BIOMASSE A SAN DONNINO: DOMENICA 12 ASSEMBLEA A CITTA’ DELLA PIEVE. NASCE IL FRONTE DEL NO
CITTA’ DELLA PIEVE – L’impianto a biomasse in costruzione in località San Donnino nella campagna pievese, in direzione Fabro, non convince soprattutto i fabresi che si troverebbero diciamo sottovento in caso di tramontana e un paio di anni fa stopparono un progetto simile nel loro territorio. Ma anche nella città del Perugino dopo una iniziale indifferenza comincia a salire la febbre della contestazione e si profila la costituzione di un vero e proprio fronte del no. Domenica prossima, alle ore 17,00, preso la Sala Sant’Agostino si terrà infatti una prima assemblea pubblica organizzata dal comitato No Biomasse di Fabro e dalla associazione ecologista “Il Riccio” di Città della Pieve.
Dalla nota di convocazione e invito pubblicata sui social si intuisce che non si tratti solo di una iniziativa per informare, quanto piuttosto per “opporsi” all’impianto di San Donnino. Evidentemente le spiegazioni e le rassicurazioni fornite fin qui dal sindaco Scricciolo non sono bastate. I promotori dell’assemblea auspicano la presenza di amministratori pubblici, forze politiche e associazioni di tutto il territorio contiguo a Città della Pieve: da Fabro e Monteleone a Cetona e Chiusi. La data festiva e l’orario pomeridiano potrebbero non aiutare in questo senso, ma domenica 12 non ci sono nemmeno le partite di serie A, potrebbe scapparci quindi anche una buona partecipazione. Difficile che si presentino sindaci, assessori e segretari del Pd del versante senese, che nella stessa giornata saranno impegnati nell’assemblea provinciale del partito per eleggere il segretario. Vedremo. Annunciata dai promotori la presenza di “esperti legali, medici e tecnici indipendenti, tra cui il Prof. Maurizio Venezi Presidente della Società Internazionale Medici per l’Ambiente (ISDE-Perugia) e l’Avv.Valeria Passeri.
Chiara l’intenzione di smontare il progetto San Donnino anche sotto l’aspetto giuridico e sanitario. “Dove si parla di biomasse c’è combustione e dove c’è combustione c’è sempre puzza di bruciato!”, questo è un po’ l’assunto di base. E chi si oppone all’impianto teme che alla fine non bruci solo potature e sfalci prodotti in loco, ma anche altro, come peraltro previsto dalla legge nazionale, al di là delle prescrizioni fissate nella autorizzazione comunale. E questo anche perché le potature locali potrebbero non essere sufficienti a garantire funzionalità a regime e quindi redditività dell’impianto stesso.
E’ vero che le prescrizioni dell’autorizzazione comunale sono chiare e il sindaco le ha più volte ribadite. Quindi vanno prese per buone fino a prova contraria. Ma… c’è un “ma” grosso come una casa. Ed è questo: l’impianto in questione non è un impianto a servizio di una azienda agricola, che ha necessità di smaltire sfalci e potature derivanti dalla propria attività, e per non farlo in maniera incontrollata direttamente nei campi, senza alcun ritorno, ha deciso di investire e recuperare anche un minimo di energia… In questo caso si tratta di un impianto che non ha nulla a che fare con l’attività agricola, ma è di pura e semplice produzione energetica. Tant’è che non sarebbe gestito da azienda agricola, ma da una impresa che opera nel settore energetico e dei rifiuti in varie parti d’Italia (ha sede a Rimini) e ha acquisito la disponibilità del terreno a San Donnino. La sua necessità non è quella di smaltire dei materiali vegetali di risulta, ma quella di fare un business dal trattamento/incenerimento di quei materiali producendo appunto energia per rivenderla…
In questo senso l’operazione non si configura come una “migliorìa” tecnologica e anche dal punto di vista ambientale (gli sfalci meglio bruciarli in impianti controllati e dotati di filtri, che all’aria aperta) di una attività agricola esistente, ma addirittura come “sottrazione di suolo” all’attività agricola, per destinarlo ad altri scopi. Diciamo pure industriali, sebbene con dimensioni dell’impianto, non esorbitanti. Cosa prevede il Comune di Città della Pieve, come indirizzi strategici relativamente al consumo di suolo e in particolare del suolo agricolo? Un’operazione del genere è in linea con tali indirizzi?
