VALNESTORE: 255 ETTARI NELL’EX BACINO MINERARIO DI PIETRAFTTA POSTI SOTTO SEQUESTRO. COSA C’E’ SOTTO LE CENERI?

VALNESTORE: 255 ETTARI NELL’EX BACINO MINERARIO DI PIETRAFTTA POSTI SOTTO SEQUESTRO. COSA C’E’ SOTTO LE CENERI?
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PANICALE – Un’area di 255 ettari a cavallo tra  comuni di Perugia, Piegaro e Panicale in Valnestore è stata posta sotto sequestro preventivo dalla Procura del capoluogo umbro. E il NOE, Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri di Perugia, insieme ai militi dell’Arma di Panicale e Piegaro, sta eseguendo il mandato delimitando il terreno. L’area è quella dell’ex bacino minerario per l’estrazione della lignite a servizio della centrale Enel di Pietrafitta. Sequestrati anche due pozzi nella frazione panicalese di Tavernelle.

Il sequestro preventivo serve – spiegano i Carabinieri – alla verifica, attraverso nuovi approfondimenti, di eventuali criticità ambientali, dovute all’interramento di rifiuti speciali, oltre alle ceneri si risulta della centrale di Pietrafitta e quelle provenienti dalla centrale di La Spezia, arrivate in gran quantità tra la metà degli anni ’80 e i primi anni ’90. E serve anche ad impedire che vengano effettuati movimenti di terra, anche per fini agricoli o edilizi, senza la necessaria autorizzazione dell’autorità giudiziaria.

 

La zona sotto esame è la cosiddetta “valle dei fuochi”, tornata di recente alla ribalta, così come l’area di Fabro, dove di ceneri da La Spezia ne arrivarono anche di più.

Da 30 anni gruppi ambientalisti, forze politiche e stampa parlano di quella gigantesca operazione che si rivelò anche un business per i comuni e soprattutto per alcuni partito politici che gestivano direttamente il traffico delle ceneri di stato.

L’Enel pagava a peso d’oro lo smaltimento di quel materiale. E i comuni lo utilizzarono per fare strade, zone artigianali e campi sportivi… In Valnestore, come già detto, le ceneri provenienti da La Spezia si sommarono a quelle della locale centrale di Pietrafitta, e secondo alcune testimonianze e verifiche recenti, anche a rifiuti urbani e speciali smaltiti senza tanti scrupoli facendoli letteralmente sparire sotto 2 metri di cenere…

Solo che quel materiale e quei rifiuti, secondo alcuni, ha  finito per inquinare pozzi, falde acquifere e terreni agricoli, con conseguenze gravi sulla salute della cittadinanza: aumento di tumori e malattie gravi, certamente superiore alla media regionale e nazionale.  L’indagine è volta proprio a verificare queste possibili connessioni. Non solo, ma anche la morte in circostanze poco chiare dell’imprenditore Massimo Dolciami trovato carbonizzato nella sua auto alla fine di febbraio del 2012, è un tassello che getta luci sinistre su quella vicenda. L’impresa di trasporti Dolciami fu una di quelle che lavorò di più con il traffico delle ceneri, si ingrandì, come alcune altre a dismisura, con quel business.

 

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