31 ANNI FA CHIUDEVA I BATTENTI IL PCI E NASCEVA IL PDS. C’ERA UNA VOLTA IL PARTITO DEI SINDACI. ORA COSA C’E’?
Il 3 febbraio 1991, al termine del XX ed ultimo Congresso del Pci, nasceva a Rimini il P.D.S. (Partito Democratico della Sinistra). Le lacrime di Occhetto, ricordate? Ecco, quello fu l’inizio della fine. Da lì in poi la frana della sinistra sarebbe stata inarrestabile. Dal Pds, ai Ds, al Pd, una discesa sempre più rovinosa. Uno smottamento continuo verso derive sempre più centriste, moderate, molli come il limo delle paludi. Consensi in calo, folle oceaniche di orfani ad ingrossare il “non voto”, l’irresistibile ascesa di una classe politica nuova, ma senza ideali, senza cultura senza fantasia, nata e cresciuta sull’onda del “riflusso” prima e del renzismo poi. Pochissime le eccezioni. In generale un trionfo di terze e quarte file… Ministri, presidenti di regione, segretari di partito a livello comunale provinciale che 10 anni prima avrebbero fatto sì e no il capo-cellula. Forse (ma non è detto) il responsabile della cucina alla festa de l’Unità…
Prima… c’era, ad esempio il “partito dei sindaci”. Che era un partito nel partito. E la punta dell’iceberg. Quella che faceva stare il partito in prima linea. Perché i sindaci di prima, quelli cioè, di prima del 1991, erano sì i front men delle amministrazioni locali, ma errano al tempo stesso classe dirigente, erano, per dirla più chiaramente, dirigenti essi stessi del partito. E con il partito facevano corpo unico. Parlo dei tempi del Pci, in parte anche dei tempi del Pds-Ds…
In questo territorio, che era sì periferico, ma era anche uno dei “più rossi” d’Italia e quindi in prima linea per quella che era l’imagine della sinistra di governo, negli anni ’70-80 si affermò una classe dirigente che aveva nei sindaci la punta di diamante. In quegli anni il partito elaborava e le amministrazioni locali mettevano in pratica ciò che il partito elaborava. Non solo ma cercavano anche di rispondere, a livello locale, alle sollecitazioni che arrivavano da riforme nazionali. E così alla riforma sanitaria del ’78, si tentò di rispondere con la costituzione dei consorzi socio sanitari, che anticiparono la nascita delle Asl. Con il consorzio per il termalismo sociale si cercava di rispondere alla estromissione delle cure termali dal servizio sanitario nazionale, provando a salvare il salvabile… Nacquero in quegli anni le Associazioni Intercomunali, le Comunità Montane… In questa zona a cavallo tra Umbria e Toscana cominciò a farsi strada l’idea di territori omogenei e integrati capaci si superare la crisi delle province e la distanza dalle Regioni. E’ tra la metà degli anni ’70 e la metà degli ’80 che si fanno strada l’idea della “Città Valdichiana” sul versante senese e del “Comprensorio del Trasimeno” sul versante umbro. I sindaci di allora furono i principali protagonisti di quei processi. Francesco Colajanni e poi Pieroi Di Betto a Montepulciano, Giancarlo Laurini a Chiusi, Albo Fregoli e Maria Teresa Fè a Chianciano, Vera Petreni a Pienza, Athos Meiattini a Trequanda, Sirio Bussolotti a Cetona, Riccardo Mariotti a San Casciano Bagni, Lori Cateni a Sinalunga… per fare qualche nome per la zona Valdichiana. Palmiro Govagnola e Danilo Fonti a Città della Pieve Massimo Bianchi a Piegaro, Giancarlo Faltoni, Fiorello Primi a Castiglione del Lago, Mencarelli e Brilli a Panicale, per l’area del Trasimeno. Stefano Cimicchi ad Orvieto…
Tutte figure che non possono essere catalogate solo come sindaci. Tutti erano anche dirigenti di primissimo piano del partito (quando si chiamava Pci, poi anche con il nome Pds e Ds). E in questo quadro si possono tranquillamente annoverare molti dei loro successori e anche alcuni socialisti (Doricchi a Cetona, Olivieri a Montepulciano, Norrito a Chianciano), animati dalla stessa tensione e prospettiva…
Le generazione dei sindaci anni ’70-80 veniva dopo quella dei sindaci/dirigenti-mezzadri o figli delle lotte mezzadrili degli anni ’50-60 (i vari Rosati, Canestrelli a Chiusi, Baccheschi a Torrita, Morgantini a Sarteano, Massoni a Montepulciano, Giuliacci a Cetona..), era una generazione “urbana” cresciuta e formatasi nelle lotte studentesche o nelle fabbrichette della zona, ma soprattutto in quella “scuola di formazione” che erano le sezioni del partito, dove avevano fatto esperienza comunitaria, gavetta… Luoghi come la Casa del Popolo di Moiano erano una piccola Università, in tal senso.