Non solo, c’è anche un altro aspetto, e qui emerge un ulteriore elemento che, come abbiamo già scritto in un articolo precedente, non depone a favore dell’impianto: Maurizio Succi, presidente della società Tecnologie Ambientali Srl che è la promotrice del progetto di San Donnino è sotto inchiesta per ipotesi di truffa ai danni del Comune di Grosseto per la gestione dell’impianto di trattamento dei rifiuti della città maremmana. La notizia è apparsa anche su primapagina il 21 ottobre scorso.
Quindi l’azienda promotrice non ha nulla di agricolo, vuol fare un business energetico, ma non si capisce perché proprio lì, e per di più è sotto inchiesta per truffa…
Basterebbe questo, a nostro avviso, al di là degli aspetti tecnici dell’impianto e ai possibili rischi legati alle emissioni, per pensarci bene e magari stoppare l’operazione. Il Comune ha solo ratificato, con l’autorizzazione amministrativa, il diritto del proponente a fare il suo business, come previsto alle leggi? Certo. Ma tale affermazione avrebbe senso in presenza di una “esigenza agricola” e di situazione chiara e lineare, ma in presenza di una azienda che non ha nulla di agricolo ed è sub iudice per reati connessi proprio all’attività di trattamento di rifiuti, è quantomeno improvvida e perde di valore.
Tra l’altro il sindaco Fausto Scricciolo non solo ha una storia personale di esponente ambientalista, ma di mestiere fa l’ispettore sanitario-ambientale per la Asl senese, conosce bene questo genere di cose. Stupirebbe se dovesse arroccarsi a difesa della scelta che ha definito “solo amministrativa, non politica”. Ripensarci non sarebbe una sconfessione o una sconfitta.
Quando alcuni membri del comitato No Biomasse di Fabro hanno ricevuto minacce anonime, due settimane fa, lo stesso Scricciolo ha espresso solidarietà. Un segnale di distensione. Parteciperà all’assemblea del 12? si vedrà.
Prima di scatenare una battaglia sui rischi per la salute tra chi sostiene che un impianto a biomasse equivale a diossina e veleni e chi tenterà di minimizzare dicendo che è solo legna da ardere come quella delle stufe e dei caminetti, forse prendere in esame e valutare il profilo dell’azienda proponente, quale emerge dalle cronache, e il fatto che il tutto c’entri poco con l’agricoltura, e anche con il territorio, forse potrebbe facilitare il confronto.
Di impianti a biomasse ad uso e servizio di aziende agricole, magari di dimensioni ridotte, sotto la soglia che prevede autorizzazioni complesse e valutazioni di impatto ambientale, ce ne sono parecchi nel territorio. Non sempre sono sorti comitati contrari. Molte questioni passano sotto silenzio.
Alcune porzioni rilevanti di terreno sono state sottratte all’agricoltura per impiantare pannelli fotovoltaici, che non emettono fumi, ma non sono certo belli a vedersi e deturpano abbastanza il paesaggio che è e resta una risorsa. Si assiste in questi ultimi tempi al taglio indiscriminato di piante e alberi nei centri abitati (vedi il caso recente di Chiusi Scalo), ma anche in aree di pregio assoluto come la Valdorcia o l’area del Trasimeno, nella quasi totale indifferenza. Della mega stalla da migliaia di capi che produrranno centinaia di tonnellate al giorno di liquami, che il sindaco di Venezia Brugnaro sta realizzando a metà strada tra i laghi di Chiusi e Montepulciano, a pochi centinaia di metri dal canale che li collega finora nessuno parla. Avrà bisogno di un impianto per smaltire sfasci, potature e deiezioni animali? E che dimensioni avrà? Quello di San Donnino potrebbe essere uno scherzo a confronto. Eppure nessuno ne parla.
Ma c’è una strana costante in molti interventi di questo genere. Quasi sempre vengono proposti o realizzati al confine estremo del Comune in cui ricadono. La mega stalla del sindaco di Venezia è vicina a Montallese (Chiusi), ma in territorio di Castiglione del Lago, a 15 km almeno dalla città lacustre dove le esalazioni non arriveranno. Sarebbe stato lontano 15 km da Castiglione del Lago anche l’impianto a biomasse de Le Coste, proposto e stoppato qualche anno fa. O l’altro, proposto e stoppato a Villastrada. Quello di San Donnino è 10 Km dal centro storico di Città della Pieve…
Sembra che la sindrome NIMBY (not in my back yard, non nel mio giardino) non attanagli solo i comitati di protesta, ma anche e soprattutto gli amministratori che autorizzano certe operazioni: ok si può fare, ma il più lontano possibile. Se poi è vicino a casa d’altri pazienza. Se è in “terra di nessuno” tanto meglio.
