CHIUSI,LA DIRETTRICE DEL MUSEO: “LO SCAVO ARCHEOLOGICO DI POGGIO RENZO CI DIRA’ MOLTE COSE SUGLI ETRUSCHI”

lunedì 03rd, ottobre 2016 / 10:23
CHIUSI,LA DIRETTRICE DEL MUSEO: “LO SCAVO ARCHEOLOGICO DI POGGIO RENZO CI DIRA’ MOLTE COSE SUGLI ETRUSCHI”
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Sabato scorso, 24 settembre, nel corso di un convegno svoltosi al teatro Mascagni di Chiusi sono stati resi noti e discussi i risultati (ad oggi) del recente scavo archeologico nella necropoli di Poggio Renzo, e in particolare sono stati anche illustrati i reperti rinvenuti nella tomba etrusca ritrovata pressoché intatta alla fine del 2015. Qualche mese fa la direttrice del Museo Nazionale dottoressa Maria Angela Turchetti in una intervista a primapagina  illustrò le nuove tecniche di scavo e soprattutto di studio, ma non fornì elementi sui ritrovamenti. Si era nella prima fase e i reperti dovevano essere valutati. Adesso le cose sono più chiare. E la stessa dottoressa Turchetti acconsente a parlarne. Ci accoglie all’interno del museo, davanti a una bellissima anfora che spicca di fronte all’ingresso e che rimarrà esposta  temporaneamente fino a  domenica 9 ottobre.

Dottoressa Turchetti quali “novità” aggiunge lo scavo di Poggio Renzo al già ricco patrimonio archeologico chiusino?

Quella che ha appena fotografato è una vetrina temporanea allestita per ricordare alcuni dei reperti che vengono dai recentissimi scavi a Poggio Renzo, si tratta di un’anfora etrusca della prima metà del V secolo avanti Cristo rinvenuta in un nicchiotto nel corridoio in una delle sepolture scavate di recente a Poggio Renzo. L’abbiamo voluta usare a simbolo degli importanti rinvenimenti che sono in corso di studio e che saranno sempre di più presentati al pubblico via via che il gruppo di studiosi incaricato arriverà a delle certezze in merito a tutti gli aspetti legati a questa importante indagine. Tutte le prime domeniche del mese l’ingresso al museo è gratuito e nell’occasione proietteremo delle immagini legate a questo scavo e i restauratori parleranno del lungo lavoro in corso per ricostruire tutti i reperti che vengono da Poggio Renzo. Rimarremo con questa esposizione temporanea fino al 9 ottobre che invece è una giornata dedicata alle famiglie, per cui speriamo che siano numerose le famiglie chiusine che sceglieranno di venire qui nel corso della domenica. L’ingresso è gratuito per il bambino e i suoi due accompagnatori, in quel caso il tema sarà “Giochi e sport nell’antichità”, ma riusciremo a parlare comunque di quelle che sono le presenze all’interno di Chiusi, del territorio e del museo e daremo la possibilità a tutti di ottenere queste informazioni che noi archeologi abbiamo la fortuna di avere per farli diventare un patrimonio dell’umanità, della collettività e prima di tutto della collettività chiusina, quindi voglio dire ai cittadini venite, perché quest’anfora sarà visibile per un’altra settimana poi otrnerà nei depositi del museo in attesa di poter esporre tutto il contenuto e il materiale rinvenuto nel corso dei recenti scavi.

Conferma che nello scavo di Poggio Renzo si sta lavorando con metodi innovativi?
Come già detto, in altre occasioni, anche a Primapagina, ci sono diversi aspetti assolutamente innovativi rispetto alla metodologia di scavo a Poggio Renzo. Va sottolineato che Poggio Renzo è una necropoli nota fin dall’Ottocento, dagli scavi celeberrimi e famosi di Alessandro François che portarono nel febbraio 1846 al ritrovamento fortunatissimo della Tomba della Scimmia, una delle tombe dipinte chiusine più importanti. Gli ultimi scavi della necropoli risalgono però al 1995, quando l’allora funzionaria e Direttrice del museo che era Anna Rastrelli, indagò alcune delle sepolture che si presentavano lungo la strada che ancora esiste, che è la passeggiata archeologica creata alla fine degli anni venti del Novecento per collegare il museo alle principali tombe con un percorso anulare. Questa strada nel corso degli anni venti ha visto altri importanti rinvenimenti, che hanno portato fino al 1995 e 1997 alle ultime indagini note. Da allora in poi Poggio Renzo non era stata più indagata pur sapendo che si tratta di una delle più importanti necropoli del centro etrusco di Chiusi. I recenti rinvenimenti sono stati possibili grazie a una segnalazione di Roberto Rocchi, che sorvolava in elicottero a zona insieme al gruppo archeologico per altri motivi, quando ha visto la cavità che sprofondava nelle viscere della terra. Fino ad Alessandro François e fino gli anni recenti quello che premeva all’archeologo era la ricerca di tesori. A noi adesso interessa capire anche altre cose… Le ultime tombe individuate, che sono ben cinque, non sono tutte intatte, alcune non sono mai state trovate nell’antichità e sono risultate intatte, altre sono state oggetto di profanazione nel corso dei secoli…

