CHIUSI, ACEA RICHIEDE INDIETRO I SOLDI AL COMUNE. MA LA RICHIESTA NON SEMBRA AVERE BASI SOLIDE

giovedì 30th, dicembre 2021 / 10:56
CHIUSI, ACEA RICHIEDE INDIETRO I SOLDI AL COMUNE. MA LA RICHIESTA NON SEMBRA AVERE BASI SOLIDE
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CHIUSI – Con un post su facebook la consigliera di opposizione Francesca Capuccini (Chiusi Futura) fa sapere che nella seduta di ieri del Consiglio Comunale  il sindaco Sonnini ha informato i consiglieri che “Acea tramite i propri legali ha richiesto al comune indietro 2 milioni e mezzo di euro oltre un risarcimento del danno. Le motivazioni risiedono nel mancato rispetto degli obblighi contrattuali anche per aver taciuto la situazione dell’inquinamento del sottosuolo nonché in un danno all’immagine”. In effetti Sonnini la notizia l’ha data nelle sua comunicazioni iniziali. Secondo Francesca Capuccini “la prospettiva è disastrosa in quanto tutto ciò potrebbe mettere in ginocchio il Comune dal punto di vista economico/ finanziario”.

Leggendo i commenti social, tra i supporters della lista Chiusi Futura oltre alla preoccupazione per le casse comunali, traspare anche un pizzico di compiacimento, perché la notizia che Acea ha richiesto indietro i soldi spesi per acquisire l’area dell’ex centro carni, dimostrerebbe che la questione carbonizzatore è tutt’altro che archiviata, come la lista civica ha spesso detto anche nella recente campagna elettorale amministrativa. Poi aleggia in tutto ciò anche la sensazione che qualcuno speri di poter mettere ancora in cattiva luce l’era Bettollini. E magari metterci una pietra tombale sopra. Da due milioni e mezzo di euro.

La richiesta di Acea che per ora è una lettera inviata dai legali della Multiutility al Comune però non sembra avere basi molto solide su cui far leva. Nel contratto di acquisto del complesso ex centro carni da parte di Acea Ambiente Spa, stipulato il 31 gennaio 2018, in seguito a precedente bando vinto dalla stessa Acea, si legge testualmente che la società acquirente acquista il complesso (immobili, aree esterne pertinenze) nello stato in cui si trova e conosciuto dalla stessa… Non vi è alcun cenno al fatto che l’acquisto potesse essere vincolato alla realizzazione dell’impianto di trattamento e trasformazione fanghi, detto carbonizzatore. Il fatto che l’area fosse interessata da un inquinamento da nichel del sottosuolo e della falda era noto, non ignoto o celato, tanto che il progetto carbonizzatore prevedeva anche la bonifica a carico del proponente, cioè di Acea. Bonifica poi saltata insieme al progetto carbonizzatore.

Non solo: il progetto non è stato bocciato, sospeso o inibito da qualcuno. E’ stato ritirato da Acea Ambiente, probabilmente per evitare una bocciatura da parte degli enti preposti al rilascio delle autorizzazioni, ma di sua spontanea volontà. D’altra parte nello stesso contratto di acquisto, per l’importo complessivo di 2.525.000 euro, c’è anche scritto che il progetto per il quale Acea acquistava l’area, avrebbe dovuto ottenere, per essere realizzato, tutti i pareri e le autorizzazioni necessarie.

