INCHIESTA ANTI ‘NDRANGHETA IN TOSCANA, INDAGATI ANCHE UN CONSIGLIERE PD E DUE FUNZIONARI DELLA REGIONE

venerdì 16th, aprile 2021 / 10:18
INCHIESTA ANTI ‘NDRANGHETA IN TOSCANA, INDAGATI ANCHE UN CONSIGLIERE PD E DUE FUNZIONARI DELLA REGIONE
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E ANCHE IN UMBRIA FUNZIONARIO IN MANETTE PER CORRUZIONE: FACILITAVA AUTORIZZAZIONI SULLE CAVE

FIRENZE –  L’affare si ingrossa…  C’i sono anche tre figure di rilievo della Regione Toscana tra gli indagati nell’inchiesta della Dda di Firenze su presunti reati ambientali che coinvolge anche imprenditori considerati contigui alle cosce di ‘Ndranghetae che ieri ha portato all’arresto di 23 persone.

Si tratta di Ledo Gori, capo di gabinetto del presidente Eugenio Giani; di Edo Bernini, direttore del settore Ambiente e energia e del consigliere Pd Andrea Pieroni.

A Gori viene contestato il reato di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio. Per la procura, Gori si sarebbe reso disponibile a soddisfare le richieste del gruppo criminale, composto tra l’altro dai vertici dell’Associazione conciatori di Santa Croce sull’Arno, in cambio dell’impegno da parte degli imprenditori di chiedere esplicitamente al candidato a presidente della Regione Eugenio Giani – estraneo alle indagini -, e poi allo stesso Giani come presidente eletto, di confermarlo nel suo incarico come capo di gabinetto. Nell’inchiesta Gori non è accusato del reato di associazione per delinquere. Andrea Pieroni, è accusato sempre di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, mentre per Bernini il capo di imputazione sarebbe quello di abuso d’ufficio.

Nell’inchiesta Gori, Pieroni e Bernini non sono accusati del reato di associazione per delinquere. E figurano solo tra gli indagati e non tra gli arrestati.

La vicenda però è comunque una “tegola” sulla Regione Toscana e sul Pd, tegola che segue di pochi giorni quella relativa all’ex presidente Enrico Rossi accusato e rinviato a giudizio per presunta dichiarazione mendace sui fondi elettorali per la campagna elettorale del 2015.

Sono cose diverse e le stesse accuse rivolte ai due funzionari e al consigliere Pieroni sono diverse da quella di contiguità con le cosche che in tanti casi simili si è verificata. E’ indubbio però che si tratti della conferma da un lato che i costi (entrate e uscite) della politica sono spesso poco tracciabili e fuori controllo (il caso Rossi), dall’altro che il sistema delle verifiche e delle autorizzazioni in capo alle Regioni sulle materie ambientali è sottoposto a pressioni indicibili e troppo frequentemente anch’esso può sfuggire di mano o presentare delle crepe nelle quali certi interessi non fanno fatica ad incunearsi.

E dell’inizio di aprile un caso abbastanza simile scoperto dalla DIA e dai Carabinieri Forestali di Ancona, riguardanti lo smaltimento di rifiuti illegali e le autorizzazioni  e i controlli sulle cave vincolate, in Umbria. L’inchiesta ha postato prima all’iscrizione nel registro degli indagati, poi all’arresto di un funzionario della Regione Umbria per corruzione: avrebbe preso soldi in cambio di facilitazioni appunto in alcune autorizzazioni ambientali.

La Toscana è a guida Pd, l’Umbria a trazione leghista. Ma le “crepe” sono le stesse. Ovviamente vale per tutti la presunzione di innocenza, fino a prova contraria.

I partiti, però, sia di centro destra che di centro sinistra dovranno interrogarsi e cercare vie d’uscita, perché fatti come questi fanno aumentare la sfiducia dei cittadini, la convinzione che “sono tutti uguali” e anche la sensazione che basta trovarsi vicino al barattolo della marmellata per sporcarsi e dita…

Il consigliere Pd alla Regione Toscana Pieroni, per esempio è dato come uno molto vicino al neo segretario nazionale del partito Enrico Letta, il quale non bestemmierà perché è cattolico, ma qualche “madonna” per la testa ce l’avrà di sicuro.

M.L.

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