PD, IL PARTITO DEI SINDACI CHIEDE SPAZIO E PESO POLITICO. LETTA E’ AVVERTITO: “CAMBIARE STRADA!”

venerdì 12th, marzo 2021 / 11:41
PD, IL PARTITO DEI SINDACI CHIEDE SPAZIO E PESO POLITICO. LETTA E’ AVVERTITO: “CAMBIARE STRADA!”
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Enrico Letta non ha ancora sciolto la riserva riguardo alla sua candidatura a segretario del Pd che già alcuni lo danno per certo e come “la figura giusta” per rimettere in moro il partito, mentre altri lo tirano per la giacchetta, invitandolo ad accettare, ma anche a cambiare linea, strategia, riferimenti e modo di essere del partito.

Una presa di posizione in tal senso arriva dal… “partito dei sindaci” interno al Pd. Ovvero, per essere precisi, dal Coordinamento dei Sindaci Dem, guidato da Matteo Ricci, sindaco di Pesaro e portavoce di quella che se non è una vera e propria corrente, è una lobby importante dentro il Partito Democratico.

“Il coordinamento dei sindaci aveva auspicato, in questa delicatissima fase, una scelta autorevole e unitaria per la guida del Pd. Riteniamo pertanto che Enrico Letta abbia queste caratteristiche e che sia in grado di rilanciare il partito sin da subito” scrive Ricci in una nota affidata all’agenzia Ansa. E fin qui siamo all’endorsement.

Poi però Ricci aggiunge, fissando dei paletti: “Appare inoltre urgente definire un percorso di confronto che ci consenta di lavorare sull’identità, sul profilo, sulla forma organizzativa, sulle alleanze e sulla missione del Pd nel governo Draghi”.

Ma la nota del sindaco di Pesaro non finisce qui. Anzi, il bello arriva nel finale. Ricci offre a Letta e al Pd la sua ricetta per “uscire dalle difficoltà e ripartire”:   “Serve un protagonismo politico vero dei sindaci e degli amministratori nella nostra comunità politica e nel paese. Servono più sindaci, innovazione e unità: anche queste sono condizioni fondamentali per uscire dalle difficoltà e ripartire insieme. A partire da domenica, al lavoro per l’Italia; con le nostre idee per combattere la pandemia e rimettere in moto l’economia e il lavoro. E sul Recovery i sindaci e i comuni non possono che essere nella cabina di regia. Vogliamo già dalla prossima settimana mettere a disposizione del segretario del partito la grande energia locale che rappresentiamo; fiduciosi di essere coinvolti davvero e messi in condizione di essere parte attiva della politica del Pd e del fronte riformista”.

Qui, Ricci l’endorsement lo fa ai suoi colleghi. Chiede infatti un maggior peso decisionale del ‘partito dei sindaci” e questa è una posizione molto diversa, quasi diametralmente opposta  a quella di chi ha indicato proprio nella componente degli amministratori, troppo invadenti e spesso inclini alla sindrome dell’uomo solo al comando, uno dei problemi del Pd…

La questione non è di poco conto. Ed è per esempio, uno dei nodi che ha fatto saltare in aria il rapporto tra Pd e sindaco di Chiusi. Ora, Chiusi non è l’ombelico del mondo, ma è uno dei paesi che voteranno in autunno e che appare in tutto e per tutto uno specchio piccolo ma fedele del quadro nazionale. Un paradigma della crisi del Pd. E da come il Pd ne uscirà – se ne uscirà – a livello nazionale, dipenderà anche l’evolversi della situazione chiusina. Che poi, per dirla tutta, è anche la situazione che si verificò nel 2019 a Città della Pieve, a Chianciano o a Siena… Perché la crisi del Pd oggi certificata dalle dimissioni di Zingaretti, viene da lontano e sta, in gran parte, nella perdita di identità, nell’assenza di idee, nell’abbandono di riferimenti culturali da parte di un partito che per molti elettori è ancora il Pci-Pds-Ds, ma nei fatti non lo è per niente e nemmeno gli somiglia…

La posizione espressa da Matteo Ricci è il contrario della posizione espressa – sempre per esempio – da Simona Cardaioli a Chiusi. E anche dal segretario senese Valenti. Che da quando Zinga si è dimesso ha pronunciato due mezze parole a denti stretti e nulla più. Che sia Enrico Letta o qualcun altro il segretario che uscirà dall’assemblea nazionale, una cosa è certa: il Pd che c’era fino a una settimana fa non esiste più. Quello è un organismo morto. E forse anche le ultime posizioni sul fronte delle alleanze e della linea politica, verranno azzerate o largamente aggiornate.  A finire in soffitta non sarà solo il residuo di renzismo ancora latente dentro il partito, ma molte altre cose, comprese alcune di quelle sostenute dai presunti antirenziani più accaniti.

A Chiusi la base del Pd, che a livello di iscritti è ormai risicata, ma a livello elettorale ha ancora una certa consistenza, attende l’esito dell’assemblea nazionale e il via alla ripartenza. Ma la parola d’ordine “aprire le porte e tornare a parlare e a connettersi con il paese reale” che è risuonata tante volte in queste ore intorno al Nazareno potrebbe davvero significare – come qualcuno auspica – un azzeramento del gruppo dirigente attuale e l’apertura di una sorta di fase costituente del nuovo Pd e del campo largo del centro sinistra, per arrivare al voto amministrativo non con un partito spaccato a metà e a rischio di secessione e sconfitta, ma nuovamente unito e con le idee più chiare sul da farsi e con chi farlo…  Vedremo. Certo, Enrico Letta non è figura da scaldare i cuori e riaccendere passioni. E’ un professore democristiano, ulivista e democratico, di credo liberal e fede cattolica. Con la sinistra – anche quella riformista e socialisteggiante, non solo quella radicale e post comunista – c’entra poco; con il populismo dei 5S, che ha attratto pure Zingaretti, anche meno…

m.l.

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