C’è dunque un cambiamento di criterio negli studi, in quale direzione?
L’approccio di oggi è completamente diverso, l’archeologo non scava più per trovare oggetti belli ed esteticamente appariscenti, ma scava per ricostruire un contesto, un contesto che è ancora tutto da indagare, perché le ricerche degli ultimi anni erano soprattutto incentrato sulle tipologie funerarie o dei reperti rinvenuti, gli oggetti che sono per esempio qui nel museo seguono un criterio antiquario, cioè tanti oggetti divisi per tipologia però avulsi dal loro contesto non in grado più di raccontare quella storia legata invece alla vita quotidiana che non vede al centro dell’indagine l’oggetto, ma l’uomo e la società che esprime. L’archeologia va in questa direzione, come scienziati siamo felici di avere un’anfora che corrisponde ad esempio al tipo XIV della classificazione di un insigne studioso, ma quello che vogliamo è capire che cosa conteneva quell’anfora ed il senso di quell’anfora e scoprire il contesto all’interno del quale è stata rinvenuta. Da questo punto di vista Poggio Renzo sta negli ultimi scavi dando dei risultati eccezionali, ovviamente si tratta di risultati che stiamo via via approfondendo, il convegno del 24 e 25 settembre in occasione delle Giornate Europee del Patrimonio ha voluto in via preliminare cominciare a presentare i risultati che come dire sono un work in progress perché il lavoro che c’è dietro e che consentirà agli studiosi di esprimersi in toto e quindi di dare delle interpretazioni storiche plausibili è tantissimo. Poggio Renzo rivelerà importantissimi risultati riguardo le tipologie tombali. Pensate che ad oggi a Chiusi si conoscevano solo un paio di tombe a fossa che pur essendo note dagli scavi di Tolle nessuno sapeva quante potevano essere e come, appena avremo completato gli studi vi daremo dei risultati completamente all’avanguardia.

Ad oggi a quali risultati si è arrivati?
Le anticipazioni potrebbero essere tante ma potremmo non dare risultati sicuri perché passibili di revisione, io direi che tipologie tombali, riti funerari, materiali ci consentiranno di riscrivere gran parte della storia di Poggio Renzo. Noi crediamo che ci vogliano ancora diversi mesi prima di poter rendere fruibili al pubblico questi dati che a breve presenteremo alla città, anche con l’idea di rendere l’archeologia pubblica e questa è una cosa che ci tengo a sottolineare, nell’occasione delle Giornate del Patrimonio abbiamo voluto dare delle anticipazioni tutte passibili di cambiamento e di rettifica perché riteniamo che questo dato sia soprattutto della collettività. Quello che vorremmo far capire è che siamo lavorando per la collettività, per il mondo e per l’umanità e vorremmo far innamorare tutti come noi siamo innamorati di questo bellissimo patrimonio. A Chiusi ce n’è tanto ed è nostra responsabilità e dell’amministrazione e di tutti coloro che possono collaborare far sì che diventi patrimonio di tutti. Si dice spesso che lo Stato debba salvaguardare e valorizzare, oggi è più difficile, ma anche se lo Stato fosse così forte da riuscirvi non lo farà mai da solo, lo farà soltanto se avrà l’aiuto e il contributo di tutti e io credo che uno scavo come questo, basta guardare la pagine Facebook del museo e il lungo elenco di persone che abbiamo ringraziato anche per il convegno del 24 e 25 settembre, sia proprio l’espressione di questo sforzo collettivo a cominciare dal tessuto cittadino, dall’Università, dalla Banca Valdichiana, la Sovrintendenza e tutti coloro che hanno dato il loro contributo che sono orgogliosa di ringraziare.

Sara Radicia

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