Quindi il Comune, di fronte alla richiesta di Acea di riavere indietro i soldi, sembra essere in una botte di ferro. Tra l’altro – particolare non secondario – il contratto per conto del Comune non fu firmato dal sindaco di allora, ma dall’arch. Luisa Viti in qualità si sostituto del responsabile Lavori Pubblici del Comune. Un funzionario avrebbe mai firmato un atto che potesse essere impugnato con il rischio di dover poi pagare di tasca propria? Chiedere all’arch. Viti…

E in ogni caso Acea Ambiente ha acquistato un’area industriale dismessa e non è che non può farci più niente. Non può realizzare quel tipo di progetto che aveva ipotizzato, perché quello si è dimostrato fallace e improponibile, e perché nel frattempo sono cambiate anche le norme urbanistiche comunali e una di queste vieta la costruzione di impianti insalubri di trattamento rifiuti (inceneritori, carbonizzatori, discariche ecc.). Però, un parco fotovoltaico come ne ha fatti in varie parti d’Italia, lo potrebbe realizzare. O anche un magazzino, o qualsiasi altra attività che non sia insalubre…

Non è chiaro dunque cosa sottintenda in realtà la richiesta dei legali di Acea. Potrebbe trattarsi semplicemente di un tentativo di impaurire una amministrazione nuova, non robustissima, minata da diatribe e fibrillazioni interne alla maggioranza e che in questi primi mesi è apparsa piuttosto titubante.  Vedendo che la nuova giunta non ha neanche accennato alla proposta fatta a suo tempo da Bettollini ad Acea di cambiare progetto e puntare sul parco energetico, Acea ha provato ad affondare il colpo, infilandosi in quella che ha considerato forse una crepa…

Ma c’è un altro fronte aperto. La norma di Piano regolatore prima citata che vieta la realizzazione di impianti insalubri nel territorio di Chiusi Acea non l’ha presa bene e l’ha contestata con un ricorso al Tar, che non  stato ancora discusso. Con tale ricorso Acea chiede l’annullamento di quella norma restrittiva, che secondo il Comune fu “una scelta molto forte in sede di Variante urbanistica generale, nell’esclusivo interesse di tutelare la salute della nostra comunità e la salubrità dell’ambiente” e fu anche una risposta alle preoccupazioni dei cittadini evidenziate durante la discussione sul progetto carbonizzatore, e che invece secondo Acea è un “eccesso di potere” dell’amministrazione locale. 

La quale, in ogni caso, si è costituita in giudizio per opporsi al ricorso di Acea. Secondo il Comune le “doglianze” della multiutility romana non hanno fondamento, in quanto la contestazione di aver cambiato in sostanza le carte in tavola, impedendo di fatto la realizzazione di progetti in essere con danno conseguente per i proponenti, non sussiste nel caso specifico di Acea. Questo perché Acea il suo progetto lo ha ritirato, comunicando alla Regione Toscana la rinuncia all’istanza a suo tempo presentata già prima della delibera in questione. La rinuncia è del 16 dicembre 2019, la delibera comunale che modifica le norma di Piano è del luglio 2020. Anche in questo caso la posizione del Comune sembra essere più solida di quella di Acea… In pratica per il Comune il ricorso Acea è inammissibile per carenza di interesse diretto. Ma il Tar si dovrà comunque pronunciare. Vedremo.

Per ora sembra la classica tempesta in un bicchiere d’acqua. Ma Acea è una azienda rilevante ed è normale che muova tutte le leve possibili per rientrare dell’investimento fatto tre anni fa. I 2.500.000 euro  li ha già pagati, 300 mila al compromesso e il resto all’atto di compravendita. Che a questo punto risulta la compravendita di un terreno in area industriale.

Ci domandiamo come mai la nuova maggioranza, che ha al suo interno anche i Podemos che la proposta la fecero nel  2016, non abbia ancora fatto cenno o un minimo di pressione su Acea affinché quell’area dell’ex centro carni (una decina di ettari) venga utilizzata per un impianto green come potrebbe essere un parco fotovoltaico, per dare energia a tutta la zona industriale (sia sul versante chiusino che su quello pievese). Del resto, come abbiamo già detto, Acea i parchi fotovoltaici li fa. Rientrano nelle attività dell’azienda.

Come vediamo, Acea i suoi passi li ha fatti e li fa e sono tentativi di pressione. E’ la politica locale che invece sembra imbavagliata, ingessata, incapace se non di dettare la linea, almeno di proporre qualcosa…

m.l. 

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