CHIUSI: FESTE POPOLARI E FESTIVAL CULTURALI, VA BENE COSI’? RIFLESSIONE A FARI SPENTI SU ORIZZONTI E DINTORNI

CHIUSI – Comincia questa sera, per durare fino a domenica la festa dell’Uva e del Vino nel centro storico. E’ la festa che chiude la stagione estiva e saluta l’arrivo dell’autunno con i sapori e gli odori della vendemmia. Ma non solo. E infatti sarà l’occasione per degustare piatti tipici di antica tradizione e vini di qualità, salumi, formaggi, pesce e baccalà come si faceva una volta… Il tutto condito con musica dal vivo, intrattenimenti vari voglia di far tardi…
Il centro storico insomma per tre serate tornerà ad animarsi come a mezz’estate durante il festival Orizzonti. Sì, perché prima e dopo il festival non è che ci sia stato gran movimento. Chiusi Città non è paese di movida. E’ una cittadina etrusca dentro, fin nel midollo. E gli Etruschi sono una civiltà estinta. Civiltà gaudente finché ha potuto, che poi però si è rassegnata alla strapotenza di Roma e si è fatta assorbire. Per un certo periodo imponendo pure qualche re e le sue eleggi, ma poi, alla lunga ha deposto ogni velleità per sopravvivere. Ma non ha lasciato traccia se non monumenti funerari. Tanto da apparire un civiltà di morti. Ecco Chiusi è ancora un po’ così. Orgogliosa dei suoi fasti passati, ma più morta che viva. E fuori dai circuiti che fanno sold out.
Le feste stesse, il più delle volte le fa per sé. Da fuori viene poca gente. Speriamo che la festa dell’Uva che va a cominciare inverta la tendenza. I Ruzzi non ce l’hanno fatta, non hanno invertito alcunché, neanche quest’anno. E’ successo per la prima volta al Lars Rock Fest che ha avuto un buon risultato superiore alle precedenti edizioni. Il Festival Orizzonti invece, al contrario, richiama più gente da fuori (ma da molto fuori, non dai dintorni: più facile trovare gente di Palermo o Reggio Emilia che di Sarteano, Chianciano e Città della Pieve. Da Cortona o Castiglione del Lago neanche a parlarne…).
In una recente intervista a Primapagina la presidente della Fondazione, Silva Pompili si è detta soddisfatta pur ammettendo che “su questo aspetto c’è molto ancora da fare”…. Ecco, lo diciamo adesso, a bocce ferme e riflettori spenti già da un po’: sarebbe interessante soffermarsi e discutere su quel “c’è ancora da fare”, per capire cosa c’è da fare. Cosa sarebbe meglio fare per invertire la tendenza. Per fare in modo che alle feste popolari venga anche gente da fuori e Orizzonti veda presenti anche un po’ (o un po’ più) di chiusini e magari sarteanesi, pievesi, chiancianesi, poliziani ecc…
Perché le due cose sono le due facce della stessa medaglia. Una medaglia che ci dice che Chiusi non è attrattiva o quantomeno fa fatica ad attrarre pubblico dai dintorni, fa fatica a tirar fuori i chiusini di casa e se un evento come il festival estivo Orizzonti riesce a portare pubblico da molto lontano, lo fa solo in virtù di certi artisti, del “giro” messo in piedi dal direttore Cigni e non per le peculiarità della città, per la “cornice” che la città offre. E se Cigni lo stesso festival anziché a Chiusi lo facesse a Ficulle o a Scansano o a Panicale, avrebbe lo stesso identico risultato…
E allora, detto questo, ecco che una riflessione pacata, serena, costruttiva tra gli addetti del settore prima di tutto, ma non solo loro (anche la politica, le categorie, le associazioni…) sarebbe quanto mai utile. Ma non si vuol fare. La stessa intervista di Silva Pompili a Primapagina, come quella precedente di Andrea Cigni ad altra testata, dove pure emergevano giudizi non proprio lusinghieri e addirittura impietosi sulla città, non sono state commentate. Sono passate come acqua sotto un ponte…
Eppure di materiale di discussione ce n’era e ce n’è a iosa. Per esempio:
1) E’ stata una scelta giusta quella della Fondazione di rinnovare per altri tre anni la direzione artistica di Orizzonti ad Andrea Cigni?
