CHIUSI: LA FATICA DI FARE IL SINDACO E LA “SOLITUDINE” DI BETTOLLINI

mercoledì 24th, ottobre 2018 / 12:22
CHIUSI: LA FATICA DI FARE IL SINDACO E LA “SOLITUDINE” DI BETTOLLINI
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CHIUSI – Può capitare che un sindaco debba prendere decisioni rapide e dolorose. Che debba per esempio firmare un TSO. Trattamento Sanitario Obbligatorio. Una cosa pesante, estrema ratio, nei confronti di una persona che può creare dei problemi a sé e agli altri. Più doloroso ancora se la persona sottoposta a Tso è un ragazzo non ancora o appena maggiorenne. E’ raro invece che il sindaco costretto a firmare tale provvedimento ne condivida l’angoscia, mettendola in piazza, nella piazza più grande che ci sia, perché virtuale, ma immensa e frequentatissima: facebook.

Lo ha fatto ieri sera il sindaco di Chiusi Juri Bettollini, con un post sul suo profilo: “Non lo so perché vi sto scrivendo, forse solitudine. Uno dei momenti più difficili che abbia mai provato da sindaco. Ho appena firmato un Tso ad un ragazzo di 18 anni non residente. Ho provato a convincerlo che potevamo avere una soluzione alternativa. Ho provato, ho provato tante volte… ma per il suo bene ho dovuto firmare. Adesso però mi verrebbe voglia di piangere. Forza ragazzo, Puoi farcela❤️”.

Sembra sincero Bettollini, perché nessuno gli ha chiesto di esternare il suo dispiacere. Poteva anche non farlo, poteva far passare la cosa come un atto dovuto, necessario. Poteva, appunto, trincerarsi dietro i suoi compiti istituzionali di “autorità sanitaria locale”. Come quando deve firmare un’ordinanza di sgombero di un edificio pericoloso o la chiusura dei rubinetti se l’acqua dell’acquedotto presenta delle criticità. Ma in questo caso c’era di mezzo una persona, una sola, un ragazzo, peraltro non residente. Ma spetta al sindaco della località in cui si trova al momento quella persona prendere provvedimenti se questa dà in escandescenze o crea situazioni di pericolo. Con il Tso, quel ragazzo in difficoltà è stato affidato a dei sanitari che se ne prenderanno cura. Lo aiuteranno. Il sindaco ha fatto ciò che doveva fare.

Bettollini ama stare sui social, ama le dirette Facebook dal suo ufficio in Comune e soprattutto quelle dai cantieri  – ne ha fatta una nei giorni scorsi da quello per il ripristino della frana sulla 146, visibilmente soddisfatto davanti a ruspe e trivelle in azione – ma stavolta nel post del sindaco chiusino non c’è enfasi, non c’è la voglia spasmodica di voler far sapere e vedere cosa sta facendo l’amministrazione, non c’è propaganda. C’è l’angoscia di un amministratore costretto a fare una cosa che avrebbe preferito non fare. Lo dice, senza giri di parole.  Inizialmente aveva fatto anche un accenno al nome di battesimo del ragazzo sottoposto a Tso, poi quell’accenno lo ha tolto. Ha fatto bene. Resta il dolore e anche il senso di sconfitta per aver tentato di evitare quella firma, attraverso soluzioni alternative, ma senza riuscirci. E c’è anche un’altra parola, nel post di Bettollini, che ne certifica la sincerità. La parola è “solitudine”. E’ la prima volta che egli dichiara pubblicamente di avvertire un senso di solitudine. Certo il riferimento è alla vicenda specifica, ma è un bel po’ di tempo che Juri Bettollini pedala in solitudine. Ha con sé una squadra affiatata, fedele e motivata, ma numericamente più che una squadra è un manipolo. Un commando, non un battaglione. Il battaglione che dava sicurezza, che copriva le spalle, l’esercito compatto, fatto di truppe d’assalto e riservisti sparsi in tutto il territorio e in tutti i gangli della società, non esiste più. E’ in rotta e assente su tutta la linea. 

Stavolta non è andato nemmeno alla Leopolda, Bettollini. Nell’ultimo week end ha trovato altro da fare. C’erano Stefano Scaramelli e anche Chiara Lanari. Ma lui no. Magari non lo dice e non lo dirà, neanche sotto tortura, ma anche il “sogno renziano” su cui Bettollini si è affacciato alla politica è finito. Non fa il tifo per gli altri, i vari Zingaretti, Richetti, Martina, Minniti, ma nemmeno per Renzi e per quel clima da stadio che alla Leopolda è stato l’unica cosa ancora visibile. Oltre alla minigonna con stivaloni a coscia di Maria Elena Boschi che ha oscurato le camicie bianche d’ordinanza di Renzi e dei vari colonnelli.

Lo avevamo già definito un uomo solo al comando, qualche mese fa, Bettollini. Questa sua “esternazione” che in qualche modo gli fa onore, conferma che questa è la situazione. Ormai lui, Andrea Micheletti e Sara Marchini viaggiano su un binario proprio, dove il Pd appare come una stazione in via di dismissione. Chiara Lanari pure. Sta con loro, ma con qualche aggancio in più a Firenze e, ancora, un legame con Scaramelli più solido.

Chiusi è uno dei pochissimi comuni in cui nella primavera prossima non si voterà per il sindaco, ma solo per l’Europa. Non ha l’urgenza di ridisegnare scenari, assetti e alleanze, ed è anche quasi un’anomalia, perché a Chiusi la leadeship Bettollini non sembra in discussione, negli altri comuni dei dintorni invece, sia sul versante Toscano che su quello Umbro, i sindaci uscenti del Pd  o sono a fine corsa o nel mirino. E il Pd rischia grosso, ovunque.

Quel richiamo alla “solitudine” da parte di Juri Bettollini sembra non solo un grido di dolore per la vicenda che si è trovato ad affrontare, ma anche un appello alla società chiusina, a quella sinistra cui fa sempre più spesso riferimento nei suoi discorsi pubblici e privati, a ritrovare una strada comune. Anche Andrea Micheletti, qua e là, nei suoi post e commenti sui social lascia intendere un po’ la stessa cosa.

Che la strada comune possa essere ritrovata attraverso un cambio di marcia de Pd è tutto da vedere ed è da vedere se il cambio di marcia ci sarà o se invece il Pd non potrà prescindere dai descamisados renziani  della Leopolda e quindi da una infinita guerra tra correnti che è anche guerra tra diverse visioni del mondo, della politica, della sinistra…  Ovviamente è da vedere anche se ci saranno altri interlocutori e quali saranno, se mai..

Chiusi, proprio perché non ha impellenze elettorali locali, può diventare un piccolo laboratorio in questo senso. Se Bettollini, Micheletti, Agostinelli e il resto del manipolo che governa il comune senza più un esercito alle spalle, vogliono davvero uscire dalla sensazione di solitudine, forse tocca a loro fare la prima mossa. Se invece la nostra è solo un’impressione (sbagliata) lo dicano.

Marco Lorenzoni

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