VIA AL NUOVO PIANO SANITARIO DELLA REGIONE UMBRIA. BASTA CHE C’È LA SALUTE

martedì 02nd, gennaio 2018 / 09:50
VIA AL NUOVO PIANO SANITARIO DELLA REGIONE UMBRIA. BASTA CHE C’È LA SALUTE
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Sono partiti i lavori di revisione del piano sanitario regionale 2018-2020 con l’ambizione di implementare un nuovo modello di sanità in Umbria

Il nuovo che avanza, nelle parole dell’assessore Barberini, pone al centro la persona e le sue difficoltà. Una rottura quindi con il modello precedente che evidentemente al centro poneva qualcos’altro. Barberini non chiarisce l’antitesi ma rafforza lo slancio innovativo con un altro concetto di grande effetto: il superamento delmodello “ospedalocentrico” che, afferma, ” va integrato con i servizi territoriali”.

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Non essendo chiaro con che cosa verrà sostituito l’ospedale ma avendo udito le sperticate lodi di  Case della Salute, Ospedali di Comunità, punti di Primo Soccorso, Prima Assistenza e Primo Intervento, possiamo facilmente intuire che il futuro sanitario è proprio lì, nella realizzazione di strutture di degenza territoriali sperimentali con specialisti del caso e di punti di emergenze-urgenze non urgenti, non critiche e fuori rischio evolutivo. Per tutto il resto si presume che si farà affidamento ai pochi ospedali che resteranno. Se resteranno.

Invero, ci sarebbe piaciuto apprendere del superamento del modello “tagliocentrico”, fondato sulla formula matematica per difetto dei “numeri che non ci sono” allo scopo non sempre esplicito di far quadrare i bilanci dell’Azienda Sanità. Il decisore pubblico da tempo ripete come un mantra che “i numeri non ci sono” e noi cittadini-utenti sfiancati e rassegnati, abbiamo finito con il crederci, grati  di aver ottenuto, in qualche caso privilegiato, una bella Casa della Salute chè se l’ospedale non funzionava (e i numeri non c’erano) tanto meglio smantellarlo.

Epperò la conta dei “numeri che non ci sono” non torna. Cioè, se le affluenze si calcolano rispetto ad un ospedale più agonizzante del malato o a un Primo Soccorso che, normative e codici a parte,  dimostra scarsa propensione ad affrontare lievi e medie emergenze, allora è certo che “i numeri non ci sono” perché giocoforza saranno luoghi poco frequentati. Anzi, meno numeri ci saranno e più a rischio di chiusura, guarda caso, sarà la struttura. Ma se si contassero quanti abitanti (e con quale frequenza) di una comunità si rivolgono ad un ospedale comediocomanda, per quanto lontano e sovraffollato,  quei fatidici numeri cambierebbero. Questione di prospettive, che però quasi mai coincidono con la realtà quotidiana degli abitanti-utenti.

Immaginiamo ad esempio un ospedale pensato per essere una struttura di assistenza sanitaria e di urgenza ad una popolazione di circa 160.000 abitanti che, all’improvviso, si trova a dover accogliere circa 40-50.000 utenti in più, a volte in cura, altre in emergenza. La prospettiva del malcapitato cittadino che trascorre la sua giornata al Pronto Soccorso prima di avere un minimo di udienza, o che attende un posto letto nel corridoio del reparto di Medicina, è quella di un ospedale sovraffollato, incapace di soddisfare la domanda sanitaria. La prospettiva del gestore pubblico,invece, è che l’ospedale sta funzionando perfettamente in quanto sta sfruttando al massimo servizi,risorse e personale. Un intrigante paradosso.

Del resto, quello che in generale a noi utenti destinati a liste di attesa di un annetto o giù di lì per una mammografia, una risonanza magnetica o una visita oculistica, appare come uno sfascio sanitario, al gestore pubblico deve apparire evidentemente come il trampolino di lancio verso un “nuovo modello di sanità” . O più semplicemente come il raggiungimento dell’obiettivo principale della nostra sanità: far quadrare il bilancio dell’Azienda. Come detto, è una questione di punti di vista.

Mal comune, mezzo gaudio per l’assessore umbro, le criticità della sanità si rilevano in tutto il paese. In particolare nelle zone cosiddette “disagiate” , ovvero montane, pre-montane, periferiche e insulari che, secondo quanto riportano il Cisadep (Coordinamento Italiano Sanità Aree Disagiate e Periferiche) e i diversi comitati nati in tutta Italia, sono letteralmente abbandonate a sè stesse e rischiano lo spopolamento per il graduale smantellamento dei servizi. Non ultimi appunto, quelli che, secondo la Costituzione, dovrebbero garantire il Diritto alla Salute.

E non sembra che andrà meglio nel prossimo futuro. L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) e l’associazione Società INformazione rilevano che nel 2019 l’Italia spenderà solo il 6,4% del Pil, soglia allarme per qualità assistenza e longevità. Il rischio di diminuire l’accesso alle cure, incidendo sulla qualità della vita dei cittadini è sempre più concreto. 

Previsioni nefaste che però non toccheranno l’Umbria del futuro. L’assessore Barberini assicura infatti che il nuovo modello sanitario regionale punta, tra le altre meraviglie, su equità, universalità, accessibilità. E ai posteri l’ardua sentenza.

 

 Elda Cannarsa

Chi fosse interessato, può inviare le proprie osservazioni inerenti il nuovo piano sanitario regionale al seguente indirizzo di posta elettronica: pianosanitario@regione.umbria.it

 

 

 

 

 

 

 

 

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