RIFIUTI, PRIMI RISCONTRI NELL’INCHIESTA SU GESENU E TSA. E LE CENERI DI FABRO TORNANO IN PARLAMENTO

RIFIUTI, PRIMI RISCONTRI NELL’INCHIESTA SU GESENU E TSA. E LE CENERI DI FABRO TORNANO IN PARLAMENTO
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PERUGIA – Cominciano a trapelare le prime indiscrezione sull’inchiesta che ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati di 16 persone tra dirigenti della Gesenu e della Tsa, imprenditori, funzionari e trasportatori, in relazione alla gestione delle discariche pubbliche di Pietramelina e Borgo Giglione in provincia di Perugia. Una vicino a Todi, una vicino a Magione. Inchiesta ordinata dall’Antimafia di Perugia. E quando si parla di discariche e c’è di mezzo l’antimafia, vuol dire che sulla questione c’è odore di ecomafie.

Gli accertamenti effettuati dal Corpo Forestale dello Stato, per conto della DDA,  starebbero confermando due dei sospetti: 1) che il percolato è penetrato nel terreno, causando un danno ambientale serio; 2) che in mezzo al compost smaltito c’era anche qualcos’altro. Qualcosa che forse serviva ad aumentare il peso del materiale conferito, pagato dai comuni profumatamente, ma potrebbe essere anche qualcosa che avrebbe dovuto essere smaltita in altro modo. Cioè materiale nocivo occultato. Oppure,  materiale proveniente dalla raccolta differenziata e poi mischiato di nuovo e conferito in discarica per fare volume…

Una storia viste mille volte in Italia.

Nella zona del Trasimeno (la discarica di Borgo Giglione è quella utilizzata dai Comuni dell’area lacustre), il coinvolgimento della Tsa e dei suoi massimi dirigenti (tra questi anche il presidente Lombrici, ex sindaco di Paciano) nell’inchiesta ha creato un certo imbarazzo. E qualche polemica, con i 5 Stelle che rimproverano i sindaci di non aver voluto ascoltare le loro sollecitazioni, neanche quelle “ufficiali” presentate sotto forma di mozioni o interrogazioni nei consigli comunali e i sindaci che invece cadono dalle nubi, come direbbe Checco Zalone, limitadosi a dichiarazioni di circostanza…… Silenzio, piuttosto assordante, da parte dei partiti e in particolare del Pd che è il partito di maggioranza, a cui è iscritto anche Lombrici…

Intanto, su un altro fronte, ma sempre riguardante lo smaltimento di rifiuti, e sempre in Umbria, si registra un “atto parlamentare”. Parliamo della questione della famigerate ceneri di carbone che negli anni ’80-90 arrivarono a tonnellate a Panicale, Città della Pieve e soprattutto a Fabro. Dopo una conferenza stampa tenuta due settimane fa a Fabro, gli onorevoli Gallinella e Ciprini del Movimento 5 Stelle, hanno presentato una interrogazione alla Camera(atto n. 5-06570 del 6 ottobre 2015, seduta n. 496).  Già nel 1986 i deputati Edo Ronchi e Gianni Tamino chiesero spiegazioni al Governo. Dopo 30 anni la questione torna di attualità… Ecco il testodell’interrogazione Gallinella-Ciprini:

 Al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute . — Per sapere – premesso che:
nel periodo 1986-1990, nel comune di Fabro (TR), in località Colonnetta, sono state depositate 1 milione e 500 mila tonnellate di ceneri di carbone, provenienti dalla centrale termoelettrica ENEL di La Spezia, grazie alla spola di 50 mila camion che fecero la spola tra le due località;
la motivazione ufficiale del deposito di ceneri era quella di ricolmare una depressione naturale del terreno e poi costruire la predetta zona artigianale/commerciale di Fabro, oggi pressoché in disuso;
lo stoccaggio delle ceneri di carbone è avvenuto in diverse fasi, e se all’inizio non esisteva né una normativa nazionale, né una normativa regionale in materia di rifiuti speciali, dal 1988 tale deposito è avvenuto in palese violazione prima della legge regionale n. 44 del 1987 che, classifica le ceneri derivanti dalla combustione di carbone come rifiuti speciali e in seguito delle leggi urbanistiche e dei vincoli paesaggistici esistenti sull’area interessata, ai sensi della legge n. 1947 del 1939, nonché della legge n. 431 del 1985;
sulla vicenda sono state presentate diverse petizioni nonché un esposto alla magistratura di Orvieto a seguito del quale sono stati rinviati a giudizio il sindaco di Fabro Mario Fortinelli e l’allora assessore regionale all’ambiente Paolo Menichetti; entrambi in violazione della legge n. 915 del 1982, avrebbero consentito di fatto, grazie alle loro autorizzazioni all’impiego di ceneri a Fabro, la realizzazione di una discarica abusiva per rifiuti speciali. Con lo stesso è stato rinviato a giudizio, per aver realizzato una tale discarica abusiva, il signor Francesco Tamburella, presidente della società BIOERG alla quale l’ENEL ha affidato l’appalto per lo smaltimento delle ceneri;
durante la fase di smaltimento delle ceneri, inoltre, è emerso, da diverse fonti stampa, che numerosi fusti di rifiuti tossici e nocivi siano stati depositati all’interno della colmata, ipotesi che verrebbe avvalorata dal ritrovamento in una zona prossima all’area di colmata di svariati bidoni «contaminati», abbandonati da ignoti;
recenti analisi di campioni prelevati dal luogo dello stoccaggio delle ceneri lasciano emergere la possibilità che siano stati interrati nella stessa depressione anche rifiuti pericolosi di origine radioattiva;
la regione Umbria, nell’adottare il piano generale dei rifiuti con la legge n. 44 del 1987 e ad avviso dell’interrogante con un’iniziativa non coerente con quella che era la legislazione nazionale prevista dalla legge n. 915 del 1982, ha classificato le ceneri di carbone come rifiuto speciale e ha previsto il reimpiego dietro semplice autorizzazione sindacale, ai sensi dell’articolo 7 della legge n. 94 del 1992 –:
di quali elemento dispongano in relazione a quanto esposto in premessa con particolare riguardo alla quantità di cenere effettivamente depositata nell’area di Fabro;
se il Governo abbia assunto iniziative per effettuare delle analisi sulle ceneri e, in tal caso, quale sia la tipologia di sostanza presente nel terreno umbro;
quale sia l’ammontare di quanto pagato dall’Enel alla società BIOERG;
se siano a conoscenza delle ultime analisi effettuate sulle ceneri di Fabro, che hanno portato alla luce la possibile radioattività del materiale interrato e comunque come intenda tutelare, per quanto di competenza, la popolazione del luogo dal possibile contatto con le sostanze tossiche presenti nell’area”.

 

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