Poi cosa è successo? E’ successo che dopo la fine del Pci è cominciata la gara a smarcarsi. Ad accreditarsi come… diversi. E’ stata escogitata a livello nazionale l’elezione diretta del sindaco. E da lì la personalizzazione della politica e il progressivo svuotamento del ruolo dei partiti. Pur rimanendo tutti legati a doppio filo con il partito-casa madre, i sindaci successivi, nella maggioranza dei casi hanno lavorato più per sé sessi, per la propria immagine, e la propria carriera che per l’ideale, per il partito che li esprimeva… E’ cominciata la stagione dei cambi di casacca, dei corpi estranei assurti al ruolo di number one, la stagione delle primarie (escamotage per far eleggere sindaci graditi agli avversari) e da le ubriacature centriste, la democristianizzazione latente o conclamata, gli smottamenti, e infine le debacle… Chianciano che dopo sindacature piuttosto improbabili tracolla e passa alla destra; Città della Pieve che elegge Fausto Scricciolo, bravissima persona e tecnico più che affidabile, ma corpo totalmente estraneo al Pd in cui è entrato sull’onda della rottamazione renziana, poi lo abbandona, aprendo la strada ad una lista civica filoleghista… Montepulciano che con Andrea Rossi, figura di grandi capacità e di ottimi risultati, lavora soprattutto per sé stessa, dimenticando e mettendo da parte le antiche suggestioni unitarie del territorio…
Dalla metà degli anni ’90 è passata ed ha prevalso la linea ognun per sé Dio per tutti. Con qualcuno che è stato bravo (Rossi) e altri molto meno. Salvo per fare gli affari propri, nel senso delle loro personali carriere, su quel versante sono stati bravi in tanti…
La deriva personalistica e sempre meno politica è cominciata, comunque, molto tempo fa. Con i Ciarini, i Ceccobao, i Dionori… In buona misura è dovuta anche alla legge elettorale, all’elezione diretta che favorisce nell’immaginario collettivo l’identificazione con la persona più che con l’idea che essa rappresenta. L’impovermento dei partiti ha fatto il resto.
Oggi, 2022, 31 anni dopo il Pci, 15 anni dopo la nascita del Pd, cosa rimane sul terreno? Rimane un tessuto politico sfilacciato. Un partito pressoché inesistente e sindaci che vanno avanti senza più un’idea comune. Una linea condivisa. Un tempo i sindaci citati, ma anche i loro successori, si conoscevano bene, si frequentavano, si incontravano spesso, anche al di fuori delle occasioni ufficiali. E non solo entro i propri confini. Oggi la situazione è molto diversa, perché è diversa la situazione dei partiti e del Pd in particolare. Ma anche i sindaci, i front men, non sono più come quelli di qualche anno fa. Siamo sicuri che si parlino tra loro? Dovrebbero, ma… lo fanno? E perché non lo fanno?