m.l.
citta della pieve, Fabro, fausto scricciolo
Io mi stupisco perchè ancora si creda alle intenzioni che tutto questo sia SVILUPPO.Mi stupisco perchè ancora nelle teste degli amministratori pubblici si vedano tali iniziative foriere di possibilità di sviluppo, di comodità, di modernità.Se come dici- e non lo metto in dubbio- che il Sindaco viene da un passato di coscenza ecologista,capirà ancor dipiù che i dubbi contenuti in certe iniziative è normale che vengano alla mente anche di persone comuni, e quindi anche guardando dall’altro lato la questione; capisco anche che si debba agire in tal modo per rimanere gestori di un processo più generale che rende gli amministratori locali il filtro di un potere trasversale di partiti che segnano il loro perimetro di influenza politica su ”quattro capisaldi” di coinvolgimento su posti di lavoro e di promesse, ma solo su quattro capisaldi e basta, che non ci vorrebbe nemmeno tanto talvolta a smentire ,poichè quelle che hai citato tu Marco sono interpretazioni e non dati di fatto che non è detto che possano riguardare il futuro.Tali iniziative mi è sembrato di capire che partano da ditte private che non esisterebbero se non avessero la ricerca del profitto, ma che nel percorso tali intenti vengano aggiustati e neanche tanto sapientemente modellati col fatto che possano assumere una facciata di pubblica utilità ed essere così presentabili.Non credo che ci voglia una intelligenza superiore a capire tutto questo e capire a quale punto sia arrivata la politica nel nostro paese Italia, non solo a Città della Pieve ma in tutta Italia. Non si può dare consenso elettorale ad una generazione di politici e poi rendersi conto che questi agiscono in nome e per conto non dell’interesse pubblico ma del suo contrario che è un interesse di mero mantenimento, che si poggia solo a dare una visione che tutto questo possa rappresentare sviluppo.E’ bene che sorgano i comitati di difesa e contro queste distorsioni concettuali che vorrebbero essere imposte alla gente, ma ancor prima che protestare e dire no, occorre-credo- prendere atto della ragioni di fondo che sono pubbliche, generali, e non della ristretta difesa dell’esistente inteso come località interessata e sulla quale possa ricadere il peso di un fenomeno inquinante.In pratica, è la scelta a monte che debba essere criticata e sottoposta a giudizio della gente interessata, che non è solo quella di San Donnino e neanche solo quella di Città della Pieve.Questi amministratori di periferia -in definitiva- sono gli esecutori sul territorio di una direttiva più ampia che non viene da loro, ma viene dal loro centro esecutivo che ha ben chiaro cosa possa essere SVILUPPO e SOTTOSVILUPPO.Temono solo il parere contrario ed il voto. A loro alla fine interessa poco se accanto a San Donnino la gente sentirà puzzo, olezzo di altre cose oppure ceneri od altro, a questi interessa far passare indenni le decisioni che non hanno preso loro, perchè quello è lo sviluppo. E se permetti quando si cerca di coniugare lo sviluppo con il profitto privato, qualche dubbio alla mente viene. Stessa cosa come a Montallese sarà la situazione provocata dalle stalle di migliaia e migliaia animali e dai loro liquami.da stalla.Il mondo che hanno creato questi è tutto uguale nella sostanza, ma lo si capisce oppure ci vuole un abcedario per farlo comprendere? Si barattano 50-100 posti di lavoro per una mega struttura che produce scorie e liquami per il profitto di pochi, contro l’inquinamento costante della nostra terra e che per far sì che 50 famiglie o giù di lì percepiscano un salario.I danni poi si ripercuotono nel tempo, quando la gente muore di malattie oncologiche ed altro e poi si addiviene dopo decadi a dire che qell’iniziativa tanto sbandierata come sviluppo porti al contrario dello sviluppo. La risposta stà alla gente sul’iniziativa,ma che la stessa però abbia memoria quando andrà a farsi contare,perchè se non avrà memoria dopo un po’ di tempo, nemmeno tanto lungo,non se ne parlerà più e tutti si inalbereranno contro le decisioni prese e prese in quel modo.A quel punto conterà poco incazzarsi e c’è chi conta proprio su questo.Un film del deja vu.Questo mi sembra fin’ora.
