4 NOVEMBRE: UN TRIBUTO ALLA MEMORIA E UN MONITO CONTRO I NUOVI NAZIONALISMI

lunedì 05th, novembre 2018 / 11:33
4 NOVEMBRE: UN TRIBUTO ALLA MEMORIA E UN MONITO CONTRO I NUOVI NAZIONALISMI
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LE CELEBRAZIONI NEI COMUNI. TOCCANTE PIECE TEATRALE A CITTA’ DELLA PIEVE

Ieri, 4 Novembre, tutti i comuni hanno celebrato il centenario della fine della Prima Guerra Mondiale. Celebrato, non festeggiato, perché c’è poco da festeggiare. Ma celebrare è giusto perché il sacrificio dei giovani di allora fu un sacrificio immane. Una carneficina senza precedenti. Oggi il 4 Novembre è anche festa dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate, ma in quella guerra l’unità nazionale vera la fecero i fanti nelle trincee “intrise di fango, di merda e di sangue”, fanti che non si capivano tra loro, perché parlavano dialetti diversi, non i generali, non i ministri della guerra e nemmeno il Re.

Nelle varie celebrazioni molti sindaci, parlando anche ai ragazzi delle scuole, queste cose le hanno ricordate. E hanno fatto bene. 

Per esempio l’aspetto della lingua parlata dai fanti, anche da quei “ragazzi del ’99” che furono gli ultimi ad essere richiamati alle armi e che a solo 18 anni furono mandati al macello, dopo la disfatta di Caporetto, è stato magistralmente affrontato ieri a Città della Pieve dove dopo il discorso del sindaco davanti alla Cattedrale accompagnato da un’orchestra giovanile del Liceo Musicale è andata in scena una piece teatrale a due voci. Un reading tratto dalla straordinaria opera autobiografica di un ragazzo del ’99, il siciliano Vincenzo Rabìto, un autodidatta semianalfabeta che, sopravvissuto a due guerre mondiali, ha scritto per 7 anni, negli anni ’60, le oltre mille pagine di un diario prezioso, fortuitamente ritrovato e consegnato dai figli negli anni ’90 all’archivio diaristico nazionale di Pieve Santo Stefano – Arezzo – dove hanno capito subito di avere tra le mani un autentico capolavoro e lo hanno valorizzato adeguatamente, dedicandogli, tra l’altro, un’intera sala espositiva. Lucia Annunziata, docente al Liceo Calvino ne parla così:
“Nel reading sul palco degli Avvaloranti è stata narrata solo la prima ‘tranche’ della vita di Rabìto, dalla chiamata alla leva, nel febbraio del 1917, all’armistizio del 4 novembre 1918 con poche vicende successive. La semplicissima messa in scena con un attore che interpreta, seduto alla macchina da scrivere, brani del diario e un narratore che ricostruisce il filo conduttore della vicenda è risultata efficacissima per sottolineare e valorizzare l’aspetto più eccezionale dell’opera: la lingua. 
La lingua in cui Rabìto scrive è un regalo speciale, una vera goduria: una lingua dialettale sapida ed espressiva che dà voce ai pensieri di un ragazzo di un secolo fa, giovane e analfabeta ma pensante, sensibile, ingegnoso e dotato che legge la realtà e la restituisce con disarmante freschezza e vigorosa efficacia. Il risultato è un quadro assolutamente spoglio di retorica e pulsante di umanità che Camilleri ha definito “un manuale di sopravvivenza involontario e miracoloso”, un racconto forte e pure divertente, a tratti esilarante, per l’ironia che trasuda dalle parole, dalle situazioni inverosimili che nascono da quel gran caos che può essere una guerra. 
Il diario è stato pubblicato col titolo di ‘Terra matta’ da Einaudi e adesso a tutti è possibile conoscere la “maletratata e molto travagliata e molto desprezata vita” di Vincenzo Rabìto, uno dei 260.000 ragazzi del ‘99 che furono precettati quando ancora non avevano 18 anni. Grazie a tutti loro e grazie all’Assessorato alla Cultura del Comune di Città della Pieve!”

Altre iniziative a ricordo del centenario della fine della Grande Guerra si sono tenute a Montepulciano con un corteo nel viale delle rimembranze che porta al Tempio di San Biagio e dove ogni cipresso porta alla base il nome di un soldato morto per la patria e una celebrazione al “sacrario” di Acquaviva; a Sarteano e a Chiusi con i discorsi dei sindaci Landi e Bettollini davanti ai monumenti ai caduti…  

A Chiusi nell’occasione è stata riattivata anche la campana della torre civica che segna le ore. Era ferma da 25 anni e adesso tornerà a scandire il tempo nel centro storico. Un tributo anche questo alla memoria.

Il sindaco Bettollini ha sottolineato l’assurdità della guerra, di tutte le guerre, ha ricordato l’art.11 della Costituzione (“L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali…”) e ha ricordato anche come all’inizio del ‘900 “furono i nazionalismi esasperati, la voglia di supremazia, i contrasti politici ed economici tra gli Stati  a precipitare l’Europa nel conflitto: chi alimentò venti nazionalisti provocò quell’immane tragedia”.

E qui Bettollini non si è limitato alla celebrazione, ha anche portato il ragionamento sul piano politico attuale: “Oggi non possiamo ignorare le conseguenze che potrebbero esserci se in Europa si dovesse continuare ad alimentare i nuovi nazionalismi, mettendo in difficoltà le basi su cui è nata ed è stata fondata l’Europa Unita che ci ha permesso di vivere decenni di pace…” “Amare e rispettare il proprio paese – ha detto Bettollini – non è chiudersi nel nazionalismo e nel populismo, ma significa scommettere sul proprio futuro, sulla ripresa economica e sociale che non può avvenire rinchiudendoci nei nostri confini senza dialogare con gli altri Stati”. Ed è un po’ la stesso monito che ieri ha lanciato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella

Insomma la Giornata dell’Unità Nazionale è servita certo a ricordare il sacrificio di quanti lasciarono la vita nella Grande Guerra  e furono milioni (solo in italia più di 600 mila furono i caduti sul campo, compresi quelli fucilati nelle decimazioni o per il semplice “piacere del comando” di generali senza scrupoli e senza umanità), ma anche per lanciare dei messaggi rivolti all’oggi: quello dell’importanza della memoria e quello sui rischi di una politica che tende a riportare indietro le lancette dell’orologio della Storia…

L’Europa di oggi, non è certo quella del 1914  e nemmeno quella uscita dal conflitto nel 1918, così com’è è ancora un’Europa dei governi e delle banche più che un’Europa dei Popoli come la immaginava Altiero Spinelli nel Manifesto di Ventotene, ma è comunque migliore dell’Europa del 1918, migliore di quella uscita dal secondo conflitto mondiale nel ’45, migliore anche di come la vorrebbero personaggi come Orban o Steve Bannon. E’ vero che c’è stata la guerra dei Balcani negli anni ’90, che l’Europa ha partecipato e partecipa a guerre territoriali fuori dai propri confini non solo come forza di interdizione (Afghanistan, Medio Oriente, Iraq, Libia… ), ma è anche vero che 73 anni di pace nel cuore dell’Europa, tra Francia, Germania, Italia, Inghilterra, Belgio, Austria ecc. prima non c’erano mai stati. E innalzando muri, chiudendo le frontiere, abbattendo ciò che è stato costruito per unire non è detto che ce ne possano essere altrettanti… Su questo Mattarella (e anche Bettollini) ha ragione a tenere alta la guardia.

m.l.

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