Perché non c’è più l’abitudine, la consuetudine a farlo, perché costa fatica, perché non c’è un partito che fa da collante e da luogo fisico di incontro e confronto. Perché la generazione che “comanda” attualmente non ha la curiosità di andare a cercare il pelo nell’uovo e si limita a gestire, se va bene, l’esistente. E’ una generazione di amministratori “scolastici”. Più ragionieri che politici. E con bandiere molto sbadite, in modo che vadano bene per tutte le stagioni. Tutte brave persone, ci mancherebbe, ma piuttosto asettiche, politicamente parlando. Gente che raramente dice la sua sui grandi e piccoli temi sul tappeto, che “gestisce”, non dirige, non detta e neanche discute una linea…
Oggi, sull’onda della vecchia Associazione Intercomunale, c’è l’Unione di Comuni, nella quale qualcosa si discute, ma… quante volte – per dire – il sindaco di Chiusi – ha incontrato negli ultimi mesi il suo collega di Sinalunga? eppure Chiusi e Sinalunga sono due paesi “speculari” con problematiche comuni. I due sindaci sono entrambi del Pd… Sonnini ha mai incontrato, da quando è sindaco, Matteo Burico, Fausto Risini o Roberto Cottini? Il discorso vale anche anche al contrario., naturalmente. Quante volte il sindaco di Torrita ha incontrato quello di Sarteano o il dirimpettaio aretino di Cortona? Nel Trasimeno i sindaci ultimamente si stanno muovendo unitariamente sulla sanità, e non è poco, ma su altri temi neanche si “annusano”…
Qualcuno dirà che il Pd non è il Pds e tantomeno non è il Pci. Che il mondo è cambiato. Che il quadro istituzionale è cambiato. Che la politica oggi si fa in modo diverso…
Questo è il tema: come si fa politica oggi? qualcuno senza dubbio la fa. E determina le situazioni e le scelte. Ma chi è questo qualcuno? E dov’è che decide?
m.l.
Trovo utile rileggere una parte di un articolo scritto da N. Bobbio
Buona lettura
“In un mondo di spaventose ingiustizie, com’è ancora quello in cui sono condannati a vivere i poveri, i derelitti, gli schiacciati da irraggiungibili e apparentemente immodificabili grandi potentati economici, da cui dipendono quasi sempre i poteri politici, anche quelli formalmente democratici, il pensare che la speranza della rivoluzione sia spenta, e sia finita solo perchè è fallita, significa chiudersi gli occhi per non vedere.
Sono in grado le democrazie che governano i Paesi più ricchi del mondo di risolvere i problemi che il comunismo non è riuscito a risolvere? Questo è il problema. Il comunismo storico è fallito, non discuto. Ma i problemi restano, proprio quegli stessi problemi che l’utopia comunista aveva additato e ritenuto fossero risolvibili. Questa è la ragione per cui è da stolti rallegrarsi della sconfitta e fregandosi le mani dalla contentezza dire: “L’avevamo sempre detto!”. O illusi, credete proprio che la fine del comunismo storico (insisto sullo «storico») abbia posto fine al bisogno e alla sete di giustizia? La democrazia ha vinto la sfida del comunismo storico, ammettiamolo. Ma con quali mezzi e con quali ideali si dispone ad affrontare gli stessi problemi da cui era nata la sfida comunista?”
Morellini Mario
Scusate se rispondo a me stesso. Sono nato a Sarteano nel 1955 e mi sono iscritto al PCI nel 1973. Che la fine del PCI 1991 interessi poco lo capisco (con i tempi che viviamo) Caro Lorenzoni ma senza PARTITI o con partiti deboli la DEMOCRAZIA soffre…soffre parecchio. Buon 25 Aprile a tutti
Caro Morellini, condivido tutto quello che hai detto dalla prima fino all’ultima parola.
