QUEGLI APPLAUSI A CELESTINI AL MASCAGNI, GRAN BEL SEGNALE. STA’ A VEDERE CHE LA SINISTRA RIPARTE DAVVERO…

sabato 19th, gennaio 2019 / 18:16
QUEGLI APPLAUSI A CELESTINI AL MASCAGNI, GRAN BEL SEGNALE. STA’ A VEDERE CHE LA SINISTRA RIPARTE DAVVERO…
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“Però non ho mai detto che a canzoni si fan rivoluzioni, si possa far poesia” cantava Guccini ne l’Avvelenata. Ed è chiaro che uno spettacolo teatrale è e resta uno spettacolo teatrale. Non gli si possono attribuire chissà quali virtù o chissà quali “indicazioni politiche”. Ma la “prima” di una stagione teatrale non è uno spettacolo qualunque. Di solito è il pezzo forte. E’ il… “manifesto” della stagione stessa. E una “prima” non si decide così, a cuor leggero. Presuppone una scelta. Chiara. E ieri sera la “prima” della stagione invernale del Mascagni di Chiusi ha fatto capire come la pensa il direttore artistico Gianni Poliziani, che non ha scelto per la “prima” uno a caso. Ha scelto Ascanio Celestini e una piece delle sue. Non nuovissima, ma attualissima. Un monologo che racconta storie di vita di persone invisibili. Figure marginali ed emarginate nella società dei consumi. Gente senza volto, senza voce, senza prospettiva. Con alla spalle storie di sofferenza, di solitudine, di povertà, di espedienti per sbarcare il lunario e mettere insieme il pranzo con la cena. O almeno uno dei due. Storie di periferia, di periferie senza volto, senza voce, senza prospettiva. Svuotate, marginalizzate, disumanizzate. Visibili solo quando ti ci trovi dentro.

Un ragionamento chiaro, senza fronzoli, quello di Ascanio Celestini, diametralmente opposto ai discorsi di chi i poveri, gli emarginati, gli ultimi della fila non li vuol vedere, li multa addirittura se chiedono l’elemosina o vanno a rovistare nei cassonetti, li sfratta dalle stazioni e dai porticati perché deturpano il decoro urbano, gli butta via le coperte, così almeno se ne vanno…

Ieri sera, per la “Prima” della stagione invernale firmata Poliziani il Mascagni era gremito, c’era gente perfino nel loggione. Cosa rara. E c’era gente di Montepulciano, di Sarteano, di Città della Pieve, di Castiglione del Lago, di Chianciano. Cosa rara anche questa a Chiusi. Insomma la stagione è cominciata bene, col botto diciamo. Perché un teatro pieno è buon segno. E una bella soddisfazione per il neo direttore artistico che in tre mesi ci ha nesso anima e corpo.

Ma, diciamolo: ieri sera il Mascagni ha respirato un’aria di sinistra. Aria buona. Celestini è personaggio noto anche al pubblico della Tv, era facile aspettarsi un buon successo di pubblico. Meno scontato l’applauso liberatorio, a scena aperta quando, nel mezzo del monologo, ha urlato la sua rabbia per “certi ministri de mmerda che c’abbiamo…”.  Lì si è capito che la serata ha lanciato un segnale e la platea e pure i palchetti l’hanno raccolto.

Applausi, lunghi e convinti, anche alla fine, quando si sono accese le luci. E non c’erano imbarazzi, come altre volte è capitato in passato, con spettacoli del genere… La Fondazione Orizzonti e la stessa Amministrazione Comunale evidentemente hanno condiviso la scelta di Poliziani di partire con Celestini (e con un monologo dei suoi sugli ultimi, sui diseredati, sui morti di fame…). Forse il Bettollini dei primordi, ai tempi di Scaramelli e dell’onda lunga del renzismo, avrebbe storto il naso di fronte al tema e al linguaggio proposto da Celestini. Non avrebbe condiviso la scelta di affidargli la “prima” preferendo magari uno spettacolo meno impegnativo, mento schierato. Il Bettollini di oggi lo abbiamo visto applaudire convinto e soddisfatto. Soddisfatto del risultato al botteghino (è presidente pro-tempore della Fondazione) e anche del risultato politico. Lo ha ammesso, uscendo dalla sala.

Ieri sera al Mascagni si è capito che rimanere umani è possibile, che una ripartenza a sinistra è possibile. Che certe idee e posizioni tipiche della sinistra non sono scomparse del tutta dalla scena, intendendo per scena sia il palcoscenico che la platea. Che c’è una parte di società che non si piega alla strategia della paura e dell’egoismo.

Complimenti dunque ad Ascanio Celestini per la sua bravura e per il testo; complimenti a Gianni Poliziani che l’ha riportato al Mascagni; complimenti a chi ha applaudito, senza timore di essere etichettato come un ferrovecchio, ormai fuori dalla storia. Complimenti al pianista Giacomo Margheriti che prima della ‘prima’ ha allietato il foyer con le sue note, facendo capire a tutti che la bellezza a volte è dietro l’angolo e la puoi trovare anche dove non te l’aspetti, mentre sorseggi un caffè nell’attesa di entrare in un teatro…

Peccato, anzi pazienza, per chi non c’era. Per chi snobba altezzosamente certi appuntamenti per non confondersi col potere e per chi li evita perché quelli come Celestini proprio non li digerisce (o non li capisce. A volte il confine è labile). Il fascioleghismo dilagante ieri sera al Mascagni non c’era. Non si  è fatto vedere. Ma il Mascagni era gremito come non mai. Buonissimo segnale.

m.l.

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