TECNOLOGIA. UN PERICOLO O UNA RISORSA?

lunedì 03rd, agosto 2020 / 14:45
TECNOLOGIA. UN PERICOLO O  UNA RISORSA?
0 Flares 0 Flares ×

Invasi dalla tecnologia, scuotendo mesti il capo, ci chiediamo che ne sarà di noi umani quando i robot prenderanno il sopravvento. Gli estremisti sono già in rivolta, la cibernetica è la mano di Lucifero e va osteggiata con qualsiasi mezzo. Anche la violenza. Come le automobili a guida autonoma della Waymo in prova a Chandler, Arizona, prese a sassate ( o pistolettate) da alcuni residenti.

La preoccupazione più diffusa riguarda la scomparsa dei lavori. È percezione comune che, prima o poi, i robot sostituiranno interamente l’attività lavorativa umana e saremo ridotti a schiavi delle intelligenze artificiali.

Ma davvero il prossimo futuro è così nefasto? Uno sguardo alla Storia ci direbbe di no. La fine dell’800 e il ‘900 hanno visto l’ascesa del motore a scoppio, l’elettricità, l’aereo, la televisione, gli elettrodomestici e il computer. Se il progresso tecnologico neutralizzasse l’attività umana, dovremmo essere tutti disoccupati già da un po’. Covid e recessione a parte.

Invece. Nel 1861 in Italia il settore che offriva maggiori possibilità di lavoro era quello agricolo che impiegava il 70% della popolazione. Oggi ne impiega il 3%. Questo vuol dire che il 67% degli italiani lavora in altri settori che si sono andati via via creando come ingegneria, architettura, insegnamento, ricerca, assistenza sanitaria. Lavori che nel 1861 non esistevano o non erano disponibili.

Un esempio pratico: l’arrivo della lavatrice “tolse” lavoro alle lavandaie che, tuttavia, si riconvertirono in operaie di fabbrica, dattilografe, cameriere. Lo stesso avvenne per i tagliaghiaccio, quelli che accendevano i lampioni o bussavano alle porte a mo’ di sveglia la mattina. Tutti lavori che non esistono più. Ciò nonostante, i dati (e una semplice osservazione della realtà) ci dicono che il tasso di occupazione è aumentato, non diminuito.

Il settore agricolo resiste ma oggi il lavoro di bracciante  è stato delegato in gran parte agli stranieri, probabilmente perchè non è più un’opportunità allettante per gli italiani. I dati del lavoro legale riportano che nel 2017 gli occupati in agricoltura erano circa 1 milione e 60mila, 350mila dei quali cittadini stranieri.

 

EksoVest, FordTornando alla cibernetica odierna, gli  esperti del lavoro sono ottimisti. L’obiettivo primario della cibernetica, spiegano, è quello di alleggerire la fatica umana nei lavori più debilitanti. È il caso di EksoVest, il robot realizzato dalla società californiana Ekso Bionics e sperimentato alla Ford. Si tratta di una sorta di esoscheletro indossabile, una muscolatura artificiale che alleggerisce la fatica di operai impegnati in lunghi lavori con le braccia alzate, e potenzia alcune capacità fisiche. Sono stati proprio gli operai a chiedere la proroga della sperimentazione che si sarebbe altrimenti conclusa nel 2017.

Diminuendo la fatica umana e/o la ripetitività del lavoro, le macchine permettono di aumentare la velocità di esecuzione e, di conseguenza, la capacità produttiva.

Tecnofobia o meno, siamo nel pieno della transizione verso la Quarta Rivoluzione Industriale, una nuova era dettata dalla competizione globale, in cui la tecnologia rappresenta lo strumento più efficace per aumentare la qualità e la sicurezza del lavoro e ridurre i costi di produzione. Più che di sostituzione del lavoro, si parla di collaborazione tra uomo e macchina. Nè è prova Baxter, progettato dalla Rethink Robot, un robot a due braccia e una faccia, disegnato per le piccole e medie aziende, utilizzato per semplici lavori come caricare, scaricare, gestire, classificare materiali.

Al di fuori dell’applicazione industriale, il rapporto di collaborazione tra tecnologia e attività umana  è una realtà. Si pensi alla telemedicina, i controlli che assistono i piloti in volo, il computer che utilizziamo per scrivere, inviare email ecc., i casi di disabilità che hanno accesso ad un mercato del lavoro da cui sarebbero altrimenti esclusi.

Aumentano anche le risorse a disposizione della chirurgia. Nella Carolina del Nord, anni di ricerca hanno prodotto la stampante 3D biologica in grado di creare tessuti vivi. Nel 2019 gli scienziati dell’Università di Tel Aviv hanno “stampato” il primo cuore funzionale con cellule prelevate dal paziente. Entro dieci anni si potrebbero riprodurre organi per i trapianti.