Solo poche note, ovviamente schematiche e parzialissime, per aggiungere alcuni aspetti che hai tralasciato. Il percorso che hai tracciato nasceva da un assunto: occorre “aggiornare” l’immagine del partito per farla diventare più moderna, meno legata ad una rigida rappresentanza della centralità operaia per farsi volto plurale dell’intera società. Questo aspetto strategico si è venuto a saldare con le modifiche strutturali sia della forma produttiva (preminenza dell’economia immateriale rispetto alla manifatturiera), sia della forma partito (dalla struttura elitista/avanguardista di eredità leninista e michelsiana all’attuale forma correntizia notabilare – che riguarda un po’ tutti i partiti), che si è accompagnata alla modifica della capillarità territoriale (il partito attuale è sempre meno “periferia” e sempre più “centro”). Insomma, ci troviamo di fronte all’esito di un processo che solo in parte è stato soggettivamente perseguito: è stata una risultante di forze interne ma soprattutto esterne. Questo spiega la burrascosità che emerge a tratti nella convivenza delle varie anime del PD. Quanto ai sindaci, nelle piccole città si tratta di figure che hanno caratteristiche personali ben note all’elettorato e forse sono più loro a trainare il partito che non viceversa. Certo, lo vado dicendo da tempo, scontano i limiti di una legge che, non dimentichiamolo, è stata pensata e stilata da un reazionario su misura per un progetto di destra. E non è stata mai modificata. Però, almeno in questa zona, i nostri sindaci riescono a parlarsi. Ovvio, sono portatori di interessi territoriali (e personali) che tavolta sono confliggenti, ma, per quanto si può vedere (e per come li conosco), stanno lavorando bene e di concerto. Sarebbe meglio facessero sapere di più quel che fanno, ma la giornata è di 24 ore e la stanchezza prende anche loro. Magari forse proprio su questo aspetto comunicativo il partito potrebbe ridisegnare in parte il suo ruolo.
X Sorbera.Posso essere teoricamente d’accordo su quanto dici ma solo teoricamente quando soprattutto parli del ” partito che potrebbe ridisegnare il suo ruolo”.Tieni presente dell’escursus attraverso il quale si è arrivati ai punti nei quali quel partito si trova oggi , che abbandonando soprattutto per influssi e condizionamenti esterni ( e qui condivido con te )la sua mission originaria di come modificare nel tempo la realtà in cui la società veniva a trovarsi (tanto per ricordare qualcosa ” l’egemonia gramsciana” per esempio…) Credo che il tuo discorso possa essere molto opinabile per quanto riguarda il futuro soprattutto quando dici appunto che dovrebbe ridisegnare il suo ruolo se non si riparta dai ” fondamentali”,cosa questa sempre più diffcile ad intuirsi e da mettere in pratica.perchè di vera e propria pratica si parla, soprattutto a causa della rarefazione del concetto di classe in occidente- bada bene e non nel mondo- che vorrebbe stare a significare che le classi e quindi la fatidica ”lotta di classe contro il manovratore” aumenta di contenuti mano a mano che si procede con la critica della visione dell’accaparrando potere globale.E’ indubbio che la società occidentale da paese guida dello sviluppo come essa lo ha inteso stia attualmente passando un guaio come ruolo trainante e quindi in una rarefazione di concetti ed anche di forza come potrebbe quel partito opporsi al moto dello sviluppo ineguale se non analizzando gli errori e le impossibilità del cammino fatto fin’ora e cercando di rifondare le idee comprendendo i popoli del terzo mondo sfruttati sempre dal solito padrone (intendendolo come sistema) che si fa passare come liberatore ?(Venezuela docet per esempio ).Siamo al punto che chi insiste a far passare la visione del democratico occidente come luogo guida del mondo sia coinvolto anche lui nella guerra di classe contro i poveri del mondo.E’ qui che deve cambiare-almeno credo- la nostra visione, perchè la decrescita felice di Fitussi possa aprire gli occhi e venga fuori la lotta contro il consumismo che ti fa oggi apparire come utile ciò che non lo è ed è di secondaria e terziaria importanza e certamente da questo ne possa conseguire un ridimensionamento economico della produzione e quindi ”marxisticamente” di modo di pensare come ne racconta il materialismo storico con la conseguente messa in crisi del modello di sviluppo fin’ora avuto, ma che a veder bene trova invece nuovi e continui sostenitri ai quali credo basterebbe chiedere come potrebbero od intendessero risolvere il problema della fatidica e tendenziale caduta del saggio di profitto.Probabilmente da menti raffinate per superare tale problema potrebbero risponderti che lo farebbero facendo funzionale lo sviluppo tecnologico la sua estenzione globale come fattore riequilibratore, ma è risibile perchè fin’ora non l’hanno prodotto tutto questo e nemmeno