2) E’ una scelta giusta e opportuna quella di affidare allo stesso Cigni anche la stagione invernale del Mascagni, facendone praticamente il “signore e padrone” di tutta l’attività culturale chiusina o quasi tutta?
Qui non si tratta di sindacare sulle qualità professionali del direttore Cigni, che sono indubbie, apprezzate e conclamate. Si tratta di ragionale sulle opportunità, in base di quanto visto fino ad ora negli ultimi 3 anni…
Quindi sorge spontanea un’altra domanda:
3) La scelta di chiudere il discorso della “compagnia del festival Orizzonti” fatta con alcune esperienze locali e relegare le esperienze e le compagnie locali in un angolino dedicato del festival, ma praticamente “fuori cartellone”, è anche questa una scelta giusta, opportuna, oculata?
Silva Pompili dice che per quanto riguarda la Fondazione e il Mascagni la linea del recupero e della valorizzazione delle esperienze locali rimane invariata, ma di fatto il festival estivo le taglia fuori. Senza entrare nel merito della qualità e delle professionalità (che pure esistono anche nelle compagnie locali), non è un rischio quello di tagliare i ponti con queste realtà nel festival estivo? Non sono proprio le compagnie e le varie esperienze teatrali locali a rappresentare non solo l’humus, il sedimento, il giacimento da coltivare, ma anche lo zoccolo duro delle presenze a teatro? a rappresentare quell’ambiente che è l’unico che di solito segue i festival e gli eventi culturali nel territorio?
Insomma anche da un punto di vista meramente utilitaristico, la scelta di Andrea Cigni, avallata, sia pure con qualche assicurazione, da Silva Pompili, ci pare controproducente, non solo ingenerosa. E potrebbe preludere ad una “fuga da Orizzonti” (e da Chiusi) non solo in termini di collaborazioni e spettacoli, ma anche in termini di spettatori, di audience mediatica. Con il risultato che invece di invertire la tendenza e portare più spettatori del posto e dei dintorni al festivla, la forbice potrebbe ulteriormente allargarsi.
Su queste questioni ci piacerebbe che intervenissero anche l’amministrazione comunale, troppo silente a tal proposito, i gruppi di minoranza in consiglio comunale, i partiti, le associazioni che poi al festival e ai vari eventi devono garantire il contorno e i servizi collaterali. Finora nessuno ha aperto bocca, se non marginalmente sui soldi e sul fatto che si spenda molto per manifestazioni di elite. O per pochi. E anche questo sarebbe tema da approfondire: Umbria Jazz, Trasimeno Blues, Sarteano Jazz , il Cantiere di Montepulciano, i “Concerti in terra di Siena” non sono manifestazioni d’elite? E il Lars Rock fest è d’elite perché non fa ancora i numeri di Acquaviva o perché propone un rock più insolito e di nicchia? Parliamone.
All’Amministrazione Comunale va bene così? Ha qualche indicazione da dare, al di là dei soliti convenevoli, alla Fondazione, a Cigni, alla cittadinanza? E’ in sintonia con la Fondazione oppure no? (la bocciatura alle elezioni di Silva Pompili e Arianna Fè da parte del Pd farebbe supporre di no). E le opposizioni cosa hanno da dire sulla politica culturale e sulle scelte che vi attengono fatte in questi mesi?
Figuriamoci, a noi piacerebbe un paese che si accalorasse e discutesse anche animatamente, come faceva due anni fa per la Emma Villas Volley, anche per uno spettacolo di Orizzonti, o uno di Poliziani e Storelli, per i concerti del Lars Rock fest (ma non solo sul fatto che sforano l’orario e fanno troppo rumore), addirittura ci piacerebbe che si accalorasse e discutesse dell’ultimo brano dei Greeen Grocers o dei Dudes, sulle opere d’arte di Guido Fei, Giorgio Bronco o Nasorri… su come consentire alle varie band locali (non solo giovanili) di suonare con continuità e sperimentare nuovi percorsi, o agli artisti di esporre i loro lavori e farsi conoscere…
Ma questo che sognamo è un paese che forse si chiamerebbe “Aperti”. Invece si chiama Chiusi.