Il sindaco ha annunciato oggi una assemblea pubblica promossa dall’Amministrazione Comunale per il giorno 16 novembre a Palazzo Corgna, ore 18,00. Prevista la presenza dello stesso sindaco, e di esperti di Arpa, Legambiente e Università di Perugia. Quindi sembra di capire, il Comune non intende partecipare all’incontro promosso dal Comitato di Fabro e dal “Riccio” per domenica 12 optando per una iniziativa in proprio. Il comunicato del Comune presenta l’iniziativa come occasione per fornire spiegazioni e rispondere alle domande. Ci viene da domandare: ma non faceva prima a partecipare all’assemblea del 12? il problema è solo quello di chi tiene il microfono?
Evidentemente il problema non è quello di chi tenga il microfono ma il problema credo che sia di basso profilo politico strategico in cui si possano realizzare almeno per adesso le varie e possibili teorie del cosiddetto rimando o rinvio che dir si voglia.Perche’?Provo ad immaginare che sia da una parte il fatto di poter giuocare in casa e dall altra il fatto che il comitato non se la possa sentire di intervenire ma altrimenti o il Sindaco sarebbe entrato nella tana del leone per farsi sbranare oppure visto che dei problemi se ne debba parlare nelle sedi opportune da parte del comitato questa possa essere una eventualita’ non tanto prevista e che certi non se la sentano di intervenire come forza di pressione.Credo che queste due eventualita’possano essere state considerate dai due schieramenti e quindi la cosa per il momento possa finire qui.Nelle vesti del Comitato io mi presenterei in forze e chiarirei le mie ragioni perché nessuna occasione possa essere sprecata per addivenire ad una soluzione.Non far avere alibi all’altra parte talvolta è una strategia che può pagare, quindi io mi presenterei all incontro indetto dal Sindaco e porterei la forza delle mie ragioni.Dopodiche’ -come dIsse l’orbo- “staremo a vedere”…..
Carlo, il Comitato ha già annunciato una assemblea pubblica per domenica 12, dove esporrà le sue ragioni. Il Comune ne ha annunciata un’altra per proprio conto, per il 16. Nella quale esporrà le sue ragioni. Quindi sembra evidente che al momento le posizioni sono distanti e non c’è voglia (soprattutto da parte del Comune che ha indetto la propria iniziativa dopo quella del Comitato) di dialogare serenamente. E non credo che quelli del Comitato andranno in forze all’assemblea del Comune. Che ci vanno a fare, a riproporre ciò che hanno detto tre giorni prima? Conoscendo la storia di Fausto Scricciolo questa cosa un po’ mi sorprende. E mi lascia perplesso. Ma al di là delle posizioni in campo, personalmente – come scritto nell’articolo – credo che il solo fatto che l’azienda proponente sia sotto inchiesta è un fatto nuovo rilevante, tale da mettere in discussione anche le decisioni prese, “non politicamente”, ma solo amministrativamente dal Comune.
CUI PRODEST dicevano i latini.Se la Comunita’ pievese e territorio limitrofo,non ha niente da guadagnare con l’attivazione dell’Impianto BIOMASSE,come sottolinea Lorenzoni,perche’ non e’ al servizio di una Azienda Agicola o di una Azienda Pubblica,non produce utilita’ al Comune (esempi Teleriscaldamento)consuma suolo e svilisce il sito archeologico Etrusco ,tanto esaltato dal Minicipio e dalla Sovrintendenza,,etc..,perche’ lo stesso lo ha accettato , senza colpo ferire,dicendo anche,in maniera molto infantile Io Non NE sapevo Niente e se c’ero dormivo?Poi il fatto che il Primo cittadino abbia un passato ambientalista ,scusate,mi sembra come affermare …se lo dico io…..!
Beh se c’è un nuova situazione che come dici possa riguardare fatti relativi ad inchieste in corso penso che sarà bene chiarire e chiarire bene e mi sembrerebbe che anche una considerazione politica sia doverosa al di la dei puri fatti amministrativi, o no ? Secondo il mio parere da queste due cose( Comune e Fronte del no) non ne uscirà nulla, per adesso sono due entità destinate a non incontrarsi.
Secondo me non c’è da chiarire niente. L’inchiesta in c orso c’è. Il presidente della ditta proponente l’impianto di San Donnino è indagato per il reato di truffa ai danni del Comune di Grosseto. Anche solo il sospetto – unito al fatto che l’operazione non c’entra niente con l’agricoltura e non porterà nulla al territorio – basta e avanza per dire che il soggetto proponente non è del tutto affidabile e quindi per revocare l’autorizzazione concessa. Stop. Ma questa sarebbe un’azione e una scelta politica, non solo amministrativa.