LA VERA RIVOLUZIONE: “IOCISTO” LA PRIMA LIBRERIA DI TUTTI

Sono tempi bui. La crisi stagnante annichilisce, sopprime le ragioni del cuore, fomenta rabbia e aggressività. Si esulta quando polizia e manifestanti se le danno di santa ragione al grido di “era ora”. Oppure si stalla, nel conforto della lagna e dell’ autocommiserazione, in attesa del qualcuno che “farà qualcosa”, magari la rivoluzione checivorrebbeproprio, chissà.
Ma (c’è sempre un Ma) è proprio in tempo di crisi che nasce e cresce il germe della creatività, la voglia di fare invece di attendere il deus ex machina. La Fenice risorge dalle ceneri, non dal fuoco caldo e scoppiettante. Così, se da una parte il sano egoismo rinverdisce- chissenefrega, pensiamo a noi che agli altri ci penserà Dio- dall’altra il seme dell’azione collettiva germoglia- chissenefrega, pensiamo tutti insieme che qualcosa di buono esce-
A Napoli, qualcosa di molto buono è uscito. Si chiama Iocisto ed è la prima libreria ad azionariato popolare d’Italia. Cioè, la prima libreria fondata e finanziata da cittadini-soci.
L’embrione di Iocisto viene concepito il 13 maggio di quest’anno nel mondo virtuale, da un post lanciato su Facebook da Ciro Sabatino, giornalista ed ex editore napoletano, in seguito alla chiusura di Guida e Loffredo, due librerie storiche della città:
“Ah… Ma mica ce la vogliamo aprire noi una libreria meravigliosa? Se avete soldi (qualsiasi cifra) e ci volete pensare fatemelo sapere. Io ci sto”.
Quella di Sabatino è una provocazione, forse neanche lui immagina che la cosa possa avere un seguito. Invece, il giorno dopo, 66 persone hanno già aderito entusiasti al progetto e il 14 maggio nasce il gruppo Iocisto. Il 15 maggio gli “iocistiani” diventano 101.
Il progetto della libreria di tutti prende il volo precipitevolissimevolmente. I soci versano la quota di cinquanta euro, organizzano riunioni, confrontano idee, ragionano sulla forma giuridica da adottare fino ad arrivare ad acquisirla e a firmare il contratto di fitto della sede, che segna definitivamente il salto dal virtuale al reale. Nel cammino, gradualmente, Ansa, Il Mattino, il Fatto Quotidiano, il Corriere del Mezzogiorno e altre testate (anche straniere) dedicano spazio all’iniziativa.
Il 21 luglio, sessantaquattro giorni dopo il post di Sabatino, si inaugura la libreria Iocisto nel quartiere Vomero di Napoli. A festeggiarla ci sono 3000 persone. Oggi, i soci sono 700. Gli aficionados della pagina facebook sono più di 13mila.
A poca distanza da quel famoso 13 maggio, Iocisto è già più che una libreria. È uno spazio condiviso e da condividere non solo da chi desidera comprare un libro ma da chiunque abbia voglia anche solo di studiare in un bel posto, o chiacchierare di libri. Per la raccolta dei fondi, gli Iocistiani sono attivissimi, un vulcano che erutta idee e iniziative senza sosta. Ogni giorno se ne inventano una, come la vincita di una cena a lume di candela nel locale, in mezzo ai libri.
Un vulcano di creatività che ha trasformato un’idea apparentemente folle in un progetto reale e concreto, partendo dall’azione collettiva dei cittadini sovrani in nome di quel vecchio binomio di cui nessuno si ricorda più: Bene Comune.
La vera rivoluzione non sarà questa?