Mondi in cui la tecnologia è sinonimo di progresso. L’indagine dell’azienda di consulenza Deloitte 2019 ” L’innovazione in Europa: Un’indagine Deloitte sulle aziende europee e su come le tecnologie digitali possono valorizzare l’innovazione in chiave strategica” rileva che l’88% delle aziende europee intende investire nelle tecnologie avanzate e che il 60% delle imprese italiane non teme la perdita dei posti di lavoro. Al contrario, prevede di aumentare il numero di lavoratori a tempo pieno. Semmai, l’ostacolo principale all’innovazione, secondo il 32% delle aziende italiane, è la resistenza culturale, seguita dalla sicurezza dei dati per il 30% . A queste si aggiunge la mancanza di competenze tecniche (32%) e di supporto governativo per l’innovazione (22%).

Il problema, secondo Pietro Ichino, giuslavorista e professore di Diritto del Lavoro all’Università Statale di Milano, non è ritardare il progresso tecnologico ma redistribuirne i benefici e  riqualificare le persone cui i robot si sostituiscono, in modo che esse possano dedicarsi ai molti altri lavori richiesti ma vacanti già oggiOggi in Italia, scrive Ichino, c’è almeno mezzo milione di posti di lavoro che rimangono permanentemente scoperti per mancanza di persone competenti: tecnici informatici, elettricisti, falegnami, artigiani dei mestieri più vari. 

La Ricerca Recruiter Sentiment 2019, finanziata da LinkedIn e condotta dalla Coleman Parkes, ha rilevato che i lavoratori italiani presentano grosse carenze nelle competenze digitali. I responsabili italiani delle Risorse Umane sostengono che i requisiti professionali più richiesti oggi dal mercato del lavoro sono: competenze in ambito tecnologico, social media, web design, analisi dei dati, capacità di gestire il pacchetto Microsoft Office.  I settori in cui queste capacità risultano fondamentali sono: finanza (93%), amministrazione (90%), viaggi (85%), sanità (83%).

Altre abilità in cui i professionisti italiani non eccellono sarebbero anche: problem solving, capacità di collaborazione, senso di leadership, gestione corretta del tempo, creatività.

La necessità di un rapido cambiamento delle abilità è quanto è emerso nel “Forum sul lavoro del futuro e le nuove competenze” del 2019, organizzato dal Sole 24ore in collaborazione con EY (Ernst&Young). A differenza delle evoluzioni di periodi storici precedenti, la tecnologia si muove e altera il mercato del lavoro a velocità supersonica. Nel giro di cinque anni il 50% delle attività lavorative svolte oggi subiranno delle modifiche. L’Italia ha ottimi fisici, ingegneri e matematici, ha affermato Donato Iacovone, amministratore delegato di EY in Italia, ma quanti di loro sono in grado di usare le nuove tecnologie? Oggi è forte l’esigenza di riformare le competenze da aggiornare almeno ogni sei mesi.

Il messaggio dei tecnici del lavoro è chiaro e condiviso: c’è posto per tutti, ma l’alfabetizzazione digitale è la condizione imprescindibile per la formazione e la riqualificazione.

Più che nel campo del lavoro, una reale preoccupazione sarebbe invece rappresentata dall’uso dell’Intelligenza Artificiale nel settore bellico. In una lettera aperta presentata alla Conferenza di Buenos Aires del 2015, un centinaio di ricercatori ed esperti di Intelligenza Artificiale, tra cui Noam Chomsky e Stephen Hawking, ha chiesto di bandirne l’uso a livello globale nello sviluppo degli armamenti autonomi. Il pericolo è rappresentato da robot disegnati per prendere decisioni autonomamente, senza cioè l’intervento umano, e programmati per attaccare un obiettivo in base a criteri prestabiliti (abbigliamento, gruppo etnico eccetera). Macchine di questo genere avrebbero il vantaggio di ridurre la perdita di  vite umane negli eserciti che le impiegherebbero. Tuttavia, sostengono gli esperti firmatari della lettera, la prospettiva di minori perdite umane potrebbe incoraggiare le potenze mondiali a muovere guerra più facilmente.

In proposito, Steven Jones, direttore del Centre for Textual Studies and Digital Humanities della Loyola University di Chicago, autore del libro “Against Technology”, concorda con l’importanza di individuare eventuali pericoli dell’Intelligenza Artificiale. Anzi, ne approfitta per ribadire uno dei punti chiave del suo libro: la tecnologia non è una qualche forza malevola esterna a noi stessi, a cui dobbiamo cedere responsabilità e controllo. È ciò che ne facciamo, ed è modellata dalle istituzioni e dalle relazioni di potere che noi creiamo. Ciò di cui abbiamo bisogno è più responsabilità, più partecipazione, più processi decisionali etici – non “meno tecnologia”.

Elda Cannarsa

0 Flares Twitter 0 Facebook 0 Google+ 0 Email -- LinkedIn 0 Pin It Share 0 0 Flares ×
, , , , ,