LA CAGNETTA LAIKA LANCIATA NELLO SPAZIO E LA FORTUNA DI NON CHIAMARSI… SPUTNIK
CHIUSI – Un mio amico fraterno mi confessò un giorno di tanti anni fa di aver rischiato seriamente di chiamarsi Sputnik, invece che come un grande pittore. Perché è nato a novembre del ’57. Nel novembre di quell’anno infatti l’Unione Sovietica lanciò nello spazio la navicella Sputnik (4 ottobre) che viaggiò in orbita fino per tre settimane, fino al 26 ottobre e fu il segnale che anche la Russia comunista era pronta alla corsa allo spazio alla pari degli americani… Un mese dopo il 3 novembre fu lanciato lo Sputnik 2 con a bordo una cagnolina bastarda mezza husky e mezza terrier, catturata per strada. Il primo essere vivente ad essere lanciato in orbita nello spazio…
Il padre del mio amico era comunista convinto e quell’impresa della Russia Sovietica lo aveva strabiliato e convinto delle magnifiche sorti e progressive del comunismo realizzato, a tal punto che fu lì lì per chiamare il figlio Sputnik. Più tardi c’è chi ha chiamato la figlia “Azzurra” per le imprese di una barca italiana in Coppa America, quindi la cosa non può stupire più di tanto. E nel ’57 si era in piena guerra fredda, nelle case dei compagni del Pci, arrivavano insieme a “Vie Nuove” e a L’Unità, anche libercoli propagandistici tipo “Mamme e bimbi nell’Urss”… Quello era il clima e chiamarsi Sputnik poteva essere un attimo che ti avrebbe segnato per la vita… Il mio amico rischiò, ma evidentemente se la cavò e adesso si chiama con un nome italianissimo e pure prestigioso.
Ma oggi, 6 ottobre 2020, a 63 anni di distanza, mi sembra giusto ricordare il sacrificio di quella cagnolina, nota al mondo col nome di Laika, mandata nello spazio in missione senza ritorno per la gloria del socialismo.
La capsula Sputnik 2 era attrezzata per il supporto vitale e portava cibo e acqua, ma non prevedeva il rientro, quindi la sorte di Laika era segnata fin dall’inizio della missione. La capsula era inoltre attrezzata con sensori tali da permettere il monitoraggio dei segnali vitali del passeggero come pressione sanguigna, battiti cardiaci ecc…
Il razzo con a bordo Laika venne lanciato il 3 novembre 1957, alle 2:30 dal cosmodromo di Baikonur, seecondo i dati telemetrici inviati dal satellite si rilevò un polso notevolmente accelerato e si dovette aspettare che laforza di gravità incominciasse a ridursi per notare una diminuzione della frequenza cardiaca. Secondo quanto rivelato da fonti ufficiali si ricevette per circa sette ore un segnale prima di non captare più nessun segnale di vita dalla capsula. La versione ufficiale dell’epoca data dal governo sovietico è che Laika sopravvisse per “oltre quattro giorni”.
Il satellite rientrò in atmosfera 5 mesi più tardi, il 14 aprile 1958 dopo aver compiuto 2.570 giri intorno alla Terra. Il satellite andò completamente distrutto durante il rientro. Un eventuale rientro in orbita terrestre non era possibile dal momento che la capsula non era in grado di rientrare in atmosfera perché sprovvista di uno scudo termico.
Il lancio di Laika nello spazio fu come per il lancio dello Sputnik 1 un evento shock in occidente. Perché essendo quella epoca di guerra fredda, gli Stati Uniti e l’Alleanaa Atlantica pensarono che l’Urss potesse trasportare sui vettori spaziali testate nucleari che avrebbero potuto colpire ogni paese del globo terrestre.. Gli USA accelerarono immediatamente il proprio programma spaziale costruendo anche loro dei satelliti e avviando l’escalation spaziale che vide l’Urss mandare il primo uomo nello spazio (Yuri Gagarin nel 1961) e anche la prima donna (Valentina Tereskova, nel ’63) e gli Usa sbarcare sulla luna nel ’69 con Armstrong, Aldrin e Collins…
Nell’ottobre 2002 furono resi noti i risultati di nuove ricerche compiute da uno scienziato russo (Dmitrij Malashenkov), che rivelarono che Laika sopravvisse solo per poche ore, non più di 7 dopo il decollo a causa degli sbalzi di temperatura caldo-freddo.
Secondo un’intervista fatta nel 1988 con Oleg Gazenko, responsabile della missione, lui stesso avrebbe espresso rammarico per la morte dell’animale, ritenendo che il lancio di Laika fu un sacrificio inutile. Infatti ben poche informazioni poterono essere raccolte da tale missione, e la probabile morte prematura dell’animale potrebbe aver compromesso la missione dal punto di vista scientifico. Anche all’epoca del lancio ci furono proteste per l’uso di animali in esperimenti scientifici…
Oggi ci giungono notizie sulla scoperta di acqua sulla luna e forse anche su Marte e a pensare a quelle navicelle degli anni 50-60 viene quasi da sorridere. Pensando agli astronauti morti nello spazio per guasti o esplosioni, sia russi che americani, il sorriso diventa amaro. Ancor di più se il pensiero va ai cosiddetti “cosmonauti perduti”, cioè dispersi in lanci di cui si è saputo poco o nulla. Ci hanno fatto dei film, è vero. Ma la realtà è forse più dura della fiction. La corsa allo spazio fu uno dei campi di battaglia della Guerra Fredda, una guerra che fece morti e dispersi e servì certo per affinare molte tecnologie scientifiche e ottenere nuove conoscenze, ma fu anche una “leva” per determinare il potere militare, anche come deterrente tra le due superpotenze di allora…
Quella cagnetta mandata a morire, condannata in partenza, fu una brutta pagina, ma sono morti anche uomini, non solo animali in quella corsa folle a cui molti in buona fede guardavano come a una dimostrazione di progresso. Del capitalismo da una pare e del socialismo dall’altra.
Alla fine comunque, già non chiamarsi Sputnik è stata una fortuna…
m.l.
Ebbene sì, ho rischiato seriamente di chiamarmi Sputnik. Perché io sono nato il 5 ottobre 1957, il giorno successivo al lancio dello Sputnik e, come si può facilmente intuire, mio padre era “leggermente” filosovietico. Ringrazio ancora l’Ufficiale di Anagrafe (Santo uomo!) che dissuase mio padre due volte: perché dopo aver rinunciato a Sputnik virò su Raffaello Sanzio (tutti e due come nome)! Al che, sembra che il suddetto impiegato comunale abbia detto a mio padre: ma un nome normale proprio no eh? Avendo rischiato seriamente, non sopporto tutti quei genitori (mi dispiace comprendere qui anche mio padre) che nella scelta del nome del figlio antepongono la loro visione del mondo al diritto del figlio ad avere un nome che non condizioni le scelte che vorrà fare da grande. O semplicemente il diritto a non essere preso per i fondelli fin dalle elementari.