Elda Cannarsa
azionariato popolare, iocisto, libreria di tutti, Napoli
L’azionariato popolare è una bellissima cosa se creato e sottoscritto da intenti e principi comuni come dovrebbe essere.Per quanto riguarda la nostra cittadina di Chiusi che nel tempo ha dimostrato la lontananza e l’essere asfittica a certe iniziative, potrebbe tutto questo essere un toccasana se potesse capitasse a noi od a tutti coloro che per iniziativa sottoscrivessero una tale partecipazione.Ma a guardare a tali cose notiamo che prima della loro realizzazione c’è sempre un” se”, ed è un se detto con doveroso compendio di ciò che è passato sotto i ponti nelle iniziative prese nel territorio, quelle che dovevano esse le più libere e scevre da riferimenti partitici, da associazionismo religioso o laico che dir si voglia. Sin dalla loro nascita tali iniziative- appena si è ”odorato” nell’aria la tendenza a costruire un qualcosa di sganciato dalla politica,abbiamo assistito a tentativi malcelati o subdoli per penetrarle e per inglobarle da parte sia della politica, sia delle istituzioni, sia da parte delle protuberanze partitiche messe in atto da singoli legati al carro della politica stessa od organizzazioni legate ad altro tipo di istituzioni, anche di aziende legate al mondo del credito ed anche altro…Il primo ostacolo è quello della disponibilità di strutture adeguate,indipendenti appunto sia dalla politica e dalle sue organizzazioni sia dall’attività religiosa e sue organizzazioni.Il fatto che una struttura pubblica che è patrimonio di tutti la cui conduzione possa essere affidata a forme cooperativistiche che lucrano sull’uso e sulle iniziative è già di per se stessa fonte discriminatoria nei confronti di cittadini di ogni categoria sociale che pur pagando tasse ed imposte si vedono richiedere soldi per l’uso di spazi che sono già pubblici, il cui costo di mantenimento dovrebbe essere già compreso alla fonte delle stesse imposte e tasse ma che invece viene richiesto all’uso della struttura.Tutto questo non fa che far sorgere forme che possono anche sfociare nel discriminatorio e condizionante fra i cittadini stessi,poichè sarebbe risibile non notare l’impiego ed il coinvolgimento di persone che la politica nel suo onnicomprensivo ma discriminatorio e coprente mantello distribuisce a destra ed a manca le possibilità di affidamento dell’amministrazione e della conduzione ad enti od a forme di associazionismo giuridicamente create ad hoc come strutturetrutture atte a sovraintendere a tali funzioni.Tutto ciò risulta altamente condizionante per le istituende strutture di cui si parla poichè subordinate all’uso di locali o di proprietà pubblica affidate a strutture create fra privati oppure di carattere religioso con i relativi limiti alle tematiche trattate e che chiaramente ed anche giustamente comporterebbero dei limiti oggettivi alle materie che dovrebbero esservi svolte.Ecco perchè ritengo che vi possa essere una reale necessità di dover creare con un auspicato azionariato popolare iniziative tali da poter raggiungere un fondo cospiquo per la creazione od il possibile uso di un immobile già esistente come si poteva ipotizzare quello per esempio del capannone in località Cardete creato inizialmente per ospitare lo smaltimento dei rifiuti provenienti dal disfacimento delle carrozze ferroviarie,ma adesso ormai destinato ad altro uso.Od anche altro. Se si stesse ad attendere la creazione di un centro o di un locale compreso nella ristrutturazione del post-industriale della secolare fornace vedremmo probabilmente-visto il passato e visto anche il futuribile futuro prossimo- attendere ancora lustri.Ecco perchè andrebbe portato avanti un discorso creativo di una grande quantità di iniziative come quello della libreria, sala convegni, sala per rappresentazioni ,spazio mostre od attività teatrale,musicale, ed altro.Le strutture sia giuridiche che materiali svincolate sia dalla politica sia dall’ambito religioso non esistono a Chiusi ed il ”si potrebbe”è sempre lo stesso tentativo futuribile che alla fin fine si riserva lo sfocio nel non creare nulla e non avere a disposizione locali per dette attività,ormai decenni-perchè di decenni si parla-fanno luce su questo limite.
Sarebbe anche proficuo pensare ad avere un incontro con chi ci possa stare a frugarsi in tasca, non ostante la crisi.Ma conoscendo la natura di Chiusi occorrerebbe essere invece che ” Chiusi” essere anche aperti conservando però lo scetticismo del caso che deriva dal conoscere i miei polli.