Marco Lorenzoni
Oltre ad essere ormai l’unico organo di informazione locale Prima Pagina di Chiusi e il suo conduttore Marco Lorenzoni hanno il merito di entrare sempre nel cuore degli argomenti con onestà intellettuale e anche con ironia quando ci vuole.
Qui tratta un tema fondamentale: le amministrazioni locali lungimiranti hanno saputo contare sulla cultura come motore di progresso trainante. Si sono create così competenze artistiche in molti settori, alcune veramente di livello, ma quando si tratta di affidare loro dei budget o delle responsabilità incominciano i problemi.
Tanto è vero che la maggior parte dei talenti se ne va altrove. In parte questo è anche normale ma quando il Maestro Henze invocava che gli artisti ricevessero un riconoscimento e la fiducia necessaria a farli rimanere nel proprio paesaggio sapeva perché lo diceva e quale ricaduta positiva questo avrebbe avuto
Spero che in molti rispondano alle domande di Prima Pagina: artisti, intellettuali, politici, gente di cultura, cittadini.
Non mancherà la mia riflessione.
Marco metti tanta carne al fuoco, per carità interrogativi legittimi e sensati ma dubito davvero si arrivi da qualche parte….semmai una nota la farei: i tempi sono davvero cambiati e non c’è più alcuno degli spettacoli tradizionali (opera, teatro, balletto) che facciano ormai parlare di se; sono ormai dei reperti ad uso di un circolo ristretto…bisogna farsene una ragione
Paolo, io pongo sostanzialmente un solo problema: quello del rapporto tra “grandi eventi” (come un festival può essere considerato in una cittadina di 9.000 abitanti scarsi) e la città, tra quegli eventi e il substrato, il sedimento culturale locale. E lo faccio per il motivo, semplice, che in un paio di interviste il direttore del festival ha detto cose che a mio avviso potrebbero essere controproducenti (oltre che ingenerose). E interrogarsi su queste questioni, così come sulle feste popolari, che in una paese di 9.000 abitanti sono grandi eventi anche quelle, secondo me non farebbe che bene…
…si certo…”non farebbe che bene”….ma visto in quanti hanno voglia di parlarne, credo sia una partita persa, come molte altre del resto.
Il cittadino è stanco e sfiduciato e, per questo, sempre più passivo. Se pensa che il suo sforzo finirà come un bicchiere d’acqua nel mare dell’oblio, non fa più nemmeno lo sforzo. Ci vorrebbe una cinghia di trasmissione forte, la sensazione e la certezza che anche il tuo piccolo gesto, associato ad altri, possa sortire qualche risultato. Un tempo questi volani si chiamavano Partiti o Sindacati, oggi si ha tutti l’impressione di far causa alla Microsoft da soli, con una vibrante lettera dell’avvocato, nel nostro caso il commento indignato su internet o l’immancabile comunicato del cartello elettorale di turno, a cui nessuno fa caso…vecchi strumenti che non maneggiano un mondo nuovo
Io credo che ci sia gente che avrebbe voglia di parlarne, ma per vari motivi non si espone. Bisognerebbe parlare anche di quei motivi…
Chi non si espone da un punto di vista civico, in qualche modo, “non esiste”. Sicuramente una parte di costoro non lo fanno per i motivi che ho indicato nel precedente post…ed è il motivo per cui anche gli Stati Generali della Cultura non possono funzionare. A parte la scelta dei partecipanti – che sarebbe comunque arbitraria – se non esiste una reale fattibilità, si perde tempo e ci si espone per nulla…contando che essendo rimasta una società sostanzialmente tribale, quando lo fai paghi un prezzo alto. Io l’ho pagato tante volte e ovviamente non parlo di Chiusi in modo specifico…non a caso siamo sempre in pochi a farlo pubblicamente e uno, il sottoscritto, di fatto non abita più a Chiusi..