi. Un macello. Il piazzale della stazione e tutta la strada che costeggia i binari (l’attuale via Mazzini) sono una nuovola di polvere, fumo, calcinacci. Le schegge volano e mietono persone. Oltre ai soldati tedeschi, 8 civili perdono la vita. Tre sono ferrovieri: Ivo Lucaccini, Raffaele Meoni e Giulio Crezzini. Uno, Bixio Borsetti è un commerciante di Sorano che si è trovato nel posto sbagliato nel momento sbagliato, così come Giovanni Bertacchi, che veniva da Ala in provincia di Trento, Letizia Bertocci, Adelaide Bonomini e Annunziata Rocchini. Tutte vittime innocenti della follia della guerra. Sulla facciata della stazione c’è una epigrafe che ricorda il loro sacrificio.
Le bombe sganciate sulla stazione di Chiusi erano il “fuoco amico”, ormai dall’8 settembre la guerra era cambiata. L’Italia non era più alleata dei, ma occupata dai tedeschi nazisti. I Fascisti erano diventati la Repubblica di Salò e stavano con loro. Molti giovani, anche chiusini avevano già fatto la scelta di andare in montagna. Alcuni per convinzione politica, altri semplicemente per non rispondere alla chiamata alle armi della Rsi che aveva proprio all’inizio di novembre richiamato le classi 1924 e ’25…
Il bombardamento devastante della stazione, del 21 novembre, fece capire a tutti che la guerra, quella vera, era arrivata anche nelle case dei chusini e ormai si sarebbe combattuta anche così, coi bombardamenti a tappeto, non solo al fronte…
Sono passati 80 anni. Un tempo lungo. Ma ci sono ancora testimoni di quella tragica giornata. Chi è nato dopo ha avuto comunque in casa genitori, zii, nonni che quella giornata l’avevano vissuta e chissà quante volte l’hanno raccontata. Io sono nato nel 1956, 13 anni dopo, ma mio padre, che aveva 17 anni. ci si trovò in mezzo a quel bombardamento e si salvò per miracolo, gettandosi, con altri ragazzi in un fosso che era lungo quella che è adesso Via Mameli. La stessa cosa fece Giorgio Bargi, che faceva l’avventizio alla Cooperativa Portabagagli della stazione, del quale raccolsi la testimonianza per Primapagina nel 1995 (testo poi riportato anche nel libricino “Nove mesi” edizioni Del Bucchia, 2009).
Come ricorda in un’altra testimonianza, sempre raccolta in Nove Mesi, Lidio Paolini, ferroviere che lavorava alla biglietteria, anche lui salvo per miracolo, il bombardamento tagliò in due l’Italia, interruppe il traffico ferroviario per 7-8 giorni. Gli uffici della stazione furono temporanamente spostati nelle case di alcuni ferrovieri lungo via Manzoni. La biglietteria nei locali del Dopolavoro… Nei mesi successivi tra gennaio e giugno del ’44 la stazione di Chiusi riattivata, ma non rimessa in piedi fu bombardata altre due volte e fu teatro di altre vicende drammatiche come il transito e la sosta dei treni “piombati” con dentro i deportati destinati ai campi di concentramento e di sterminio. Alcuni di quei vagoni furono “aperti” da ferrovieri eroi loro malgrado che sfidarono i soldati tedeschi e la sorte per liberare quei disperati con le tronchesi e la mazza. “Di fronte a quella sofferenza cos’altro potevamo fare?” raccontò uno di loro.
Sicuramente un bel programma. Peccato in orari in cui i comuni mortali hannoil vizio di lavorare.