nel medio e nel lungo periodo,figuriamoci nel breve quando sta decadendo ogni cosa, ogni riferimento, ogni risorsa e spunta la guerra come investimento e come risluzione delle controversie fra l’altro mai risolte.Che tutto questo possa essere un processo lungo è scontato ma l’alternativa a seguire il modello che viviamo è attualmente solo l’ingrandirsi delle differenze e della lotta che può deflagrare in ogni momento distruggendo il mondo ma anche noi stessi perchè questa volta non ti salvi nemmeno se ti rifugi nell’isola di Pasqua in mezzo al Pacifico ! Ed allora chi ha le redini deve essere obbligato a cambiare per forza o per amore ed è una lotta contro il potere, in qualsiasi modo esso si possa esprimere, specialmente quello che ha organizzato fin’ora la produzione e questo tipo di sviluppo. Altre alternative non le vedo e dipende dalla gente trovarle ma normalmente la gente si muove quando viene messa giocoforza di fronte alla non più soddisfazione dei propri bisogni.E’ storia.Tutto il resto che sentiamo anche tutte le sere e che ci influenza soprattutto psicologicamente ( Ed ho detto niente?!) ed al punto in cui siamo,rischia di essere una storiellina se non una pura masturbazione mentale.
Carlo, muoviamo tenendo conto di due orizzonti differenti. Io parto dall’idea che abbiamo un contesto internazionale che ha trasformato lo stato liberale (ancora vivo come entità autonoma almeno fino all’operazione di Nixon sulla convertibilità in oro delle monete) in un distretto amministrativo regionale. (Anche) Questo ha aperto ad una brusca accelerazione di unificazione del mercato e relative trasformazioni sia di estrazione del plusvalore (penso alla situazione attuale di creazione di profitto anche dal lavoro immateriale dello svago social) sia di ridisegno delle dinamiche riproduttive della sfera sociale (ad es., la sempre più massiccia parcellizzazione della sfera relazionale – dall’ascolto della musica, un fenomeno eminentemente sociale si è trasformato in una fruizione individualizzata, fino al telelavoro, coworking e smart-working, solo parzialmente effetto della gestione biopolitica della pandemia -). E’ chiaro che il tradizionale partito politico si trova a non avere più riferimenti (leggendo quanto ha detto Speranza al recente congresso del suo partito, emerge con forza la fragilità del suo orizzonte: prova a fare l’esperimento mentale di applicare quanto ha proposto per rilanciare la sinistra, converrai con me che farebbe meglio a lasciar perdere). Quello che condanna tutti (dal PD alla Lega) è che sono troppo lenti nella risposta alle sollecitazioni che intervengono, finendo per dare risposte “scontate” (ad es., la bella pensata della corsa al riarmo contro la guerra: come in tutti i drammi, la pistola che viene introdotta in scena, prima o poi, spara; oppure, la rincorsa di Macron ai voti di Mélenchon: ma i problemi che portano ai gilets jaunes e al consenso alla LePen quando avrà intenzione di affrontarli? Rimarranno lì fino alla fine del suo ultimo mandato). Come muoversi? Ricette non ne ho. Provo a partecipare, tra mille difficoltà e indecisioni, sperando che dare una mano possa servire. Anche se, per il momento, non mi sembra di essere servito molto 🙂
X Sorbera. Il discorso che hai fatto non mi sembra che parta da piani diversi ma è quello che usa un altra luce per illuminare fatti magari più parcellizzati ma tutti comuni e partecipati ad uno più grande di loro che è quello del CNTENITORE di dove si formino certe visioni ed idee. E sono tutte idee cmuni messe in campo da un solo sistema economico dal momento che un altro non si è affacciato e che il dualismo capitalism-scialism che abbiamo vissuto noi da giovani è terminato con l’implosione di quello più debole che aveva deciso-od era stato spinto- a ”fabbricare armi invece che frigoriferi” ed era chiaro che prima o poi potesse implodere e regalare il mondo al vincitore ma che adesso essendo l’unico agente e che usa un solo sistema è si padrone assoluto e militare del mondo ma deve risolvere lesue contraddizioni interne e non è nè possibile nè praticamente pensabile che le possa risolvere,se non con una guerra globale. E che cosa è questo se non la conferma di chi una decina di anni fa disse:”Il novecento ha visto la nascita di un sistema diverso dal capitalismo e che è fallito, ma nel prossimo secolo si ritorna a Marx”.E questo-credo che tu possa essere d’accordo- non fa altro che far aprire gli occhi all’analisi che viene fatta dei fondamentali di questa società attuale,che non ha le prerogative nè le risorse interne per cambiare strada perchè applica sempre gli stessi fondamentali principi che la reggono,e li cambia variandoli,ma non risolve le fondamentalità che dovrebbero portare la democrazia in un mondo di 8 miliardi di persone se non quelle del progressivo abbrutimento umano.