La rivoluzioni nascono sempre dal basso (e dalla fame). A Napoli, nei secoli, qualche rivoluzione l’hanno pure fatta, anche se son finite male… E quella è una città sì piena di contraddizioni, ma anche piena di idee e spesso all’avanguardia (si pensi alla musica, ma anche alla prima ferrovia italiana che non è stata fatta in Val Padana…). A Chiusi, caro Carlo, delle rivoluzioni non non si è sentito mai nemmeno l’odore… A Chiusi – come nella maggior parte dei paesi e città dei dintorni – non si avverte nemmeno adesso che c’è “fame” la minima voglia di rivoluzione… Qui siamo assuefatti alla bonaccia, allo scivolamento verso la deriva, al galleggiamento a vista e senza meta… Siamo assuefatti ad una politica succube delle banche e a banche succubi della politica, ad associazioni che alzano la voce solo per chiedere o pretendere prebende. Mai per proporre un progetto, un’idea… E se qualcuno un’idea ce l’ha e la propone, ma non è uno del coro, addio, quell’idea non esiste… Non solo, quell’idea deve essere osteggiata, denigrata, distrutta sul nascere… Così è. E non da adesso. Sono almeno 30 anni che è così. E non è solo colpa della politica assente, disattenta, arraffona… E’ colpa di tutti…
Concordo su tutto Marco.L’esperienza di conduzione della cosa pubblica alla sinistra non ha insegnato nulla.Le ragioni sono molte e sono da ricercare nell’arretratezza del sistema socio-economico del nostro territorio,
arretratezza prima culturale poi nel contempo economica, legata storicamente alla campagna,alla agricoltura ed al latifondo ed alla sua cultura che oggi è lontana nel tempo ma che ha inciso nel modo di pensare di generazioni. L’Emilia Romagna a questo proposito è un altra cosa ed ha rappresentato un altro contenuto di idea di sinistra, tutta diversa;il progresso si è fondato sull’esistenza di una classe operaia che ha partecipato ad un progetto industriale esteso e che ha prodotto sviluppo vero.Nel nostro territorio ed in quello attiguo dell’Umbria soprattutto,ciò che si vede oggi è solo una trasformazione terribile nel territorio pienato di cemento, (guardiamo per esempio appunto larghe zone dell’Umbria).In pratica nel preteso viatico di quello che è stato identificato come sviluppo sul quale si insiste anche oggi per privilegiare caste di intoccabili e di predatori sociali vere e proprie, si è stratificata una rete inestricabile di relazioni ed effetti socio-economici che nessuna politica anche positiva e che ricerchi il benessere della gente la possa estirpare o rallentare e metterla da parte.Tale politica è stata condotta sotto l’egida di quella che si è chiamata col nome di ”Sinistra” ma che è stata in effetti il suo contrario, perchè ha arricchito solo pochi e quei molti sono rimasti al palo, ed oggi pagano un prezzo altissimo di riduzione della loro redditualità. L’abbiamo visto con quanto è stato approvato nei P.S. ed anche con il tipo di politica del fumo che viene fatta e che passa nel silenzio generale della gente che invece dovrebbe trovare la ragione per trasalire ed opporvisi con ogni mezzo.Politiche vessatorie, inconcludenti che anche nelle piccole cose che sono sotto gli occhi di tutti durante i periodi dell’anno ti esaltano le iniziative che a nulla servono o che sono solo quelle inconcludenti e che a nulla o poco servono veramente.A tale proposito giorni addietro vedendo la carrozza che portava a spasso i bambini sono andato con la mente a pensare che tale iniziativa per la gente rappresentasse una delle novità, almeno questo mi è apparso. Ma è possibile che non si riesca a concepire altro e che il concetto di una rivitalizza- zione possa essere inteso solo in questo tipo di iniziative ? All’estero anche le forme della ricreazione sono diverse, implicano direzioni diverse, usi diverse delle strutture esistenti.Qui no, si ricade sempre nell’obsoleto,nel deja vu che nulla porta al paese.Il massimo già detto e ridetto molte volte è la manifestazione di Chusi in Vetrina per la quale anche tu Marco ti sei beccato molte critiche negative quando qualcuno ti ha detto che non si doveva dire che nulla produceva, eppure appare un tentativo ripetuto da tanto tempo che secondo il mio parere è asfittico, un tentativo di far entrare con un cannello piccolissimo l’ossigeno in una camera d’aria che ne perde di più di quanto ne entra, ed ancora si insiste.Ecco il limite culturale al quale la gente nel suo complesso debba trovare la forza di reagire e di stanare quello che in altre occasioni diverse nella politica nazionale è stato definito ”groviglio armonioso” che oggi come oggi è solo fattore di barcamenarsi nell’esistente credendo che le soluzioni siano quelle e siano quelle vincitrici e che possano imprimere un vero sviluppo.Intorno tutto affonda e l’isola Chiusi ancora punta sul cavallino Natalizio che ci può anche stare per carità perchè per i bambini rappresenta un momento di gioia beninteso,ma qui credo che ci voglia ben altro perchè come ha detto qualcuno alla TV, il 2015 sarà peggiore del 2014 e migliore del 2016.Nessuno ha la bacchetta magica ma capire che serva altro non credo che possa essere un grande sforzo, ed in tal senso la proposizione di un azionariato popolare formato da singole persone che credono e condividono un progetto e sappiano pensare un po’ più in grande e soprattutto svincolate TOTALMENTE dal processo improduttivo delle istituzioni che ci circondano credo che potrebbe rappresentare il viatico per una degna ripartenza di Chiusi.Fondamentale credo che sia però il totale svincolo da quella ragnatela che è la fotografia dell’intelaiatura che si crede portatrice e produttrice di sviluppo che passa da sempre attraverso i soliti canali mentre in effetti crea solo stasi. E gli effetti non smentibili sono sotto gli occhi di tutti.