CHIUSI: LE “PROVOCAZIONI” DI ORIZZONTI E UNA CITTA’ CHE NON SI SCALDA. COME MAI?

CHIUSI – Certo non è facile discutere di uno spettacolo teatrale d’avanguardia. Per un pubblico “normale” fatto da gente comune di una cittadina di provincia di 8.000 abitanti è di sicuro complicato. Soprattutto quando e se lo spettacolo è “complicato” di suo. Da cronista ci puoi provare, a tuo rischio e pericolo, perché avventurarsi in disquisizioni sulla tecnica teatrale, sulla qualità della recitazione, sui significati espliciti o impliciti di un’opera è come camminare su un campo minato per chi di solito commenta altre cose. Magari anche spettacoli teatrali, ma più semplici, più “usuali”, più “normali”… Figuriamoci per chi non è neanche cronista, ma solo e semplicemente spettatore. O curioso.
Ho notato che alla replica di “Macadamia Nut Brittle”, sabato 30, c’era più gente che alla “prima” di venerdì 29. C’erano più giovani. E soprattutto c’erano più chiusini… Non so se sia dipeso dalla curiosità di andare a vedere di persona uno spettacolo “scandaloso”, se abbia influito in qualche misura la recensione che abbiamo fatto su queste colonne e che ha registrato qualche migliaio di visualizzazioni (oggi tutto si misura con le visualizzazioni e i “mi piace”)… Fatto sta che gli applausi sono stati più dei mugugni e i più sono usciti dal Mascagni un po’ tramortiti, ma favorevolmente impressionati e con una convinzione: certe cose è bene vederle, anche in periferia. Una cosa del genere a Chiusi è segno di coraggio e di cambiamento… Se fosse davvero così sarebbe buon segno. Vedremo.
Più complicato ancora di “Macadamia…” di Ricci-Forte è stato l’Amleto riscritto per l’occasione da Roberto Latini, ormai più vicino a Carmelo Bene e alla sua visione del teatro che all’attore della serie Tv “Romanzo Criminale”… Un Amleto oscuro, criptico (per lo spettatore normale certamente, per gli esperti forse meno), di grande forza e presenza scenica, ma duro da masticare e difficile da digerire. E in questo caso neanche il sesso a rendere tutto più facile. Il linguaggio stesso – tra citazioni, richiami, allusioni – roba da iniziati, quantomeno con il liceo classico e buone letture specifiche alle spalle. Infatti a Chiusi “Macadamia” ha fatto più rumore.
Mi piacerebbe, da cittadino di Chiusi, più che da cronista, vedere e sentire la gente seduta al bar, in piazza, nelle panchine parlare degli spettacoli di Orizzonti. Bene o male poco importa. Mi piacerebbe vedere e sentire una città partecipe, attenta. Magari critica. Ma non distratta, indifferente. E invece nonostante il battage e la presenza tangibile di 200 artisti e tecnici che parlano altri dialetti, altre lingue in qualche caso, il “clima da festival” stenta a decollare. Colpa di scelte troppo di nicchia, o troppo “oltre” rispetto allo standard? Colpa delle tante iniziative in contemporanea nei dintorni e anche nello stesso territorio comunale (fino a ieri la festa dello Sport e tra qualche giorno la sagra a Montallese…)? Può darsi, e se ne dovrà parlare, prima o poi, ma forse è anche colpa di una città che si è adagiata nel torpore, che si è assuefatta al clima arido del deserto, che si trova bene solo se non c’è da pensare, da scegliere, da ragionare…
Andrea Cigni, che potrebbe anche lasciare la direzione artistica di Orizzonti dopo questa edizione, (il suo contratto è in scadenza) ha voluto cominciare col botto. Mettendo insieme la più popolare delle opere liriche (Traviata) con due spettacoli teatrali di frontiera. O di rottura. Di avanguardia, ma di quella più spinta. Ha voluto “provocare” cercando di dare la sveglia.
Ora tocca ai chiusini (e ai cittadini dei dintorni, perché un festival non è mai una cosa che riguarda solo la città in cui si svolge, ma è una opportunità per un pubblico più ampio). Credo che anche Cigni cerchi un riscontro, una ragione plausiblie per continuare o per andarsene… E questo riscontro non può che arrivare dall’audience locale, dal “clima” che il festival riuscirà a creare in questa settimana. Le buone recensioni della stampa specializzata servono, ma servono ad altro.
Il festival infatti continua, è appena cominciato. Stasera e domani c’è “Marrana” una piece teatrale realizzata da autore, regista e attori locali. Alcuni molto noti: Laura Fatini, Gabriele Valentini, Gianni Poliziani, Francesco Storelli, Francesca Fenati, Valentina Bischi, Mascia Massarelli, Claudia Morganti, Vittoria Tramonti… Si tratta del “sedimento” di Orizzonti nel territorio. Delle radici del festival che potranno diventare rami forti.
Poi mercoledì e giovedì la danza della compagnia Abbondanza Bertoni, e a seguire altri spettacoli teatrali, ancora danza, concerti, incontri con scrittori e… visitazioni… E a notte fonda, pizza, birra e balli in piazza grande. Ed è a quell’ora che Orizzonti sembra un festival vero, che Chiusi sembra una città in cui c’è un festival… Purtroppo però a ballare e a tirar tardi sono solo gli artisti e i loro amici. La città li guarda a distanza, non si mescola, se non in minima parte… Finora almeno è stato così. Vediamo da stasera in avanti. Un festival può piacere o non piacere, possono piacere o meno certe opere proposte, e nessuno potrà seguire tutto, però è un evento straordinario, un “lusso” per una cittadina delle dimensioni di Chiusi, sopratutto in tempi di crisi e ristrettezze economiche; un investimento ingente per il Comune e la Fondazione che lo gestisce; un biglietto da visita della città verso altri mondi. Per questo credo valga la pena di seguirlo. Poi, a settembre tireremo le somme.
m.l.
Le scelte di Cigni non sono solo coraggiose, spesso sono molto belle e sono gli spettacoli per i quali di solito mi sposto in città. I festival di questo tipo, calati in un piccolo centro, ci sono sempre stati da S.Arcangelo a Castiglioncello, da Polverigi a Dro e sempre sono vissuti di nomadismo teatrale (appassionati che arrivano da lontano, da non residenti). La formula può funzionare ma nella maggior parte dei casi si esaurisce in poco tempo.
Per avere quello che si vorrebbe ci vuole la partecipazione attiva dei cittadini e intendo un tipo di partecipazione artistica che coinvolga soprattutto i bambini e i giovani. Il pericolo è quello del dilettantismo, ma si può evitare. Ci vuole pazienza, lungimiranza e tenacia perché i frutti arrivano dopo un po’. Ma i fiori possono sorgere subito, basta volerlo.
Appunto. E tanto per cominciare, se si cominciasse a seguire anche le “provocazioni” fuori contesto” forse… Personalmente se il festival richiama qualche decina di “migranti” appassionati di teatro, qualche critico di testata specializzata, sono contento. E’ importante e dà la dimensione della manifestazione, ne è “marchio di garanzia”, ma non credo che basti… Una manifestazione per non esaurirsi nell’arco di qualche edizione deve attecchire in loco, deve trovare radici e ramificazioni, che poi possano generare germogli…Se no tanto varrebbe chiamare Pupo o Gigione che magari di pubblico ne fanno anche di più. Ma io mi vergognerei…
E’ comunque un fatto positivo. Mi dispiace solo che non posso essere li.