Se guardamo alle società passato la vita sullaterra dei sui abitanti era ancorpiù bruta ma alle epoche che consideriamo nessun progresso della ragione e dell’accumulazione capitalistica era sviluppato al punto di aver segnato la fine ed il tracollo del sistema come adess. I sistemi cambiavano ma pur esprimendo anche l’intelligenza e la sensibilità delle doti umane era la forza bruta a prevalere e non la ragione.In questo la Rivoluzione Francese ha cambiato il mondo forse e senz’altro di più di quella Russa o Cinese,almeno nel nostro emisfero e si è esteso il cambiamento a tutto il mondo. Quindi il ”partire da piani diversi” come dici te mi sembra che sia un modo per sviare l’essenziale, ai punti in cui è caduto il mondo oggi nella sua globalità.Non sò come andrà a finire la storia e nessun può saperlo ma è cosacerta che ci attendono periodi di compressioneassoluta e di assestamento e ch ne farà le spese in primis sono i poveri sia in questo emisfero ed ancorpiù nell’altro emisfero, ecco perchè credo che la visione globale dei problemi e delle loro analisi debba essere univoca e fatta prendendo come riferimento una cosa che è come scoprire l’acqua calda edè banale che si possa chamare ”ripartizione egualitaria della ricchezza prodotta”. Senza osservare questa tendenza le contraddizioni si acuiscono e comunque sia ed in tutti i casi vedremo spuntare scontri sempre più allargati e sempre più globali per l’accaparramento delle risorse fatte con spinte celate dietro
le ipocrisie dei governi che proteggono loro stessi ed il vecchio sistema che non vuole crollare ma che nella sua spasmodica resistenza farà come hanno fatto tutti sistemi fin’ora conosciuti nei rantoli della propria fine e che farà implodere il mondo.Ecco perchè la soluzione è una e non ci sono piani diversi di osservazione.Riuscire ad imporla è un altro paio di maniche ma imporla senza la guerra totale oggi come oggi non sembrerebbe possibile ma è un limite che occorre ricercare,e soprattutto con forza e decisione non essendo proni per interesse e quieto vivere come ci hanno insegnato a vivere in questo avanzato emisfero dove ragione e politica si sono sempre accompagnati ed anche combattuti.Alla fine le contraddizioni sono inevitabili ed è da quelle che sorgono le novità,ma alla fine questo sistema dove non per nostra volontà ci siamo trovati a vivere,vorrebbe cambiare mantenendo sempre le caratteristiche che le sue classi dirigenti hanno sempre cercato di applicare,parlando bene o meno bene e razzolando peggio ed ancor più peggio.Siamo al punto che osservando -tanto per citarne un esempio che mi viene in mente adesso- che per i cortei del 25 Aprile siamo passati da ”Fuori l’Italia dalla Nato” a ”Fuori la Nato dal Corteo”. Ed è di questo che tante persone che si credono accorte non ne valutano il perchè venga detto così. I discorsi stanno in poche parti dicono a Firenze….